Cagliari / Cellino Bergamo, 27 febbraio 2005

Intercettazione della telefonata tra il presidente del Cagliari, Massimo Cellino, e l'ex designatore degli arbitri Paolo Bergamo

Cellino: «Pronto?».
Bergamo: «Presidente sono Bergamo».
C: «Come sta?».
B: «Mi scusi, ma... in una riunione. Bene. Bene. Male, anzi, comunque...».
C: «Ha visto? È una cosa... Cosa le avevo detto io? Io mi sono permesso di dirlo a lei e a Gigi perché li conosco ormai e mi affeziono anche alle persone alla lunga. E non mi piaceva l’atteggiamento che c’era. A me di vedere la falsità e le bugie mi danno fastidio».
B: «Ma presidente, in un momento in cui il campionato è così...».
C: «In un momento del genere? Io veramente. Ma perché veramente... Sono dei pazzi criminali. Pensano solo alle loro fortune, a farsi le campagne elettorali, a fottere il calcio: è gente pericolosa. Mi creda».
B: «Ha ragione. Ma non lo dico ora perché...».
C: «No, non hanno responsabilità...».
B: «...c’è sempre stata fra noi e quindi...».
C: «Non hanno la responsabilità del sistema calcistico. Non hanno rispetto della gente, professionisti, di chi investe, di chi cerca di fare cose ben fatte. Veramente passano sulla testa, sulla professionalità e sul sentimento, sul lavoro di tutti. Io l’altra volta mi sono permesso di dirvelo perché non mi piaceva la situazione. Non è possibile che loro siano consapevoli così e vengano... Mi dà fastidio. Ma non è ancora chiusa eh?».
B: «Presidente, sa quante telefonate ho ricevuto oggi? Le dico la verità perché tanto fra me e lei, come con Gigi del resto, si è instaurato anche un rapporto di stima e non immagina nemmeno quanto ho sofferto domenica quando lei ha subito quel gol».
C: «Ma è sfortunata... con la squadra che aveva meritatamente portato in fondo il risultato. Tombolini ha fatto una gran partita. È stato sfortunato. Sa quando l’arbitro è sfigato? È sfigato. Poverino, è stato sfigato. La palla poteva andar fuori. Poteva sbagliare il gol. La partita era finita».
B: «Era finita».
C: «La sfiga ha voluto che non fischia il fallo, quello la mette dentro e quello fa il tiro all’incrocio dei pali. E questa è sfiga. È sfiga». (...).
C: «Ad ogni modo io dico una cosa, Bergamo, e se la tenga per lei: io non sono qui, non vi ho mai chiesto una cortesia; io quando gli arbitri mi vengono in campo spero che non mi levino nulla. Ma non voglio nulla da nessuno. Se sono scarso devo pagare se gioco la mia partita, voglio che l’arbitro arbitri tranquillamente e non mi levi nulla. Ora io sto cercando da anni di dare tranquillità al sistema arbitrale affinché siano e diano il massimo gli arbitri senza avere paure. Il mio fine è solamente quello. Quando ci sono dei miei colleghi che vogliono portare la visibilità solo per trarne dei benefici dai giornali, io mi incazzo. E adesso sta succedendo quello». (...)
C: «(parlando di Collina) ha culo, ma non mi fa impazzire. È uno molto fortunato. Ma non mi fa impazzire. Però, non so giudicare gli arbitri io. So giudicare poco i calciatori, pensi gli arbitri. Però non lo vedo quel personaggio che mi dà... sì, pubblicità, è conosciuto, va sul giornale, è il miglior arbitro dell’anno. Però il designatore ha un’altra funzione. Non quella di far pubblicità. Ha un altro fine il designatore, molto più professionale. Morale della favola cosa succede: che se noi diamo una deroga a Collina, dobbiamo darla anche agli altri.
B: «Ah non c’è dubbio».
