I punti chiave
- La forza dell’Inter? I rincalzi (8)
- Nella Dea c’è posto per tutti (7)
- Al Bologna basta un tempo (7)
- Manicomio Roma (6,5)
- In casa è un gran Torino (6,5)
- Provedel, ma cosa combini? (5)
- Fiorentina, è crisi vera (5)
- L'era Mazzarri è già finita? (4)
- Cucù, la Juve non c’è più (4)
- Pioli perde due volte e mezza (3)
Il bel tempo e il caldo fanno venir voglia d’estate ma, almeno in Serie A, c’è sempre tanto da faticare prima di tagliare il traguardo. La 25a giornata del massimo campionato italiano ha offerto diverse storie interessanti, qualche sorpresa, conferme e parecchie cose che lasciano un attimo basiti. Come fa la Lazio a passare dalla grande partita col Bayern all’orribile secondo tempo col Bologna? Come fa il Gasp a trovare sempre giocatori nuovi a gonfiare le vele della Dea? Quanta fame continua ad avere l’Inter, nonostante il distacco dalle rivali sia sempre più grande? Le risposte a queste e a tante altre domande le trovate qui sotto, nel nostro solito pagellone del lunedì. Ne avremo davvero per tutti.
La forza dell’Inter? I rincalzi (8)
Ogni settimana mi devo inventare modi nuovi per tessere le lodi della capolista senza scivolare nel ridicolo e la cosa, francamente, non mi entusiasma. Il 4-0 inflitto ad una squadra nel caos più totale che non ha affatto beneficiato dalla defenestrazione di Pippo Inzaghi non è certo meritevole di essere registrato degli annali della Beneamata ma è comunque un altro chiodo sulla bara delle ambizioni delle rivali. Con le altre in netto ritardo e la sfida con l’Atlético Madrid alle porte, il rischio di un passo falso era evidente. Simone Inzaghi, invece, ottiene il massimo dai nuovi ingressi, confermando l’estrema competitività della rosa assemblata dal duo Marotta-Ausilio. Se Sommer vive 90 minuti di tutto riposo, Pavard e Bastoni si scatenano in avanti ma i veri protagonisti sono le seconde linee. Se il canadese Buchanan avrà modo di provare le sue qualità, Dumfries ha messo a tacere i critici nella maniera migliore: corsa, impegno, gol e assist, meglio di così cosa vuoi?
Se i tre tenori del centrocampo nerazzurro fanno la solita prestazione ordinata, la vera sorpresa è Carlos Augusto, che approfitta al meglio della maglia da titolare. Tanto Klaassen è appannato, quanto il brasiliano è devastante: le sue discese sulla sinistra ed i due assist in due minuti chiudono a tripla mandata la gara. Funziona anche in fase d’interdizione, tanto da domandarsi con che coraggio Inzaghi lo tenga così tanto in panchina. In avanti le scelte non sono tantissime ma, per fortuna, la ThuLa ha deciso di continuare a fare il suo dovere. Un’altra giornata senza reti avrebbe potuto intristire Lautaro, Thuram dà il via alla festa nerazzurra ma a fare più notizia è il fatto che Marko Arnautovic sia tornato a vedere la porta. L’ex Bologna ha solo mezz’ora a disposizione ma trova due reti, anche se una sola va a referto. Sanchez non è altrettanto fortunato ma appare più vivace che nelle ultime uscite. Se anche i rincalzi fanno così bene, il Cholo Simeone avrà il suo bel da fare per bloccare questa schiacciasassi.
Nella Dea c’è posto per tutti (7)
L’Atalanta è la prova provata che nel calcio per vincere e convincere basta scegliere i giocatori e il tecnico giusti. Sedere in panchina per settimane o mesi, attendendo l’occasione e farsi trovare pronti non è da tutti ma, chissà come, la rosa di Gasperini sembra offrire sempre nomi nuovi. L’impressione è che quando uno dei protagonisti non gira, ci sia sempre un compagno pronto a tirare la carretta. Dopo aver fatto masticare amaro i tifosi del Milan che l’avevano considerato un bidone, Charles De Ketelaere torna quello visto a Milanello ma è sostituito più che egregiamente da Miranchuk quando si tratta di fornire cross invitanti. De Roon non è in condizione? Nessun problema, ci pensa Pasalic a spuntare ovunque e, tanto per gradire, gonfiare pure la rete.
