C’è bisogno di ristabilire la verità sul significato di «moderazione»

Carissimo Massimiliano, il progetto inteso alla raccolta dei moderati è un primo, incoraggiante segnale di vitalità lanciato dagli ambienti del desolato e asmatico centrodestra. Un progetto che sarebbe follia non condividere e non sostenere. Mi permetto tuttavia di indirizzare un suggerimento ai promotori della lodevole iniziativa: riflettere con rigore sul significato del termine moderati. Occorre, infatti, che si faccia attenzione alla qualità di un termine che, nel recente passato, è stato usato in modo improprio dai protagonisti della stagione catto-progressista e dagli scolarchi bolognesi.
Il problema è dunque ristabilire la verità sul significato di «moderazione», non per fare vano esercizio di filologia ma per allontanare l’equivoco trasmesso dall’uso improprio della parola. La storia delle parole ci può aiutare perché essa è simile ad un pozzo nel quale si contempla il nascosto significato dei termini oscillanti tra un giudizio fondato e un luogo comune. Ora moderato è un aggettivo sostantivato, discendente dal latino modus (misura e/o regola) un termine derivato dalla radice med-, da cui ha origine ad esempio il verbo meditari. Moderato è pertanto il qualunque soggetto refrattario alla superficialità conformistica, ovvero colui che, per abitudine, riflette criticamente sui si dice e in tal modo evita di fare proprie le suggestioni emanate dal pensiero avventizio, dominante adesso. Moderato non è il banditore di compromessi tra la verità e l’errore e neppure il frenatore della ragione intenta alla risalita alle verità ultime, ma la persone incline a sottoporre il proprio pensiero alle leggi della intollerantissima verità.
Va da sé che il moderato, e tale era l’illuminato insegnamento di Michele Federico Sciacca, vive l’intransigenza della verità nell’obbedienza alla tollerantissima carità. L’intolleranza si applica alle false dottrine, la carità ai loro autori. Mai l’intolleranza deve rovesciarsi sulle persone degli erranti, mai la carità deve essere indirizzata all’errore. Nell’opinione che obbedisce all’impellente giudizio formulato dalla chiacchiera di giornata, invece, si può scoprire l’autentico significato dell’aggettivo moderno, un termine derivato dell’avverbio latino modo, che significa adesso. Moderato e moderno hanno significati diversi se non opposti, dunque è abusiva e confusionaria la tendenza (al seguito di Jacques Maritain galoppante nella saggistica intonata al progressismo democristiano) a definire moderazione la ricerca di un compromesso tra la verità e l’errore giubilante nell’effimera modernità. Il conflitto che oppone i moderati ai moderni è ben visibile nell’affermazione di Maritain secondo cui la verità può manifestarsi nel suo contrario: «Non nelle altezze della teologia, ma nella profondità della coscienza profana e nell’esistenza profana agisce così il cristianesimo e talvolta assumendo anche forme eretiche e perfino forme di rivolta nelle quali sembra rinnegarsi» (Cfr. «La tragedia delle democrazie», Logos, Roma 1990, pag. 46). Affermo la necessità di separare la moderazione dallo stato d’animo dei modernizzanti in quanto al centrodestra non mancano errori dotati di una potenzialità pari a quelli che hanno causato il deragliamento della Dc. Il primo e più nefasto di questi errori è la mitologia intorno alla mano magica del mercato e al suo diritto di godere di una libertà assoluta e perciò non contrastabile.

(La libertà che consentiva l’esercizio del traffico di schiavi ai maestri del liberalismo, Locke e Voltaire). Un errore, il culto tributato alla libertà assoluta, che oggi impedisce di vedere i rimedi alla crisi causata dalla incontrollata, devastante azione degli speculatori.

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