Che fine ha fatto il Manchester City? Dopo il primo scorcio di stagione la risposta più lampante è che la squadra che, fino a poco tempo fa, dominava la Premier League e dettava legge in Europa non c'è più. Al nono anno di gestione targata Pep Guardiola infatti, i Citizens sono precipitati in una crisi senza fine, con un trend di nove sconfitte nelle ultime dodici partite. Qualcosa che non era mai accaduto dall'arrivo del tecnico catalano sulla sponda celeste di Manchester.
In campionato Haaland e compagni sono già lontani 12 punti dal Liverpool capolista (e i Reds hanno anche una gara in meno). Un ruolino di marcia di 8 vittorie, 3 pareggi e 6 sconfitte, 29 gol fatti e 25 gol, numeri impensabili per una squadra sino all'anno scorso dominante. Non va meglio in Champions League, con soli 8 punti ottenuti e una posizione di classifica precaria (22° posto), che rende le ultime due sfide contro Psg e Bruges assolutamente da vincere per arrivare almeno ai playoff.
Ma come si è arrivati fino a questo punto? Di sicuro hanno inciso i tanti infortuni che hanno colpito gran parte degli effettivi in rosa. Non solo quello dell'ultimo Pallone d'Oro Rodri, mente e fulcro della squadra, fuori per tutta la stagione, per la lesione del legamento crociato. Ma anche gli stop ripetuti di giocatori chiave come De Bruyne, Foden, Ruben Dias e Stones hanno condizionato troppe volte le scelte di formazioni di Guardiola. A monte però ci sono alcuni problemi strutturali, che le ultime finestre di mercato invece di colmare hanno acuito. Se per anni il City è stato un club modello per la lungimiranza delle scelte.
Negli ultimi due anni diversi errori compiuti sono sotto gli occhi a tutti. Oltre alla mancanza di un vice Rodri, le cessioni di Cole Palmer al Chelsea e Julian Alvarez all'Atletico Madrid, operazioni inspiegabili per una squadra così ricca e ambiziosa, non sono state colmate da acquisti di altrettanto valore. Di fatto gli arrivi di Doku, Savinho e Matheus Nunes, costati tanti ma utili nelle rotazioni e nulla più, hanno prodotto dei benefici inferiori alle attese. Dalla conquista del Treble l'unico acquisto di un certo livello è stato il difensore croato Gvardiol.
In tutto questo anche Guardiola è finito sulla graticola e non poteva essere altrimenti. Pep è parso nervoso e irriconoscibile nella gestione delle sconfitte. Lo si è visto battibeccare con i tifosi del Liverpool o presentarsi con graffi in volto, provocati da lui stesso, dopo il rocambolesco pareggio per 3-3 contro il Feyenoord. E nemmeno il rinnovo del contratto è servito per tranquillizzarlo. Di sicuro qualche errore l'ha commesso anche l'allenatore, incapace di trovare qualche variante tattica ma anche di rinnovare gli stimoli di un gruppo esausto. Il City sconfitto a Torino contro la Juventus è l'emblema di una squadra stanca, che prova a mettere in pratica i dogmi del "guardiolismo" ma lo fa senza convinzione e con le pile scariche.
Ma in ultimo e non meno importante c'è il processo per violazioni finanziarie che incide e non poco sulla testa dei Citizens. I 115 capi di imputazioni rilevati dall'accusa potrebbero portare gravissime ripercussioni, come la retrocessione fino alla terza divisione, una significativa detrazione di punti e persino la revoca dei titoli. Il verdetto dovrebbe arrivare verso fine stagione. In attesa del mercato che potrebbe aiutare Guardiola a uscire della crisi. Una spada di Damocle che pende su una della squadre più belle e vincenti del nuovo millennio. E tiene tutti col fiato sospeso.
La grana Mbappé e "il talismano" Ancelotti
Il Real Madrid aveva davvero bisogno di Kylian Mbappé? È quello che si chiedono analisti del pallone e i tifosi dei Blancos. Visto il rendimento della stella francese sembrerebbe proprio di no. Ma riavvolgiamo il nastro. Dopo una stagione culminata con la vittoria di Champions contro il Borussia Dortmund, Florentino Perez aveva rilanciato le ambizioni di vittoria con l'acquisto di Mbappé, arrivato dal Paris Saint-Germain dopo un interminabile tira e molla. Dopo il trionfalismo per il grandissimo colpo, sono quasi subito sorti i primi dubbi sull'effettiva utilità del francese nell'impianto tattico del Real. Di sicuro la tattica impostata da Carlo Ancelotti con le due punte mobili Vinicius e Rodrygo supportato da Bellingham libero di svariare aveva consentito di fare coesistere e rendere al massimo le stelle della squadra. Di fatto dover inserire il francese ha scombinato i piani di Carletto, chiamato a rimescolare le carte e trovare un nuovo equilibrio tattico.