Nella vittoria di sabato sera c’è posto anche per chi, per ampi tratti di partita, era sembrato uno spettatore non pagante. Carnesecchi si guadagna la pagnotta parando il rigore di Pinamonti ben due volte, grazie all’ingresso in area di un Kolasinac che fino a quel momento aveva sbagliato poco o niente. Scalvini non si fa deprimere dal rigore concesso al Sassuolo e si spinge avanti spesso e volentieri mentre Holm è una garanzia sulla destra. Koopmeiners torna in cattedra dopo l’appannamento di qualche giornata fa e sale progressivamente nei taccuini del mercato delle grandi ma la vera sorpresa è Mitchel Bakker. Dopo aver passato mesi in panchina entra e in neanche un minuto fa il suo primo gol in Serie A, approfittando di una deviazione di Pedersen. Non contento, per un niente non segna subito dopo la doppietta. Non tutto è perfetto: Ederson e Zappacosta non sono al massimo mentre Scamacca non approfitta del quarto d’ora concessogli dal Gasp. È un problema? Non direi. In questa Atalanta c’è sempre posto per tutti.
Al Bologna basta un tempo (7)
A sentire le voci di mercato, il futuro di Thiago Motta sarà quasi sicuramente lontano da Bologna e questo, forse, è il modo migliore per rovinare la festa ai tifosi rossoblu. Sessant’anni dopo la storica finale spareggio con l’Inter all’Olimpico, sarebbe davvero un peccato, visto che i felsinei stanno vivendo una stagione forse irripetibile. Il gran lavoro del tecnico italo-brasiliano è stato già ampiamente celebrato ma non va sottovalutato il carattere e la tenacia di un gruppo dal quale nessuno si aspettava chissà quali miracoli. Trovarsi al quarto posto a metà febbraio, senza aver assolutamente rubato niente è qualcosa di incredibile ma, forse, dovremmo smetterla di stupirci. Il Bologna non solo gioca un gran calcio ma ha la forza di risollevarsi dopo aver passato un primo tempo da incubo.
Il fatto che il migliore in campo sia Skorupski, che ha fatto vedere alcune parate al limite dell’assurdo, non deve ingannare. La ripresa nella quale i rossoblu hanno annullato la Lazio è stata un mezzo miracolo, grazie al quale anche uno come Lucumi, che nel primo tempo aveva sbagliato quasi tutto, riesce a trasformarsi. Il bello è che il Bologna ribalta la partita anche senza il solito contributo di Saelemakers, compensato dalla vivacità di un Orsolini immarcabile, dalle corse sulla sinistra di Kristiansen e dalla solita prova quadrata di Ferguson. La svolta è arrivata grazie alla zampata di El Azzouzi, che approfitta del buon assist di Fabbian e della buca clamorosa di Provedel. La cosa che deve far sperare bene i tifosi bolognesi è il fatto che le riserve non facciano rimpiangere i titolari e che Zirkzee, anche senza fare miracoli, riesca a dare la spallata giusta. Difficile non farsi prendere dall’entusiasmo quando per battere una grande ti basta un solo tempo.
Manicomio Roma (6,5)
Sul fatto che Roma non sia una città come le altre non ci piove ma qualcuno mi spieghi dove sta scritto che la squadra che ne porta il nome debba assomigliarle così tanto. Chi vede solo il risultato può pensare che la trasferta dei giallorossi al Benito Stirpe sia stata una passeggiata di salute ma al 39’ del primo tempo nemmeno il tifoso più sfegatato avrebbe scommesso un centesimo sulla vittoria della banda De Rossi. Sarà stata la fatica della sfida a Rotterdam, sarà quel che vi pare, ma il primo tempo della Roma sfiora l’indecenza. Se non fosse stato per i miracoli di Svilar e le chiusure di Mancini, il Frosinone poteva benissimo essere avanti due, tre a zero senza che nessuno potesse fiatare. Huijsen e Angelino sembravano in confusione totale, Cristante annaspava e lo stesso El Shaarawy non ne imbroccava una. Visto che nel calcio gli episodi contano sempre, l’olandese della Juve si inventa un golazo clamoroso prima di lasciare il posto a Llorente, che come difensore è mille volte meglio.
