Carletto scava un solco lungo la linea laterale, meditabondo. I suoi stanno sotto, ma comunque la Juve non è riuscita a dilagare. Solo che adesso la partita è praticamente finita. Il Brescia continua a contendere palloni in mezzo al campo, ma i bianconeri sono assetati: sanno che soltanto vincendo si resta in scia alla formidabile Roma di Capello.
Per rimetterla in pari servirebbe un mezzo miracolo. Una di quelle provvidenziali botte del destino che poi, in realtà, mica nascono del tutto dal caso fortuito. Perché per riuscire a fare certe cose occorre prima pensarle, ma non è che basti socchiudere le palpebre. Il giochino non viene giù naturale a tutti. Deve essere inciso nel tuo corredo genetico. Che poi, impudentemente applicato al calcio, il concetto fa tutta la differenza possibile tra un onesto pedatore ed un inafferrabile fuoriclasse.
Certo, la vecchia dama che arranca dietro la lupa ne ha diversi sparsi per il campo. Quelli del Brescia, invece, sono anelli infilati alle dita di mezza mano. Mazzone li contempla mentre fluttuano per il campo. Magari si affida anche ad un gesto apotropaico, ma sa che la fortuna da sola non basta. Devi gettare il talento nell’impasto e poi agitare con vigore. Uno è un ragazzino rientrato alla base dopo un deludente prestito all’Inter. Se foste stati lì per vedere la faccia che ha fatto quando Carletto gli ha comunicato la notizia. Dicono che sia stata una delle rarissime volte in cui il viso si è contratto in una smorfia. “Senti regazzino, io ti abbasso. Per me sei regista, non trequartista”.
Anche perché più avanti ci deve giocare un tizio con il codino sventolante. Roby Baggio è arrivato quell’estate del 2001 alle rondinelle. Giunge quando il crepuscolo della sua carriera ha già iniziato a srotolarsi. Gli anni sono trentatré. Il morale a pezzi. Il rapporto con Marcello Lippi, all’Inter, lo ha logorato. Ne è uscito con i nervi consunti e senza un contratto.
Si fanno avanti dal Giappone, dove lo idolatrano al pari dell’imperatore. Lui però vuole restare in Italia. Ci prova il Napoli, ma non se ne fa di nulla. Sta per firmare con la Reggina quando lo viene a sapere Mazzone. Corre dal suo presidente per implorarlo di formulare un’offerta, poi lo chiama personalmente al telefono. Roby ci sta: l’empatia con il tecnico è la scintilla. Firma facendosi inserire una clausola apposita. Se Carletto se ne va, può fare le valigie anche lui.
Così sono lì, in questo giorno d’aprile di oltre vent’anni fa, che si scrutano a vicenda. Baggio ha tradito le attese a causa di una caterva di problemi fisici. Però il mister lo sa che se c’è qualcuno che può piegare e dirigere altrove un fato ostinato, quello è Roberto. Quattro minuti alla fine. La Juventus già pregusta una vittoria sudata. Contrasto furioso a centrocampo. La palla schizza tra i piedi di Pirlo. Quando Andrea alza la testa vede Baggio che già scorre dietro la linea dei difensori bianconeri.
Il lancio racchiude la precisione della chirurgia robotica e la lucida sfrontatezza connaturata ai geni. Pirlo ne fabbricherà in serie da lì in poi, ma essendo ancora una creatura primordiale fa un certo effetto riguardarlo. Palla esattamente lì, dove doveva arrivare. Il vero pezzo di magia però si consuma adesso. Perché Baggio riesce a far sembrare semplice una giocata con un coefficiente di difficoltà monumentale. Sfera in caduta libera, difensori bianconeri che rinculano disperatamente, il lunghissimo e sinuoso Edwin Van der Sar in uscita. Roby fa spallucce mentalmente. Surfa sopra uno tsunami di ostacoli. Stop al volo a seguire di destro per domare un oggetto di gomma imbizzarrito, e già qui sarebbe da alzarsi e smettere di seguire la serie A per il resto della stagione. Tanto una roba più bella non risuccede.
Ma un’azione miracolosa, si diceva, è collegata ad un pensiero profondo. Con quello stop direziona il pallone per prendere il tempo al portiere olandese. Quello si getta per terra - ed è altro quasi due metri - nel tentativo di afferrare il pallone. Baggio però ne ha fatto una propaggine. Lo salta in scioltezza e deposita in rete di sinistro.
Una pennellata che sbriciola il sogno tricolore della sua ex squadra. Un gesto talmente irreale da apparire uno scherzo, considerando che è pure il 1 di aprile. Ora Carletto ha i pugni levati contro il cielo. Forse ci ha messo un po’, ma Baggio ha risposto davvero a quella telefonata.
Segnerà altri sette gol prima della fine del campionato, issando il provinciale Brescia in zona Europa, a dare del tu a categorie inedite. Quella rete però resterà il frammento migliore della sua stagione. E, probabilmente, il gol manifesto di una carriera da dieci illuminato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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