Mbappé per caratteristiche ma anche per l'evoluzione che ha avuto negli ultimi anni, non ama ricoprire la posizione centrale ma partire da sinistra, nella stessa zona di campo occupata da Vinicius. Ha risentito di questo stravolgimento anche Bellingham, relegato al ruolo di mezzala e meno libero di arrivare in zona gol. Mentre ha perso centralità Rodrygo, deicisivo più volte nelle sfide di Champions, è costretto il più delle volte a partire dalla panchina. Insomma un bel pasticcio tattico anche per un tecnico dell'esperienza e del buon senso di Ancelotti. A complicare la situazione si sono messi anche i gravissimi infortuni di Carvajal, Eder Militao e Alaba, che hanno di fatto privato la difesa di tre titolari. Ma la mancanza che si sente piu di tutte è senza dubbio quella di Toni Kroos, ritiratosi dopo gli Europei e la cui eredità è risultata troppo pesante per Tchouameni, Valverde e Camavinga. Con tutte queste problematicità da affrontare, il Real Madrid ha vissuto una lunga crisi di risultati che ha raggiunto il culmine con tre sconfitte pesantissime (0-4 contro il Barcellona), (1-3 contro il Milan) e (2-0 ad Anfield contro il Liverpool). Una situazione pesante che ha messo in discussione anche la posizione di Ancelotti, arrivato ad un passo dall'esonero. Un bel filotto di vittorie nella Liga, che ha riavvicinato i Blancos alla vetta della classifica, il successo contro l'Atalanta e la conquista del Mondiale per Club (3-0 contro il Pachuca) hanno però tranquillizzato le acque.
La situazione di classifica in Champions resta delicata (20° posto con 9 punti) ma le ultime due sfide abbordabili contro Salisburgo e Brest dovrebbero assicurare al Real la partecipazione almeno ai playoff. Poi dalla primavera come sempre nessuna squadra come il club madrileno sa affrontare i match da dentro o fuori. Di sicuro continuare a vincere, alzando sempre di più l'asticella, è qualcosa di molto difficile anche per chi come il Real ha fatto della vittoria il mantra della propria storia. Ancelotti ha più volte dichiarato che i conti si fanno a maggio. E vista la sua abitudine alla vittoria non c'è che da credergli. Anche stavolta a Florentino Perez, toccherà affidarsi a lui, il talismano della Casa Blanca.
Come finirà tra Luis Enrique e il Psg?
Luis Enrique sarà l'ennesimo allenatore del Paris Saint-Germain a fallire l'assalto alla Champions? Fosse così non saremmo certo sorpresi. Se la prima stagione francese del tecnico asturiano aveva portato risultati incoraggianti: quest'anno sotto la Torre Eiffel l'aria sembra cambiata e l'atmosfera è più tesa che mai. In Champions al momento staziona al 25° posto con solo 7 punti raccolti e sarebbe adirittura fuori dai playoff. E le prossime due sfide contro Manchester City e Stoccarda saranno tutt'altro che semplici, con lo spettro di un'eliminazione che avrebbe del clamoroso. In maniera inaspettata "l'hombre vertical" si è perso nel suo integralismo tattitco e di gestione dello spogliatoio e l'atmosfera è più tesa che mai.
A peggiorare il clima è stato anche il documentario recentemente trasmesso da Movistar+, intitolato "No tenéis ni p** idea", incentrato sulla figura di Luis Enrique. A quanto pare diversi giocatori, tra cui Dembélé, Kimpembe e Kolo Muani, si sono sentiti a disagio per alcune sequenze in cui apparivano conversazioni private con l’allenatore. Questo ha fatto percepire agli interessati una mancanza di rispetto e ha aumentato il malcontento interno. A quel punto l’allenatore ha convocato una riunione con i giocatori, cercando di appianare le divergenze e di ricompattare la squadra. E a quanto pare l'intervento del tecnico è stato accolto positivamente, soprattutto dai giocatori più colpiti, e ha permesso di raggiungere un’intesa. Ma il caso più scottante quello di Gigio Donnarumma, la cui titolarità è stata messo in dubbio, non una, ma più volte.
Luis Enrique ha fatto capire che preferisce un portiere che sappia usare e bene i piedi, da sempre il punto debole di Gigio. "Gioca chi sta meglio, chi vedo più in forma" ha ripetuto più volte l'asturiano, provando un'alternanza con il nuovo arrivato, il russo Safonov. I disastri contro il Bayern Monaco, compiuti dall'ex Krasnodar hanno messo in imbarazzo il tecnico, costretto ad una repentina marcia indietro. Insomma il futuro di Luis Enrique sembra sempre più in bilico e solo un'inversione di tendenza in Champions potrebbe cambiare la situazione. Di fatto l'unica ancora di salvezza sembra ancora quella della Ligue 1, dove il vantaggio su Monaco e Marsiglia è più che rassicurante. Ma di sicuro non varrebbe da sola la sua riconferma.
Ma davvero tutte le colpe sono da attribuire al tecnico o si può dire che col tempo il club qatariota ha modificato gli investimenti e di conseguenza anche gli obbiettivi? Di sicuro la partenza di Mbappé non è stata colmata da alcun arrivo di rilievo. Gonçalo Ramos e Kolo Muani arrivati l'anno scorso non sono certo i Messi, Neymar, Ibrahimovic o Cavani dei tempi passati.
E gli acquisti di prospetti come Doué, Joao Neves e Pacho, costati la bellezza di 150 milioni spiegano bene il nuovo indirizzo del club e tolgono pressioni e obblighi di vittoria. D'altronde nemmeno Ancelotti, Emrey, Tuchel e Pochettino sono riusciti a vincere la Champions, quando allenavano un Psg pieno di stelle. Sarebbe ingeneroso chiederlo ora a Luis Enrique.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.