Con la stagione di Serie A agli sgoccioli e una giornata piena zeppa di pareggi, verrebbe da pensare che questo campionato abbia già detto tutto quel che doveva dire. Eppure, a ben guardare, anche questa 35a giornata ha offerto diversi spunti interessanti per le nostre valutazioni a tarda notte. Cosa vi siete persi se avete passato il fine settimana in altre faccende affaccendati? L’amnesia collettiva dei campioni d’Italia, l’involuzione di un Diavolo in disarmo, la buona prova di una Juve incapace di mettere a tacere i critici ed i tanti passi falsi delle squadre impegnate nella corsa alla Champions. Vi raccontiamo tutto, come al solito, nel nostro pagellone del lunedì.
Roma, un mezzo passo falso (6)
Dover affrontare la Juventus a tre giorni dalla trasferta della vita in quel di Leverkusen non sarebbe mai stato facile, anche tra le mura amiche. Per evitare che il tracollo con i campioni di Germania diventi una crisi vera, De Rossi rivoluziona la difesa e inserisce Baldanzi per mandare in crisi l’arcigna difesa bianconera. Diciamo che l’azzardo riesce a metà: se la Roma davanti è finalmente più propositiva, soffre maledettamente in difesa, tanto da dover alzare l’ennesimo monumento a San Mile Svilar. Alla fine della fiera, però, rimane la sensazione di essersi lasciati sfuggire un’occasione d’oro per dire la propria nella corsa alla Champions e mettere pressione alle rivali. Il passo avanti rispetto a quanto visto in Europa League è evidente ma la mancata reazione dopo il pareggio bianconero è comunque preoccupante.
A De Rossi va dato il merito di aver saputo evitare che lo scivolone diventasse una slavina, ma non tutto ha funzionato. A parte Kristensen, che soffre parecchio sia Bremer che Chiesa, il resto della difesa funziona discretamente e trovare insufficienze gravi tra i giallorossi non è facile. Cristante è il migliore a centrocampo mentre sia Paredes che Pellegrini fanno il loro, anche se con poca precisione. In avanti è un’altra storia: Dybala si muove bene ma è poco incisivo mentre Lukaku, a parte il gol, sgomita parecchio ma non si scrolla mai di dosso Bremer. Stavolta il tecnico romanista non trova il jolly dai rimpiazzi: Zalewski ha tanta voglia ma poca lucidità, Azmoun fornisce un gran assist e poco altro mentre Abraham conferma che la testa è tutto per un attaccante. La Juve non ha rubato niente ma alla Roma questa vittoria serviva come il pane.
Juventus, perché così non basta? (6)
Si può festeggiare un punto all’Olimpico, anche se è il quarto pareggio di fila? La domanda non è così peregrina se ti chiami Juventus e ti vanti del fatto che “vincere è la sola cosa che conta”. La squadra di Allegri scende in campo con l’atteggiamento di sempre, quello che fa andare in bestia i tifosi bianconeri ma per poco non riesce nel furto con scasso. Il conto delle occasioni è tutto dalla parte della Vecchia Signora, che forse ha giocato la migliore partita da un paio di mesi a questa parte. La cosa curiosa è che, se la tifoseria è sempre furibonda, tra i bianconeri le insufficienze piene sono poche. Weah inizia male e finisce anche peggio, Kostic continua a sbagliare troppo mentre Vlahovic non solo spreca un paio di occasioni ma soffre davvero troppo la difesa della Roma. Se McKennie, Locatelli e Cambiaso non brillano, il resto è più che discreto.
Szczesny si supera su Abraham, Bremer fa la solita gara da applausi a scena aperta, Danilo recupera una gara storta nel finale, dove fa uscire l’orgoglio, mentre Rabiot sta tornando poco alla volta ai livelli di un tempo. Le notizie positive arrivano da Federico Chiesa, che gioca la sua migliore partita stagionale: tira parecchio, innesca Vlahovic e Bremer, prende pure un palo dopo un dribbling clamoroso. Gli stessi Kean e Milik, che quest’anno non sempre hanno convinto, si rendono pericolosi e contribuiscono a far respirare una Juve che rischiava di finire in apnea. Insomma, una prestazione non da strapparsi i capelli ma nemmeno da condannare, una partita più che discreta su un campo mai semplice ed un risultato comunque utile. A questo punto la domanda vorrei rivolgerla ai tifosi bianconeri: perché le proteste, perché non può bastare una prova così?
