Gli arabi in Italia (e in Europa) a caccia di investitori

Cambio di rotta nella Pro League saudita: dopo le spese pazze degli anni scorsi, due ministri incontreranno rappresentanti dell'industria e del calcio europeo per aiutare la crescita del campionato

Gli arabi in Italia (e in Europa) a caccia di investitori
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Per entrare nell’esclusivo club del calcio che conta, a quanto pare, non basta pagare stipendi faraonici. Questo, in estrema sintesi, è lo stato dell’arte dell’ambizioso tentativo del governo saudita di creare dal nulla un campionato di livello planetario. Dopo un paio di anni di spese pazze, infatti, è arrivato un invito chiaro rivolto ad investitori ed esperti del calcio europeo: la Pro League saudita ha bisogno di soldi e competenze. Una mossa che sembra confermare l’ultima sessione di mercato estivo, con la fine delle offerte fuori mercato ed un ripensamento generale del progetto per arrivare pronti all’appuntamento del Mondiale del 2034.

Correzione di rotta

Come scoperto a suo tempo da Stati Uniti e Cina, per farsi largo nel mondo sempre più competitivo del pallone globale non bastano investimenti pesanti ma ci vuole tanto know how e competenze specifiche. L’obiettivo dello Sport Europe Roadshow, organizzato dai ministri degli investimenti e dello sport del regno saudita, è semplice ma dannatamente complicato: convincere il mondo della finanza e le potenze del calcio del Vecchio Continente a correggere la rotta e dare la svolta ad un campionato la cui crescita è rimasta in gran parte sulla carta. Fino a martedì prossimo, i ministri Khalid Al Falih e Bader Al Kadi viaggeranno tra Londra, Milano, Monaco di Baviera e Stoccolma per incontrare gestori di fondi d’investimento e dirigenti dei maggiori club europei.

Benzema Al Ittihad Auckland City 2023

Non capita tutti i giorni di vedere personalità di tale livello muoversi in prima persona ma la situazione della Pro League giustifica l’urgenza di questa mossa. L’entrata a gamba tesa del ricchissimo fondo sovrano Pif, che ha acquisito in prima persona i quattro club storicamente più forti del campionato arabo, ha prodotto una serie di storture mai viste. L’Al Hilal degli ex “italiani” Koulibaly e Milinkovic-Savic, non fa che vincere nonostante l’infortunio della superstar Neymar, tanto da far sospettare che arriverà il settimo titolo consecutivo. Il divario tra le grandi e le altre squadre è rimasto enorme, come il deficit di spettatori in ogni partita che non sia uno scontro al vertice. Nonostante siano disponibili quasi ovunque in chiaro, gli ascolti delle partite sono minimi, il che è un deterrente sia per gli sponsor che per i campioni più ricercati. Il fatto che né Paulo Dybala né Victor Osimhen abbiano accettato di trasferirsi in Arabia è un campanello d’allarme.

Poche tasse e tanti benefit

La scelta di imporre manager che sanno poco o niente di calcio si è rivelata un autogol: la dirigenza dell’Al Qadsiah, ad esempio, viene dall’Aramco, la compagnia petrolifera di stato. Questo spiega perché, secondo i dati della scorsa stagione, l’intera Pro League abbia avuto un fatturato di poco superiore a quello della sola Juventus: solo 444,5 milioni di euro, una frazione di quanto speso per portare sulle rive del Mar Rosso Cristiano Ronaldo e Benzema. Interpellato dai colleghi de La Repubblica, uno degli advisor che stanno collaborando con il governo saudita non mena troppo il can per l’aia: Senza competizione non c’è spettacolo e i sauditi lo stanno finalmente capendo”. Il problema, però, è che sono molti i club europei a caccia di investitori e di soldi in giro non ce ne sono molti. Il piano del governo saudita per incoraggiare dirigenti esperti e gestori di fondi a farsi avanti è piuttosto semplice: poche tasse e tanti incentivi.

Aramco Stadium Khobar
Fonte: Populous

Anche se non viene detto a chiare lettere, investire nel campionato saudita oggi sarà un buon modo per ingraziarsi il governo quando dovrà decidere chi costruirà i faraonici stadi per il mondiale del 2034, nel quale l’Arabia Saudita è unica candidata. Lo stadio progettato dal famoso studio Populous per la città di Al Khobar, poco più di 400mila abitanti sul Golfo Persico, è già considerato da molti il più bello al mondo, anche se non è stata ancora posata la prima pietra.

Gli incentivi, invece, sono molto pratici: zero tasse sulle persone fisiche, tasse d’impresa al 20%, Iva al 15% e, nel caso dell’Italia, niente doppia tassazione.

Che l’imprenditoria italiana guardi con interesse all’Arabia Saudita è abbastanza chiaro, specialmente in ambito energetico ma si dice che all’incontro che si terrà a Milano giovedì 5 settembre saranno presenti 40 rappresentanti del tessuto produttivo italiano e diversi esponenti di grandi club italiani, a partire dalle proprietà di Inter e Milan. Basterà per evitare che il sogno di un campionato d’élite nel deserto svanisca come un miraggio?

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