Marocco a un passo dal sogno: cos'è mancato ai Leoni dell'Atlante

Il Marocco non è lì per caso: dietro al successo c'è programmazione, investimenti e un tecnico estremamente preparato. A parte gli errori e la mancanza di qualche pezzo, ne sentiremo riparlare

Marocco a un passo dal sogno: cos'è mancato ai Leoni dell'Atlante

La favola è finita male, la cenerentola che aveva fatto innamorare il mondo intero è costretta ad alzare bandiera bianca di fronte ai campioni in carica. Loro a giocarsi la coppa più bella, il Marocco nell’incredibilmente inutile finalina contro la Croazia. Il punteggio non sembrerebbe lasciare spazio a dubbi ma è davvero menzognero. Contro la Francia è stata partita vera, vibrante, con gli uomini di Regragui che se la sono battuta fino all’ultimo secondo, cercando il gol della speranza. Alla fine sono bastate due giocate di classe dei talenti transalpini a chiudere i conti, oltre ad una prestazione impeccabile della difesa di Deschamps ma l’amaro in bocca resta. Non è solo una questione di simpatia: l’impressione che tutti abbiamo è che i Leoni dell’Atlante avrebbero meritato di più. Vederli lì, sul campo, inginocchiarsi di fronte all’armata di tifosi che li hanno sostenuti per tutta la partita, continuando a crederci anche quando tutto sembrava giocargli contro, riconcilia con il gioco più amato al mondo. Evidentemente è mancato qualcosa, specialmente di fronte ad una squadra carica di talenti come Les Bleus ma cosa? Forse è ancora troppo presto per immaginare una squadra “minore” che se la gioca fino in fondo? O è solo una questione di tempo prima che la coppa più bella prenda la via di una capitale non blasonata?

Non è un caso, il calcio è cambiato

Che al mondo piaccia tifare per Davide non è un caso, specialmente quando una squadra è la prima nazione africana e di lingua araba a giocarsi l’accesso alla finale. Delle 88 squadre a presentarsi alle semifinali solo tre non appartenevano alle confederazioni europea o sudamericana ma poche erano riuscite ad attirare così tanta simpatia e passione da così tanti paesi come il Marocco. Se è meglio stendere un velo pietoso sulla Corea del Sud nel 2002, i nordafricani avevano giocato un ottimo calcio, mostrando grande coraggio, tenacia, abnegazione, riuscendo ad eliminare nazionali sulla carta enormemente superiori. Dietro a quello che sembra un miracolo sportivo c’è, però, una programmazione seria, che va ben oltre l’uso di giocatori nati e cresciuti calcisticamente in Europa. Certo, 14 dei 26 giocatori della rosa di Regragui sono nati all’estero, incluso l’italiano Cheddira ma non si tratta di una nazionale di oriundi come quelle che fecero disastri per l’Italia negli anni ‘50 e ‘60. Passaporto o no, il legame col paese d’origine era fortissimo, il che ha reso la nazionale un gruppo estremamente compatto. In Italia non ce ne siamo accorti ma nel 2009 la federazione marocchina ha aperto un centro di allenamento all’avanguardia, più simile al Clairefontaine francese o al St. George’s Park inglese che al nostro Coverciano. L’investimento è stato importante ma ha permesso ai giovani talenti di crescere senza dover necessariamente trasferirsi in Francia o Spagna. Allo stesso tempo avere abbastanza risorse ha convinto i calciatori nati in Europa a scegliere il paese dei propri antenati. Il calcio marocchino ne ha beneficiato, inclusi i club locali che hanno dominato sia la Champions africana che la Confederation Cup della CAF, l’equivalente dell’Europa League. Le distanze dalle ricchissime competizioni europee sono ancora importanti ma non più abissali come una volta. Il Marocco, insomma, sta prendendo il calcio molto sul serio. Il fatto che loro potrebbero finire terzi mentre gli Azzurri sono rimasti mestamente a casa non è del tutto casuale. Per quanto assurdo possa sembrare, magari non sarebbe male guardare a cosa stanno facendo e prendere nota.