A fare la differenza, stavolta, sono i cambi di Capitan Futuro, al limite della perfezione: se Lukaku era troppo solo, Pellegrini fa il diavolo a quattro e infierisce su un Frosinone che aveva speso troppo nel primo tempo. Con Llorente che chiude a doppia mandata la difesa, il centrocampo torna efficace e Baldanzi può tornare a dialogare con Paredes e mettere la partita in ghiacciaia. Cose positive? Il ritorno al gol di Azmoun e la comparsata di Chris Smalling, che potrebbe fare tutta la differenza del mondo in difesa. Le coronarie dei tifosi giallorossi sono sempre a rischio infarto ma sono arrivati ancora i tre punti. Se il prezzo per quattro vittorie in cinque partite è un primo tempo da galleria degli orrori, non credo che molti fedelissimi della Roma si strapperebbero i capelli. La vera cosa importante è che il gruppo sia rimasto compatto ed abbia avuto il cinismo di affossare una rivale dopo esser stato preso a pallonate per 40 minuti. Chiamatelo pure fortunato ma quando una squadra cambia così tanto all’intervallo è merito dell’allenatore.
In casa è un gran Torino (6,5)
Dopo decenni di sofferenza e delusioni, ogni segnale di vita da parte del Toro è visto con un certo sospetto dalla tifoseria granata. Magari non sarà stata la prova scintillante che si aspettavano, ma il fatto che l’undici di Juric abbia confermato di essere quasi insuperabile all’Olimpico Grande Torino non è una cosa affatto trascurabile. I fedelissimi granata probabilmente preferirebbero avere un attacco atomico invece della terza migliore difesa della Serie A ma è comunque un grosso merito del tecnico serbo. Milinkovic-Savic rischia poco o niente, Djidji, Lovato e Masina annullano l’attacco del Lecce, aiutati dalla buona prova di Samuele Ricci ma il migliore in campo rimane sempre Raoul Bellanova. Dopo aver spinto come un pazzo sulla destra, nella ripresa apre i conti con un golazo che potrebbe valere tantissimo a fine stagione.
Dalla cintola in su le cose non vanno così lisce ma i passi avanti sono comunque evidenti: Ilic e Lazaro danno il proprio contributo, Vojvoda mette un quarto d’ora promettente e un assist importante. Vlasic non è al massimo ma per fortuna Linetty fa bene, mentre l’orribile ora di un Pellegri inguardabile è parzialmente recuperata dalla discreta prova di un Sanabria in recupero. La bandiera del nuovo Torino non può che essere Duvan Zapata, che si sbatte tantissimo, sgomita e si sacrifica anche in copertura. Nel primo tempo non punge ma alla fine converte da grande centravanti l’angolo di Vojvoda, portando a casa tre punti davvero preziosi. Peccato per il gol annullato al giovane Okereke ma una cosa è certa: se Juric riuscirà a mettere a posto gli equilibri in attacco, questo Torino se la può giocare fino alla fine. Non è poco.
Provedel, ma cosa combini? (5)
A volte provare a trovare una logica nelle cose di calcio sembra davvero assurdo. Quello che si è visto domenica a pranzo all’Olimpico è francamente incomprensibile. Dopo aver imposto il suo calcio contro una corazzata come il Bayern Monaco, la Lazio di Sarri si squaglia in una ripresa disastrosa regalando tre punti al solito Bologna di Thiago Motta. A tradire, stavolta, uno dei protagonisti più celebrati, quell’Ivan Provedel che si è preso di prepotenza la maglia da titolare a forza di parate clamorose. Dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo per 40’, l’errore marchiano del portiere ha fatto evaporare di colpo tutte le sicurezze delle Aquile. Sicuramente non ha aiutato l’uscita per infortunio di Patric ma, nonostante un ottimo Gila, la difesa laziale ha sofferto tantissimo nella ripresa la fisicità di Ferguson e le finte di Orsolini.
La cosa più triste di questa sconfitta è che il risultato nasconde alcune cose decisamente positive: dalla solita prova grintosa di Guendouzi alla ottima partita di un Isaksen sempre più convincente per non parlare degli enormi passi avanti fatti da Ciro Immobile, che sta tornando ai livelli di una volta. Se la partita di Luis Alberto è dimenticabilissima, come il quarto d’ora giocato da Kamada, Pedro e Castellanos avrebbero meritato di raccogliere almeno il gol del pari, specialmente quando Skorupski nega al Taty un’occasione enorme. Lazio-Bologna si può riassumere con la prestazione di Felipe Anderson: il brasiliano è elettrico nel primo tempo, trova sempre il modo d’inventarsi qualcosa mentre nella ripresa è impalpabile, incapace di dare la scossa ad una squadra in stato confusionale. Non invidio i tifosi biancocelesti: passare dal paradiso all’inferno in pochi giorni non è mai piacevole.
