Bayern Monaco e Paris Saint Germain si sfidano nella gara più calda degli ottavi di Champions League assieme a Liverpool-Real Madrid. Non era mai successo che in questa fase andassero in scena due sfide che sono state, in passato, delle finali. E se il match tra i Reds inglesi e i Blancos spagnoli unisce due quarti di nobiltà del calcio europeo, quella tra il Bayern e il Psg è una "guerra dei mondi" del calcio contemporaneo.
All'Allianz Arena da un lato scende in campo la compagine tedesca, corazzata della Bundesliga, simbolo del modello fondato sulle proprietà collettive, la trasparenza nei bilanci, l'organizzazione e la continuità con un modello storico. Dall'altro la squadra francese che simboleggia quell'ibrido tra calcio e politica iniziato proprio nella Ville Lumiere nel 2011, con l'acquisto del Psg da parte della Qatar Investment Authority e l'ascesa alla presidenza di Nasser al-Khelaifi. Primo tassello di un lungo cammino conclusosi undici anni dopo con i Mondiali 2022 ospitati proprio dal Qatar.
Due squadre, due filosofie, due modi di intendere la leadership calcistica. Il Bayern è tedesco nell'anima, nella struttura, nell'ossatura: da mezzo secolo plasma l'evoluzione della Mannschaft, la nazionale tedesca, che si adatta plasticamente alla struttura di gioco dei bavaresi. Evolutasi nel tempo dal gioco fisico e maschio, tutto atletismo e dinamismo, all'attuale manovra avvolgente fatta di incursioni degli esterni, "gegenpressing", ripartenze. E plasmata su un nucleo fortemente nativo di giocatori attorno a cui per lunghi anni si sono alternati volti noti e riconoscibili. A tal proposito, con l'addio del polacco Robert Lewandowski, a giugno il Bayern ha perso il bomber e il volto simbolo. Come tutte le squadre tedesche il Bayern è soggetto alla regole "50+1" che prevede che siano i soci del club, ovvero i tifosi a dover detenere la maggioranza assoluta delle quote. Il Bayern Monaco, infatti, ha ceduto quote paritarie del valore dell’8,33% ciascuna appartenenti alla “Bayern Munich AG” (una società per azioni) ai colossi Audi, Allianz e Adidas, ma il restante 75% appartiene alla “Bayern Munich e. V.” e ai suoi soci, poco meno di 300mila nel complesso,
Il Psg al contrario è squadra plasmata da e nella globalizzazione. Dai suoi punti di forza e dalle sue piccole e grandi contaddizioni. Proprietà araba, campioni storicamente multinazionali (da Zlatan Ibrahimovic a Neymar, da Edinson Cavani a Marco Verratti) e a lungo desiderosa di presentarsi come parigina, la squadra della capitale transalpina ha quadrato il cerchio arruolando un figlio delle periferie come Kyrlian Mbappé come suo uomo-simbolo. Prima di provare il salto a brand globale tesserando nientemeno che Lionel Messi, laureatosi con l'Argentina campione del mondo in Qatar da faro della squadra di proprietà del Qatar. Di fronte, a Doha, nell'atto conclusivo del Mondiale proprio Mbappé, trascinatore dei Blues vicini al bis iridato. Una squadra che è un "non-luogo" alla Marc Augé, ha più follower che tifosi e appare condannata a non doversi accontentare mai, il cui modello di business ha trascinato a lungo la propaganda di Doha in visto del Mondiale 2022. Ora il modello ibrido fatto dall'abbraccio tra emiri e altri esponenti di regimi autoritari da un lato e big del calcio europeo dall'altro è messo in crisi dal caso Manchester City. Ma il Psg è chiamato, obbligato a alzare la Champions League vivendo in un perenne presente, non nella tradizione calcistica.
Diverse su tutto, lontane come stile e modello, sfidanti in una finale anticipata dopo l'atto conclusivo del 2020, vinto dal Bayern col gol di Kingsley Coman (ex Psg), le due squadre convergono su un fronte: difendono gelosamente la loro visione del calcio contro le tentazioni di aderire alla Superlega. Dentro la quale nel 2021 si erano presentate squadre italiane, spagnole e inglesi, con quattro proprietà statunitensi (Liverpool, Manchester United, Arsenal, Milan), una italiana solo nominalmente, americana nel modo di pensare (Juventus), una cinese (Inter), una russa (Chelsea), una emiratina (Manchester City), una spagnola con partecipazioni cinesi e israeliane (Atletico), ma nessuna società francese o tedesca.
Psg e Bayern sono capofila del rispettivo sistema-calcio e ci tengono a preservare la loro specificità. Il loro modello converge laddove riconosce nella Champions League il loro terreno comune di scontro e competizione. Dunque presentando, nel calcio, un modello franco-tedesco di Europa. Non sbaglia chi noterà in questa visione un richiamo decisamente politico.
E guardando alle convergenze tra Psg e governo francese da un lato e al modello Baviera nel calcio e nella politica per le istituzioni tedesche dall'altro si capisce perché questo paragone sia valido.
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