Inter, la kriptonite non c’entra (5)
Al triplice fischio, i titoli sembravano scriversi da soli: “il Sassuolo è la kriptonite dell’Inter”, “sbornia scudetto per l’Inter” e chi più ne ha più ne metta. La cosa, detto tra di noi, ci può stare, considerato che i neroverdi sono gli unici ad aver portato a casa sei punti sei contro la banda Inzaghi. Giusto far notare che, in fondo, sono state entrambe sconfitte indolori e che, una volta completata la rincorsa all’agognata seconda stella, sarebbe stato impossibile dare tutto in campo. Da qui allo spettacolo mediocre che si è visto al Mapei Stadium, però, mi sembra ce ne corra parecchio. Inzaghi dà spazio alle seconde linee ed inizia a fare esperimenti. Discutibile, forse, farlo con una squadra che si sta giocando la sopravvivenza in Serie A.
La difesa, in fondo, non fa nemmeno male, specialmente Pavard, l’unico a non mollare mai fino alla fine ma una nota a parte se la merita il quasi ex Denzel Dumfries. L’olandese non è nuovo a sbavature difensive ma la dormita sul gol di Laurienté è da matita blu: per non parlare poi del tiraccio con il quale spiega l’assist di Asslani. L’albanese fa una più che discreta partita mentre Frattesi spreca la maglia da titolare vagando in campo senza meta. Il guaio vero è che il resto sembra in modalità risparmio energetico: Arnautovic non convince, Carlos Augusto e Alexis Sanchez si accendono sporadicamente mentre Lautaro non riesce a sbloccarsi nemmeno contro una delle peggiori difese italiane. Un certo calo psicologico ci sta ma serve una scossa al più presto. Giocare così è proprio al limite della decenza.
Bologna, che finale fiacco (5)
La storia del calcio è piena di squadre che, arrivate ad un passo dalla grandezza, si fanno prendere dal “braccino” e gettano tutto alle ortiche. Ben pochi, però, si aspettavano che una di queste fosse il Bologna di Thiago Motta. Dopo una stagione praticamente perfetta, ai felsinei non sembrano riuscire più cose che, fino a poche settimane fa, sembravano del tutto naturali. La prova poco più che mediocre messa all’Olimpico Grande Torino sembra confermare i sospetti di chi pensava che qualcosa nell’ingranaggio perfetto si fosse inceppato. Non tutto è perduto, intendiamoci: uscire con un punto dopo una serata del genere non è affatto disprezzabile.
La partita storta dei rossoblu è certo merito del Torino, che toglie spazi all’attacco degli emiliani e, in fondo, un punto è sempre un punto, considerati i mezzi disastri delle rivali nella corsa alla Champions. D’altro canto, però, senza la prova maiuscola di Skorupski, questo Bologna sarebbe tornato a casa con le ossa rotte. Thiago Motta dovrà essere contento della buona partita della difesa, con il solito Freuler e Calafiori sugli scudi: dalla cintola in su, invece, è notte quasi fonda. Si salva solo Zirkzee, ma da solo non può far miracoli. Ndoye, Orsolini, Fabbian e lo stesso Saelemaekers combinano davvero poco. Basterà per raggiungere il sogno Champions?
Lazio, addio Champions (4,5)
La storia di questa stagione della Lazio sembra sempre la stessa: un passo avanti, due indietro. Proprio quando sembra che le Aquile possano mettere a segno una rimonta e combinare un pessimo scherzo alle rivali per la Champions, ecco un passo falso che rovina tutto. Andare all’U-Power Stadium ed affrontare il Monza di Palladino non è facile per nessuno ma, stavolta, Tudor non riesce a trovare il bandolo della matassa ed ha parecchie responsabilità sul groppone. Il piano partita della Lazio sembrava funzionare, almeno fino al gol di Immobile: peccato che, da quel momento, il tecnico capitolino sia andato in confusione totale. Zaccagni parte malissimo, fa falli su falli e viene rimpiazzato da Casale, che ha sulla coscienza il gol di Djuric ma anche Patric e Hysaj hanno una partita altrettanto disastrosa, soffrendo in maniera assurda il gioco dei brianzoli.
