Bella gente a casa Italia. Luciano Spalletti convoca Acerbi ma lo rimanda a casa per le note storie di insulti razzisti o sedicenti tali. E chi chiama al posto dell'interista? Mancini Gianluca, un gentiluomo che, concluso il derby romano con un feroce gol di testa, ha provveduto a celebrare la vittoria sventolando una bandiera biancazzurra della Lazio su cui stava disegnato un topo, effigie che riassume l'idea graziosa che i tifosi romanisti riservano ai loro rivali, usciti dalle fogne e in fuga frettolosa verso le stesse.
Dovrei dedurre che Dio li ha fatti e il calcio li accoppia, se non si tratta di parole screanzate è pur sempre roba canagliesca, in entrambi i casi sono poi arrivate le scuse, comode, puntuali e tartufesche. Non vedo, tuttavia, indignazione, raccolte di firme e appelli, se il colore della pelle provoca fastidi tra gli analfabeti o candide anime, come quella di Acerbi, la provocazione rozza appartiene allo stile di Mancini che debbo presumere non abbia tra i suoi riferimenti le opere di Steinbeck, il quale non gioca in nessuna squadra ma è stato l'autore di Uomini e topi.
La Federcalcio ha avviato la solita indagine, si prospetta una multa, forse una breve squalifica, poi tutto sarà dimenticato. Suggerirei al romanista la visione di un buon film: il ratto delle Sabine. Sia chiaro, gentile Mancini, ratto nel senso di rapimento.
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