Italia-Spagna. il futuro sta nascosto in miniera

Il tunnel dello stadio scavato nella roccia. Negli anni 2000 una sfida che porta in finale

Il tunnel dello stadio di Gelsenkirchen
Il tunnel dello stadio di Gelsenkirchen
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Italia e Spagna si ritroveranno di fronte all’ingresso di una miniera. È l’ambientazione del tunnel dello stadio di Gelsenkirchen, scavato nella roccia per ricordare le origini operaie di questa terra che ha fondato la sua ricchezza sui giacimenti di carbone. Azzurri e Furie rosse hanno un lavoro da fare. Sapendo che all’Europeo quando si sono trovate di fronte chi ha avuto la meglio nel terzo millennio ha quasi sempre alzato la coppa. È successo alla Spagna nel 2008 e nel 2012, all’Italia nel 2021. Solo nel 2016 Conte batté la Spagna, ma non arrivò fino in fondo. Dunque anche stasera scavando nel carbone chi dovesse trovare la pepita della vittoria, quindi della qualificazione, potrebbe anche fare più di un pensierino alla finale di Berlino, guardando ai corsi e ricorsi storici senza superstizione di quello che è diventato a tutti gli effetti un classico europeo. Che attraversa tutto lo sport italiano: dalla leggendaria finale di pallanuoto ai duelli di Valentino Rossi con la pattuglia di piloti spagnoli fino a Marc Marquez. E ora Alcaraz contro Sinner, con l’azzurro numero uno del mondo che ieri ha alzato il clima della vigilia: «Se vinciamo, scrivo al mio amico Carlos». Per poi essere tra i sessanta milioni, evocati da Spalletti alla vigilia dell’esordio, che scenderanno in campo al fianco degli azzurri «ma guarderò la partita da solo, ho bisogno dei miei spazi». Un legame quello tra il numero uno azzurro certificato dall’incontro negli Stati Uniti a marzo.
Bisognerà fare i conti con una Spagna che affila le sue armi. Si parla del più giovane di sempre a un Europeo, Lamine Yamal, delle frecce della squadra di De la Fuente, di Morata e Rodri, dei senatori. E poi si scopre che un valore aggiunto si è sistemato tra i pali. Quell’Unai Simon che difende la porta dell’Athletic Bilbao, espressione calcistica del separatismo basco. Ma l’erede dei grandi portieri spagnoli, da Zubizzareta a Casillas, sta dimostrando attaccamento alla maglia Roja. Ha rinviato anche l’operazione al polso infortunato per essere all’Europeo.
Nella nuova Spagna post tiki taka, il portiere ha più lavoro da fare. Contro la Croazia dalle sue parti sono arrivati una quindicina di tiri, cinque nello specchio.
Lui si è sempre fatto trovare anche sul rigore parato a Petkovic. Sicuramente sarà un fattore. Aveva provato a esserlo anche nella semifinale di tre anni fa. Nella lotteria finale respinse il primo tiro azzurro di Locatelli, tutto vanificato poi dagli errori di Olmo e Morata. Di quella Spagna restano lui e una manciata di superstiti. Non che l’attacco dell’Italia abbia finora dimostrato di avere tanti gol nei piedi, però l’Italia di Spalletti troverà sicuramente spazi per provare a far male, come ha insegnato la Croazia nonostante la sconfitta. Anche se il ct azzurro ha detto: «Questa Spagna non è molto diversa da quella di quindici anni fa». E De La Fuente ha risposto: «È come se ci guardassimo allo specchio. Mi piace questa Italia».
A sostenere il lavoro degli spagnoli in Spagna è annunciata anche la presenza del Re Felipe.

Sbucheranno dal tunnel miniera per un «lavoro» che può essere già decisivo: solo una squadra uscirà tra gli applausi, per l’altra il classico grido di un calcio d’altri tempi «andate a lavorare». Oppure no. C’è anche l’ipotesi del solito «biscotto». Che potrebbe avere il sapore del carbone.

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