tifosi marocco

Qualche errore ma non manca molto

Gli esperti di calcio non hanno mai creduto davvero che il Davide dell’Atlante potesse davvero far fuori la Francia, che aveva appena mandato a casa l’Inghilterra piena zeppa di strapagati campioni del campionato più ricco al mondo. Regragui si è però dimostrato un maestro non tanto della tecnica ma della psicologia e della motivazione. Quando abbiamo letto nella distinta il nome del centrale Aguerd, molti hanno sorriso: il miglior difensore del Marocco era chiaramente infortunato ed è stato infatti sostituito prima dell’ingresso in campo. Era un gesto simbolico, fatto per sottolineare come fossero arrivati lì grazie alle sue incredibili prestazioni. Stessa cosa dicasi per il suo partner al centro, Romain Saiss, che ha fatto l’impossibile per rimanere in campo per poi arrendersi dopo venti minuti. Certo, se fossero stati entrambi in condizione magari Theo Hernandez non avrebbe segnato con tanta facilità ma la squadra non sarebbe stata così motivata. Se la Croazia è praticamente scomparsa dal campo dopo l’uno-due micidiale dell’Argentina, il Marocco è rimasto lì, a lottare con le unghie e coi denti per conquistare il trionfo che li avrebbe fatti entrare nella leggenda. Regragui avrebbe potuto mettere una formazione diversa in campo, magari dando spazio ad Attiyat-Allah, che è sembrato rianimare la squadra appena è stato della partita, ma dal lato psicologico è stato impeccabile. Le immagini dei giocatori come Ashraf Hakimi che abbraccia la madre non sono state un caso: Regragui ha voluto che nel ritiro del Marocco ci fossero anche i genitori, oltre a mogli o fidanzate. La determinazione feroce con la quale hanno difeso, la straordinaria capacità di ripartire sempre, anche al 90’ non è solo frutto delle doti atletiche ma anche del loro stato mentale.

Questo mondiale, poi, ci ha consegnato alcune figure che non sfigurerebbero nella Top 11 di Qatar 2022: c’è gente nota come Hakimi e Ziyech ma anche sorprese come il viola Amrabat o il portiere del Siviglia Bounou e veri e propri carneadi come Saiss e Ounahi, che ci ritroveremo presto in qualche grande europea. Certo è che in questa rosa mancava qualcosa, magari un giocatore tecnicamente forte, un talento come Hadji, uno in grado di aggiungere quel pizzico di imprevedibilità, un pericolo costante per le difese avversarie. Davanti alla porta, poi, la mancanza di qualità si è fatta sentire parecchio, sia nel gioco aereo che nell’area piccola, dove un centravanti vero avrebbe potuto capitalizzare le tante occasioni capitate anche con la Francia. Poi, come capita spesso a questo punto dei mondiali, la Dea Bendata ha fatto la sua parte. Se la rovesciata di El Yamiq fosse stata un attimo più angolata, Lloris non sarebbe riuscito a deviarla sul palo. Di giocatori interessanti in Marocco e in Europa ce ne sono parecchi. Con un paio di innesti e questa mentalità, sognare in grande non è vietato.

bounou lloris francia marocco

La delusione è stata enorme ma Regragui e l’intero Marocco sembrano avere le idee chiare sul futuro. “Non si vince un mondiale coi miracoli ma lavorando duramente. Sappiamo cosa dobbiamo fare: continuare ad impegnarci e migliorare”. Magari sarà stato un caso, magari questa rosa passerà alla storia come la generazione d’oro di Messico 1986, eliminata a testa alta dalla Germania Ovest e il Marocco tornerà nei ranghi. Tutto lascia pensare al contrario. Se molte nazionali africane ed asiatiche sono sembrate ancora lontane dalle superpotenze del calcio, i Leoni dell’Atlante hanno dimostrato di essere capaci di grandi imprese. A questo punto, forse, non è più un sogno ma solo una questione di tempo.

Prima o poi inserirli tra le favorite di un mondiale non sarà più uno scherzo. Per qualche giorno ci abbiamo creduto tutti ma prima o poi succederà davvero. Loro non hanno dubbi, magari è il caso di prenderli sul serio. Chiedere a Luis Enrique e Fernando Santos per referenza.

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