Antonio, un allenatore da Oscar

Antonio, un allenatore da Oscar
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Il premio Oscar, Paolo Sorrentino, ha definito Antonio Conte come se stesse scrivendo una sceneggiatura sul tecnico salentino: «È una persona seria, non fa proclami, non va in scena. Nel calcio e nella politica si va troppo in scena e si diventa poco credibili. Lui non ci va. Se dice una cosa è perché la pensa davvero, non perché deve provocare, alludere o far ridere. Questa serietà, in un mondo dove molti giocano a chi la spara più grossa, diventa determinante. Non è recitante, non finge. E questo suo modo di essere viene apprezzato e rispettato. È anticinematografico e per noi è una risorsa: non a caso siamo primi in classifica». Ritratto commovente di un professionista vero e astuto, in verità Antonio Conte è totalmente cinematografico, basterebbe filmarlo nelle posture e reazioni a bordo campo, dopo un gol, un fischio dell’arbitro, un errore dei suoi, per capire come sia un grande attore, capace di interpretare lo stesso ruolo alle dipendenze di diversi produttori.

Ne La Grande Bellezza c’è una frase pronunciata da Toni Servillo-Jeff Gambardella che si adatta perfettamente al leccese, basta sostituire «mondano» con «allenatore» e «feste» con «squadre avversarie»: «Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste, io volevo avere il potere di farle fallire»

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