Pirlo alla Sampdoria è già una storia di rivincite

Arriva alla guida dei blucerchiati dopo il rifiuto di Fabio Grosso. Tecnico e club devono ripristinare il credito smarrito: potrebbe essere l'alchimia perfetta

Pirlo alla Sampdoria è già una storia di rivincite
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Strani i giri del destino. Il 20 settembre 2020 Andrea Pirlo debuttava sulla panchina della Juventus dopo l'acceleratore emozionale estivo. Prima aveva detto che non avrebbe mai fatto l'allenatore, una volta appesi gli scarpini. Poi ci aveva ripensato, aveva conquistato il fatidico patentino e la Signora se l'era ingaggiato per l'Under 23. Il prematuro arrivederci con Sarri però lo costringeva a bruciare le tappe. E a strinarsi pure un po' lui, s'intende. Quel 20 settembre di quasi tre anni fa i bianconeri strapazzavano la Sampdoria: 3-0. Andrea, regista sontuoso in mezzo al campo, non avrebbe forse mai immaginato che nella sua sceneggiatura personale ci sarebbe stato quel blucerchiato scrutato all'incipit della carriera.

E invece eccoci qua. Fabio Grosso - un altro del giro buono, quella della nazionale del 2006 - rifiuta la proposta di Raddrizzani, l'uomo calato giù da Leeds per trarre in salvo il Doria. In pole pareva esserci l'effervescente Farioli, invece il Maestro ha nascosto il pallone con una finta vecchia scuola e le firme sono in corso. La sua, e quella della Samp che mesta e derelitta è scesa in purgatorio (e meno male che ha scansato un destino peggiore) è già una vicenda di rivincite. Di ripartenze.

La storia è nota. Se sei stato un abile centrocampista è più probabile che tu abbia sviluppato un arredamento mentale differente. Roba che ti consentirà di telecomandare dalla panchina. La casistica è affollata: Ancelotti, Guardiola e più recentemente Arteta, solo per estrarre i nomi più altisonanti dal mucchio. Però tra la teoria e l'applicazione spesso ci passano dei canyon. Pirlo aveva premuto in bacheca due trofei nell'unico anno da condottiero bianconero, pur senza mai dare l'impressione di poter comandare il gioco. La Champions afferrata faticosamente, dopo nove anni di scudetti, aveva convinto il club a salutarsi sul nascere. Alla Juve conta soltanto vincere, del resto. Non che successivamente sia andata meglio, anzi.

Subito, comunque, erano lievitate le critiche: "Non ha fatto la gavetta come quegli altri. Cosa si aspettava?". Certo, la classe campione del mondo in effetti aveva intrapreso strade differenti. Pippo Inzaghi, lo stesso Grosso, Gattuso, più ultimamente Gilardino e De Rossi. Tutti partiti dal basso. Tutti con la gavetta ad aprire la pista. Andrea ha compiuto il percorso inverso. Dai vertici del campionato nostrano al rivedibile Fatih Karagümrük, in Turchia. Un campionato, l'ultimo, passato a galleggiare a metà classifica. Poi la separazione, consensuale, ad una giornata dal termine.

Ora nel suo destino prossimo c'è inciso il blucerchiato. Dopo il groviglio di delusioni appena archiviate, la Samp cerca di riscattarsi. Troppo aureo il lignaggio per starsene a mollo in Serie B. Troppo tellurica la tristezza incamerata - dentro e fuori dal campo - per non sputarla tutta fuori, dandosi la spinta per risalire. Ora c'è una nuova proprietà per provarci. Ed un tecnico che con il pallone tra i piedi tesseva sogni tangibili.

Chissà se tutti i centrocampisti disinvolti diventano allenatori visionari. Chissà se le nobili decadute sanno districarsi in fretta dalla nuova condizione sociale.

Pirlo e la Sampdoria ce lo diranno subito dopo l'estate.

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