Non tutto è da buttare: Marusic è preciso, Guendouzi è sfortunato nel finale mentre Kamada conferma i passi avanti delle ultime settimane, rivelandosi prezioso. Cosa dire, poi, di Ciro Immobile, che fino a quando ha benzina nel serbatoio sembra tornato quello di una volta? Aggiungi poi alcuni interventi notevoli di Mandas ed il quadro non sembrerebbe nemmeno troppo male. I problemi, purtroppo, arrivano con le sostituzioni: Luis Alberto è geniale ma incostante mentre Cataldi entra e fa subito pareggiare il Monza. Tenere in campo un Felipe Anderson poco convincente, lasciando pochi minuti a Pedro non è il massimo mentre, considerato l’impatto devastante di Vecino, forse sarebbe potuto entrare in campo prima. Inserire Castellanos con una squadra in confusione è davvero tafazziano. La Lazio è ancora a metà del guado e deve dire addio alla Champions. In fondo anche i tifosi delle Aquile sanno che è giusto così.
Milan, agonia infinita (4,5)
Per una volta, non me la sento proprio di condannare la rivolta della tifoseria rossonera. Finire così l’era Pioli, con una serie di prestazioni squinternate, senza senso, con errori inaccettabili, è una roba che non augurerei al peggior nemico. Anche contro un Genoa che non ha molto da chiedere a questa stagione, il Diavolo si conferma ansioso, pasticcione, perennemente sull’orlo di una crisi di nervi. D’altro canto, quando il migliore in campo è Alessandro Florenzi, qualcosa non ha funzionato per forza. Gabbia soffre la potenza di Ekuban, Tomori fa enormi passi indietro mentre Theo Hernandez avrebbe meritato almeno un gol per quanto ha fatto vedere in campo. Te la puoi prendere con il fantasma di Bennacer, contro un Reijnders svagato, con la sfortuna che perseguita Thiaw ma i problemi, purtroppo, sono ben più seri.
Chi si salva? Chukwueze, il cui scarso utilizzo grida vendetta al cielo, ma anche lo stesso Pulisic, magari meno costante ma sempre in grado di trovare la giocata giusta, anche quando ha finito la benzina. Dare colpe a Giroud proprio quando segna la sua 14a rete in campionato a 38 anni suonati è francamente ingeneroso, anche quando sbaglia un gol quasi fatto. Il futuro del Milan non può che passare da Noah Okafor, uno che quando entra si fa sempre sentire ma i rossoneri sono traditi ancora da un Leao che ha la testa chiaramente altrove. Vederlo uscire così, tra i fischi e correre nello spogliatoio è un pessimo segnale di una fase da chiudere al più presto. Ha senso mettere in croce Pioli per l’ennesima partita pazza, per l’ennesima occasione sprecata di blindare il secondo posto? O ha più senso prendersela con una società che non decide e lascia continuare questo scempio?
Viola, la dura legge del turnover (4)
Una delle grandi ingiustizie del calcio è che, a volte, il calendario combina dei pessimi scherzi. Dover affrontare una squadra come l’Hellas Verona pochi giorni prima della fondamentale semifinale di ritorno della Conference League ha costretto Vincenzo Italiano ad un turnover pesante proprio nel momento peggiore. Il risultato non dovrebbe sorprendere più di tanto: a questo punto della stagione, le motivazioni fanno tutta la differenza del mondo e, almeno per gli scaligeri, niente è più importante di rimanere in Serie A. D’altro canto, però, nemmeno i peggiori critici del tecnico viola immaginavano una prestazione così disastrosa. Troppo facile prendersela solo con Christensen, che dopo il pasticcio del primo gol avrebbe potuto fare meglio anche sul secondo o con Ranieri, che di solito sbaglia poco o niente. È tutta la Fiorentina ad aver fallito.
Gli unici a salvarsi sono Nzola e Castrovilli, vero e proprio man of the match che sembra finalmente recuperato in pieno dopo un anno di inattività. Un po’ poco per pensare di portare a casa punti dal Bentegodi, non vi pare? Faraoni svanisce dopo un discreto primo tempo, Milenkovic fa benino fino a quando non consegna a Noslin la palla del 2-1 mentre il centrocampo è collettivamente incapace di impostare un gioco decente, anche gente come Mandragora e Bonaventura che normalmente una gran giocata a partita la mettono sempre.
Aggiungi il fatto che Ikoné parta forte per poi sprecare un gol fatto, che Beltran si noti a malapena e che Barak viva il ritorno a Verona come una iattura ed il quadro è delineato. Alla fine, se questa sarà una battuta d’arresto innocua o la fine delle ambizioni dei Viola lo capiremo giovedì sera. Per ora, parecchi a Firenze se la sono legata al dito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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