Caos a Bologna, Merola: "Mi fumavo gli spinelli" E Prodi lo scarica subito

Pd in imbarazzo per l’ennesimo scivolone del candidato gaffeur: "Non è grave, fanno più male le sigarette"

Caos a Bologna, Merola: 
"Mi fumavo gli spinelli" 
E Prodi lo scarica subito

nostro inviato a Bologna

Il principe delle gaffe ha regalato l’ultima perla. Virginio Merola, candidato sindaco del centrosinistra, ha ammesso di aver fumato spinelli da ragazzo. «Me l’hanno offerto, come tutti negli Anni Settanta. Non è grave, fanno più male le sigarette». Si vede che funziona così sotto i portici della «Bologna busona» cantata da Francesco Guccini: il fumo garantisce la carriera politica. Anche Pier Ferdinando Casini fece una confessione analoga. Dev’essersene però dimenticato Stefano Aldrovandi, candidato centrista della coppia Casini-Fini, il quale ha ribattuto così all’avversario: «Chi lancia un messaggio indulgente sulla droga cosiddetta leggera lancia un messaggio di morte». L’altro civico moderato, Daniele Corticelli, ha proposto un test antidroga per tutti i candidati. Che metamorfosi per la città dei gaudenti.

Merola avanza verso il voto a furia di gaffe. Ieri, al dibattito organizzato dall’Unione industriali, ha annunciato che «Bologna deve riprendere i rapporti con l’estero, ricominciamo ad andare assieme nel mondo, noi politici e voi imprenditori»: peccato che il suo predecessore, Flavio Delbono, sia caduto proprio per le note spese irregolari nei numerosi viaggi in dolce compagnia. Giorni fa aveva detto di ricordare «un solo scudetto del Bologna, quello del 1964»: ma l’albo d’oro del calcio felsineo comprende altre sei vittorie tra il 1925 e il ’41. Pochi giorni prima si era augurato che il Bologna tornasse presto in serie A, campionato dove i rossoblù militano oggi. All’annuncio di voler risanare il bilancio aumentando le tasse alle società sportive sono saltati i nervi perfino al suo vice in pectore, Maurizio Cevenini, uno che è diventato popolare celebrando i matrimoni civili e facendosi vedere ogni domenica in tribuna allo stadio Dall’Ara.

Quella che gli elettori di sinistra non perdoneranno a Merola è invece la gaffe sull’anniversario della Liberazione di Bologna, cerimonia snobbata dal candidato che vorrebbe incamerare i voti partigiani. Quel giorno c’era un solo aspirante sindaco sotto i tricolori e i gonfaloni dell’Anpi: il leghista Manes Bernardini. Che infatti sta recuperando posizioni in tutti i sondaggi. Ieri pomeriggio la Coldiretti di Bologna ed Emilia-Romagna ha preso le misure al giovane avvocato leghista. «Ti faccio l’elenco della spesa per quando sarai sindaco», gli ha detto Gianluca Lelli, direttore per niente superstizioso dell’associazione. Manes il padano non si è scomposto e si è messo a prendere appunti.

Un leghista sindaco di Bologna: dieci anni fa era fantascienza, ora è una possibilità tutt’altro che remota. Senz’altro non subito, ma al ballottaggio di fine mese. Sotto i portici tira un’aria mai sentita, nemmeno quando Guazzaloca interruppe quarant’anni di amministrazione comunista. Il quarantenne figlio di agricoltori di Porretta scesi a valle per lavorare in fabbrica ce la può fare. In città nessuno si meraviglia. E nella federazione del Pd lo sanno bene, perché tengono Merola a briglia stretta.

Nemmeno Romano Prodi si degna di fare campagna elettorale. Alle primarie la moglie Flavia tirò la volata ad Amelia Frascaroli, candidata di Nichi Vendola. Ieri l’ex premier ha mandato una lettera tutt’altro che lusinghiera a Merola. «Non ho mai cessato il tifo per il centrosinistra e il Pd», scrive: tifo per il partito, non per il candidato. A favore del quale non muoverà un dito, al punto da non partecipare alla chiusura della campagna elettorale perché la sua «vita vagabonda» lo tiene lontano da Bologna.

Il leghista, viceversa, ha incassato l’appoggio dell’urbanista Pierluigi Cervellati, la prima «archistar» del Pci, assessore del sindaco Dozza negli Anni 60 e 70, e del politologo Gianfranco Pasquino: «Non fossi un uomo di sinistra lo voterei», ha dichiarato dopo il comizio di domenica con Bossi e Tremonti. Bernardini sa di potersi giocare la partita. La sua agenda non prevede pause: ieri due conferenze stampa con membri del governo (ministro Matteoli e sottosegretario Craxi), incontri con coltivatori diretti e imprenditori, interviste a radio e tv, la mattinata tra la gente di via dei Mille, la sera al concerto del sindacato Sap, nei ritagli di tempo alla Casa del sindaco (così ha battezzato la sua sede elettorale).

Porta la camicia sbottonata come il veronese Tosi, non si scalda, evita le sparate dei leghisti prima maniera anche se prese la tessera

nordista oltre vent’anni fa. Nel suo programma c’è pure un capitolo ecologista. Che tornerà buono quando, al probabile ballottaggio, bisognerà conquistarsi i voti dei «grillini» che in Emilia-Romagna si preparano a un exploit.

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