C: «No, mi piace: perché a Collina sì e agli altri no? Perché ce lo prendono in Inghilterra. E lascialo andare in Inghilterra. Cosa me ne frega se va in Inghilterra. (...)
C: Ad ogni modo io mi sono permesso di chiamarla per dirle...».
B: «No, no mi ha fatto piacere».
C: «che sta lavorando bene e il povero Tombolini, anche se è un arbitro non tra i più bravi, è sfigato poverino».
B: «Ma ha arbitrato bene quella sera».
C: Ma alla grande.
B: Ha fatto bene, guardi.
C: «Io sono andato negli spogliatoi e gli ho detto: hai arbitrato bene. Ma glielo dici ai giornali? Glielo dico con piacere, gli ho detto; se ti fa piacere lo dico. Perché poverino, gli ho detto, sei stato sfortunato perché ti è andata la sfortuna. È sfortuna, hai arbitrato bene».
B: «È vero, è vero».
C: «Ti stringo la mano e dico ai miei ragazzi di stare zitti a tutti, gli ho detto, perché non si devono permettere».
B: «Ma lui mi ha subito informato perché era negli spogliatoi, è uscito dagli spogliatoi e mi ha detto: è venuto il presidente Cellino e mi ha fatto i complimenti».
C: «Ma è vero. Se li meritava. E ho perso. Forse c’era, forse non c’era non c’entra un cavolo: è stato sfortunato. Però ha arbitrato bene. Arbitrassero sempre così, guardi».
B: «Io glielo auguro, invece, perché se lo merita».
C: «No dai, sono bravi ragazzi; la maggior parte di questi qua sono dei bravi ragazzi. Qualcuno è un ignorante, sono convinto...».
B: «Eh, ma ce ne abbiamo, c’abbiamo anche Rocchi che ha fatto... C: «Rocchi è bravo, bravo».
B: «Trefoloni è bravo».
C: Trefoloni... sa chi mi sta preoccupando, che per me, per me...
B: «Paparesta». C: «... per me è il più bravo di tutti. È intelligente più di tutti. Però come qualità questo qui...».
B: «Sì, sì».
C: «Non ce ne sono più bravi come lui. Forse non ci ho mai visto con Paparesta, ma glielo dico...».
B: «No, no. Ma lui c’ha un padre sbagliato, ma quando riuscirà a camminare con le sue gambe...».
C: «Perché? C’è il padre che ha ancora pressioni su di lui?».
B: «Sì, c’è il padre che ha ancora ambizioni di entrar dentro per cui...».
C: «Ah. È come Pieri più o meno».
B: «(Bergamo sembra annuire). È che sono ragazzi che hanno qualità eccezionali: sia Paparesta, di più, che Pieri che è bravo. Però non sono guidati bene».
C: «Non c’è paragone tra Pararesta e Pieri».
B: «Be’, certo».
C: «Però non c’è paragone. Non c’è partita. Voglio bene a Pieri perché mi fa tenerezza, perché è un ragazzo dolce, buonino perché se devo...».
B: «No, no, certo».
C: «Paparesta è arbitro di altissimo livello. Se devo essere, estremamente... di arbitrare... Collina gli pulisce le scarpe».
B: «Sì, ha ragione, ha ragione. Vedo che l’occhio è lungo. Complimenti».
C: «Lavorate bene. E stia tranquillo. Ascolti quello che dice Massimo Cellino: i giochi devono essere tutti fatti. Fate bene il vostro lavoro come lo avete fatto sino ad oggi. Il gioco è tutto da fare, non lo decide mica Carraro».
B: «Noi intanto da ora a giugno ce la mettiamo tutta, stia tranquillo».
C: «È quello che dovete fare voi: avere la coscienza a posto e continuare a lavorare bene. Che poi i giochi, Dio solo lo sa. Ma le posso garantire che non sono fatti...».


B: «Di solito a fine stagione si traggono i risultati, si vede anche il risultato vero del lavoro, perché ora è sempre presto dirlo. Lo dico, ne sono convinto anch’io. Ma a giugno, fino a giugno ce la mettiamo no tutta: di più».

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