Dalle papere agli scudetti: Claudio Garella parava in tutti i modi

Alla Lazio lo avevano preso di mira per qualche errore di troppo, ma con Verona e Napoli vincerà due storici scudetti: amava molto usare i piedi per respingere le conclusioni avversarie

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Quando le cose iniziano male, è difficile poi fargli cambiare piega. A difesa dei pali della Lazio ha fatto registrare più di un'incertezza. Il tecnico Luis Vinicio ha deciso di promuoverlo titolare, affidandogli la porta prima abitata da Felice Pulici. Parte pure bene, il torinese Claudio Garella, ma poi basta una sciagurata partita in coppa Uefa, contro il Lens, per mutare completamente la percezione delle sue qualità. La squadra si sfalda, perdendo 6-0 e lui è largamente complice di quella disfatta, a causa di alcuni errori fragorosi. A fine partita i commentatori Rai coniano il neologismo "Garellate". I sostenitori della Lazio, invece, iniziano a chiamarlo "Paperella".

Non sarà l'unica notte storta di un giovane Garella. Non sarà quello il destino che fa per lui, né quello che segnerà per sempre la sua carriera. Claudio è infatti atteso da quello che gli americani definirebbero un inatteso comeback. La sua voglia di rivalsa aspetta soltanto la piazza giusta per manifestarsi. E l'occasione giunge puntuale, anche se si tratta di una ripartenza dal basso.

Garella accetta di scendere in B, per difendere la porta della Sampdoria. Se ne va da Roma e dalla Serie A convinto che tornerà ancora più forte. A Genova infatti si riscatta: ha fatto un passo indietro soltanto per prendere la rincorsa. Il suo personale progetto è avvalorato dalla fiducia che Osvaldo Bagnoli, il tecnico del Verona, ripone nei suoi confronti. Di Claudio colpisce, in particolare, l'estro con cui sceglie di difendere lo specchio. Ricorre molto all'uso dei piedi per parare, oltre che alle mani. Spesso si trova a respingere con l'anca, con un ginocchio, con una porzione della schiena. Una volta salverà pure un gol in rovesciata. L'idea che restituisce è quella di un portiere diventato invalicabile.

Di quella squadra diventa un leader inscalfibile. Insieme ai suoi compagni si issa sempre più su, fino alla clamorosa conquista dello scudetto, arrivato anche grazie ad alcuni suoi provvidenziali interventi. Come quello su Mark Hateley, nella gara di ritorno contro il Milan di Liedholm, a San Siro. L'inglese angola chirurgicamente una conclusione che porterebbe in vantaggio i rossoneri, ma Garella compie quella che poi definirà la parata più bella della sua carriera: Ci arrivai con le unghie e la devia sul palo. Un giornale scaligero lo soprannomina Garellik: è il supereroe di cui la città sentiva il bisogno.

Non è ancora sazio, però. Vuole vincere di nuovo. Raccoglie una nuova sfida andando al Napoli di Diego Armando Maradona, nel 1985. Il primo anno arrivano terzi, ma in quello successivo Garella mantiene la porta inviolata addirittura per 15 partite, El Pibe de Oro segna e serve assist senza sosta, la squadra gira a meraviglia. Garella continua a fare il precursore, giocando moltissimo la palla con i piedi e diventando regista aggiunto, con i suoi rinvii millimetrici. Gli azzurri vincono il loro primo scudetto e Claudio viene portato in trionfo.

L'unica crepa di una carriera così

ferocemente raddrizzata è la mancata convocazione in nazionale. Garella si trova davanti per tutto il tempo mostri sacri e non trova spazio. Ma il suo ricordo resta luccicante: dalle papere agli scudetti non è roba per tutti.

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