La macchina imbocca distrattamente lo svincolo. In sottofondo la radio passa un pezzo orecchiabile: i quattro occupanti provano a intonare un paio di strofe, ma lo fanno a pezzi. Tanto comunque non li sentirebbe nessuno. Finestrini che si abbassano. Aria primaverile effervescente, che entra per ispezionare i corpi.
Nel parcheggio non c’è anima viva. L’unico non italiano dei quattro - infatti è francese - sfrega la patina che si è creata sul vetro dell’orologio per raccapezzarsi. Notte fonda. Stomaci gorgoglianti. Le luci al neon che si stagliano a pochi passi sono la risposta esatta alle giaculatorie forsennate di un gruppetto strambo. Due calciatori che ci sanno fare, visto che giocano in Serie A, peraltro nella Juve. La ragazza di uno di loro. Un fotografo che ha fame di Camogli, ma anche di scatti destinati a durare.
Tornello superato agile. Dentro risuona una musichetta incerta, di quelle che non sai se alzare il volume o prendere a martellate le casse. Comunque, anche in questo caso, non la sente praticamente nessuno. Alla cassa si erge una donna assonnata. Fluttua dietro il banco una collega, altrettanto provata da un turno estenuante. C’è ancora da fare però: i nostri, si diceva, stanno letteralmente svenendo dalla fame.
Sono fuggiti da un evento dell’Adidas che prevedeva un buffet, ma loro hanno preferito fare forca. A Milano avevano centinaia di pupille incollate addosso. Ora è diverso. In questo autogrill senza nome, sospeso a metà strada verso Torino, li scruta giusto la trama di mattonelle gialle e rosse che riveste le pareti appannate dalla condensa.
Anche se è molto tardi il rifornimento non manca. Forse qua non servono i flute di champagne che avrebbero potuto scolarsi alla premiere, ma comunque la coca cola con ghiaccio si difende bene e se la abbini ad un panino con la cotoletta magari vai a letto più sereno. Come quando sono in campo, Alessandro e Zinedine provano a suggerirsi a vicenda. Sonia, che poi sarebbe la compagna del primo, li contempla con aria divertita. Deve ammetterlo: è alquanto buffo osservare il numero dieci della Juve ed il suo amico fuoriclasse mentre pigolano su quel che l’altro dovrebbe ingurgitare. Anche il fotografo, che poi si chiamerebbe Gianni Giansanti, soppesa la scena. Lui però se ne sta più defilato, in cerca della traiettoria giusta.
Alla fine si trovano d’accordo. Margherita e bibita gelata. Alex getta le chiavi della macchina sul tavolino rotondo e divora il pasto con irrituale ferocia. La fame è fame, pensa lui. Quell’altro invece è più compassato, meditabondo: si lavora quella pizza gommosa quasi fosse una reliquia, maneggiandola con lo stesso ossequioso riserbo che dedica al pallone quando opta per un controllo orientato.
Anche Gianni ha già finito di ruminare. Infatti approfitta per fare qualche scatto. Senza avvisarli, cogliendo l’istante, che in fondo le cose più vere abitano proprio da queste parti. Del Piero, capello lungo e impomatato è voltato di spalle: sta baciando Sonia. Zidane, giubbotto di pelle e chierica incipiente, è ancora alle prese con la sua cena. Sullo sfondo si intravede una signora che addomestica la macchina del caffè. La macchina fotografica di Giansanti cattura un momento intriso di venature sapide. Non sarà Doisneau, certo, ma non ci va mica troppo lontano.
“La foto che amo di più”, vi risponde ancora oggi Del Piero se glielo chiedete. Mica un gol a giro o un assist prodigioso. No, quello scatto lì: un’amicizia sincera, l’amore totalizzante, pretese sconosciute, il tutto ancora da fare. Un contenitore tascabile di felicità.
Con le pance piene il gruppo si riavvia verso la macchina.
Volume di nuovo alzato, che c’è ancora strada da fare. Rannicchiato sul sedile posteriore Gianni tamburella benevolo sulla reflex. Come quando quei due fanno una delle loro giocate, pensa. Su quel rullino, ancora non ne è certo, ha inciso un pezzo di prestigio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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