Fiorentina, è crisi vera (5)
I fischi dei tifosi alla fine del derby con l’Empoli valgono più di mille parole sull’ennesima prestazione anonima dei Viola. I poco amati vicini dall’approdo di Nicola sono un’altra squadra ma chi vuole puntare all’Europa che conta non può temere la trasferta al Castellani. Provare a valutare la gara dell’undici di Italiano è complicatissimo, dato che le insufficienze gravi non sono molte. Terracciano rischia poco, alzando bandiera bianca solo sul rigore dell’ex rossonero Niang mentre la linea difensiva se non brilla fa pochi errori, a parte il fallo di Faraoni e la dormita di Milenkovic sul contropiede del pareggio. Il resto? Alti e bassi. Se Biraghi stringe i denti ma cala nel secondo tempo, Mandragora fa un l’assist e non molto altro mentre Duncan e Nico Gonzales fanno una gara del tutto dimenticabile, sembrando quasi sfiduciati.
Il problema è che da qualche tempo ad ogni prova positiva corrisponde una gara da dimenticare, specialmente in avanti. La rivalità in attacco tra Lucas Beltran ed Andrea Belotti non convince: stavolta a brillare è l’ex River Plate, che trasforma al meglio l’unica palla buona arrivata dalle sue parti. Il Gallo, invece, è ignorato dai compagni e in 72 minuti combina pochissimo. Se la Fiorentina spesso riesce a mettere le cose a posto coi cambi, stavolta le sostituzioni non aiutano Italiano: Sottil non combina molto a parte un tiro pericoloso ma è sicuramente meglio di quanto facciano sia Ikoné che Bonaventura, ultimamente in periodo no. Visti i risultati delle rivali questi due punti rischiano di pesare tantissimo nella corsa all’Europa ma la cosa davvero preoccupante è la mancanza di personalità dei viola. Inutile nascondersi, questa è una crisi vera.
L'era Mazzarri è già finita? (4)
Che il Napoli stia pagando con gli interessi la gioia dell’ultima, travolgente stagione è ormai chiaro più o meno a tutti. Tanto tutto girava come un orologio svizzero l’anno scorso, quanto oggi non funziona più niente. Come da pessimo costume del calcio tricolore, le colpe finisce per prendersele tutte l’allenatore, cui si addebitano tutte le colpe di non aver saputo ripetere il miracolo di Spalletti. Se questo sia giusto o ingiusto cambia davvero poco. Il tecnico di San Vincenzo non è certo esente da errori: cambia spesso, talvolta a sproposito, non sembra in grado di svegliare i migliori interpreti che ha in rosa e dà l’impressione di essere quasi rassegnato al prossimo esonero. Certo non si aspettava addirittura di far peggio del capro espiatorio Garcia ma i numeri parlano chiaro. Tutta colpa sua? Chiaramente no. Cambierà qualcosa? Neanche per sbaglio. Quando si inizia a far circolare certe voci, oltre al fumo c’è anche parecchio arrosto.
Cosa si è visto in campo al Maradona? Il ritorno del titolare Meret, la frustrazione di Di Lorenzo, la solidità di Rrahmani e Mazzocchi più il buon ingresso di Olivera. A salvare il Napoli dall’ennesima figuraccia ci pensa il miglior acquisto del mercato di riparazione, quell’Ngonge che ha la personalità giusta per svegliare il Napoli e provare a trascinarlo alla vittoria. Il resto, semplicemente, non c’è. Una serie di prestazioni mediocri, frutto di un gruppo sfiduciato, senza sicurezze, che trova sempre il modo di rovinare ogni prestazione. Ostigard fatica contro Retegui, Anguissa si accende a sprazzi, Lobotka e Traoré si vedono poco mentre il resto dell’attacco avrebbe fatto meglio a non giocare. Politano è frustrante, Simeone viene annullato da Bani mentre Kvaratskhelia rischia di fare una stupidaggine quando i raddoppi sistematici pensati da Gilardino gli fanno perdere la trebisonda. I fischi fanno male ma siamo sicuri che esonerare Mazzarri prima dell’incrocio contro il Barcellona sia l’idea giusta?
Cucù, la Juve non c’è più (4)
Come si fa a rovinare una stagione nel giro di quattro partite? Provate a chiederlo a Max Allegri e non prendetevela se vi ricoprirà d’insulti. Nonostante la grande esperienza ed un palmarès invidiabile, da quando è rimasta in dieci contro l’Empoli la Juventus sembra avere staccato la spina. Se la solidità difensiva è sempre stata la chiave delle vittorie bianconere, la retroguardia della Vecchia Signora è irriconoscibile. Il fatto che nemmeno uno affidabile come Szczesny riesca ad evitare di prendere due reti è un segnale che la Juve è entrata in un giro di schiaffi mica da ridere. L’assenza del baluardo Bremer ha sicuramente influito ma gli errori commessi dai difensori sono stati francamente troppi. Con tutto il rispetto per Noslin e Lazovic, gli avanti dell’Hellas causano troppi problemi ad una retroguardia che, fino a poche giornate fa, era sembrata granitica.
Del fatto che il Verona era ben più pericoloso di quanto dicesse la classifica ne avevamo parlato in tempi non sospetti ma la prova mediocre messa da tanti celebrati campioni non è più giustificabile. Cambiaso e McKennie provano a rianimare un centrocampo apatico mentre i troppi errori di Locatelli e Rabiot trovano un paio di giocate nel finale che almeno salvano la faccia. Meno giustificabili, invece, le prove di Kostic e Chiesa, che a sinistra sembrano girare a vuoto, senza mai trovare il modo di incidere. Considerato che il serbo era uno dei più affidabili, la cosa è preoccupante. Neanche le prove discrete di Yildiz e Vlahovic o l’ingresso positivo di Alcaraz riescono a dare la scossa. Stavolta i singoli non nascondono il problema dei problemi: la Juventus non ha identità, non gioca ed è a corto d’idee. Finita l’adrenalina della corsa scudetto, i nodi vengono al pettine. Possibile che sia solo un momento, ma fossi in voi non ci scommetterei.
Pioli perde due volte e mezza (3)
Winston Churchill diceva che la politica è più pericolosa della guerra, visto che sul campo di battaglia puoi morire una volta sola mentre in politica può succederti più volte. Mutatis mutandis, la massima vale anche per il calcio, almeno per quanto riguarda Stefano Pioli. Dopo aver fatto a pezzi il Rennes in Europa League, affrontava una squadra come il Monza con un attacco in crisi che aveva segnato solo una volta in quattro partite. Cosa fa il tecnico emiliano? Turnover selvaggio per risparmiare i titolari nel ritorno di giovedì in Bretagna. L’Inter ormai ha lo scudetto in tasca ma la panchina del Milan può reggere così tanti cambi? Il risultato dell’U-Power Stadium dovrebbe togliere qualsiasi dubbio. Senza Giroud, Leao e Pulisic i rossoneri sono tutt’altra squadra, per non parlare del fatto che Jovic ha fallito ovunque come prima punta. Azzardare poi il rientro di Thiaw da titolare proprio contro un Monza che ha giocatori tecnici e rapidi come Dany Mota e Colpani è roba da far invidia a Tafazzi. Aggiungi poi una prestazione anonima di Theo Hernandez e qualche sbavatura di Florenzi e la frittata è fatta. Se queste scelte sono la prima sconfitta di Pioli, le prestazioni di quei giocatori che avevano tenuto a galla il Diavolo sono un’altra mezza sconfitta.
Bennacer non ha ancora recuperato dalla Coppa d’Africa e, specialmente in copertura, lascia molto a desiderare. Adli rovina quanto di buono fatto vedere ultimamente mentre Loftus-Cheek ed Okafor sono irriconoscibili. Quando Chukwueze, che si sbatte sempre, finisce la benzina dopo neanche un tempo è evidente che l’approccio alla partita è stato disastroso. Il patatrac succede quando Jovic, uno cui il Milan deve parecchi punti, perde la testa dopo esser stato beccato per tutto il primo tempo e rifila una manata ad Izzo. Ed è qui che Pioli trova il modo di perdere un’altra volta, rimettendo in campo tutti i titolari, anche quel Leao che aveva avuto un problema al polpaccio nel riscaldamento. Se il lusitano non incide, Pulisic corre come se non ci fosse un domani, fornendo l’assist che l’immenso Giroud trasforma nella sua 12a rete stagionale e poi segnando il gol dell’insperato pareggio.
Invece di accendere un cero alla Madonna, il Milan si rovescia in avanti e viene infilato due volte nel recupero, prima grazie all’assist di un certo Daniel Maldini e poi all’imbarcata di Gabbia che si perde Colombo. Divorarsi il sorpasso alla Juve grazie a due giocatori che non hanno trovato spazio a Milanello. Se non è una sconfitta questa ditemi voi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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