
Il mistero del diamante da 3,5 milioni di euro, sparito da un anello eccellente, rimane un mistero. La Procura infatti, dopo due anni di indagini, ha dovuto rinunciare a capire che fine abbia fatto la pietra preziosa che era di proprietà di Violetta Caprotti, seconda figlia di prime nozze di Bernardo, il patron di Esselunga morto nel 2016. Troppo scarse infatti le informazioni a disposizione sulla storia del gioiello.
In sostanza, quando l'anello in platino è arrivato da Cartier, con cui Violetta Caprotti aveva aperto un contenzioso, il diamante era già stato sostituito con un volgare zircone, in apparenza identico alla gemma originale ma di valore neppure paragonabile. Non si sa da chi né da quanto tempo. «Deve ritenersi, come unica ipotesi concretamente sostenibile, che il diamante sia stato asportato e sostituito da persone ignote, verosimilmente in occasione di un intervento di modifica della montatura richiesto dalla stessa Violetta Caprotti», scrive il pm Maura Ripamonti nel chiedere l'archiviazione del caso. Lo riporta l'agenzia Ansa. L'inchiesta della Procura era venuta alla luce nel gennaio del 2023. La denuncia della sostituzione della pietra, e quindi del furto, era partita appunto dalla proprietaria dell'anello, che pare lo avesse ricevuto in regalo dal padre. Tutto è emerso quando la donna, oggi 62enne, ha portato il diamante incastonato nell'anello per far pulire la pietra nella gioielleria dove era stato acquistato in origine. In quell'occasione i responsabili della boutique hanno contattato la cliente nel momento in cui gli esperti hanno cominciato il lavoro sul gioiello. E l'hanno avvisata che la pietra risultava falsa, era cioè uno zircone. L'indagine è nata proprio dalla disputa tra Violetta Caprotti e il rivenditore, che ha sempre sostenuto che il diamante era arrivato in negozio già falso.
Una versione che i pm ritengono credibile. «Non è stato possibile accertare - scrivono - nella richiesta al gip di chiudere il caso - chi e quando abbia eseguito l'intervento di sostituzione della pietra originaria con quella falsa, né chi e quando abbia proceduto all'allargamento del gambo, operando peraltro con scarsa perizia». Qualcun altro dunque, in un momento precedente alla scoperta del falso, è intervenuto sull'anello sostituendo la pietra e intascandosela e allargando anche la fascia (il gambo) dell'anello stesso.
Conclude la Procura: «L'assenza di ogni ulteriore dettaglio in proposito, che la Caprotti non è risultata in grado di fornire, impedisce ogni utile indagine finalizzata all'identificazione dei responsabili ed al rintraccio della preziosa gemma». Violetta Caprotti più di due anni fa era stata sentita come teste nelle indagini coordinate dal pm Ripamonti e dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco. Non aveva però saputo chiarire il mistero nel mistero: se fosse stata lei (e chi sennò?) a commissionare a terzi (ma a chi?) l'allargamento dell'anello.
Gli inquirenti sono convinti che solo partendo da lì sarebbe possibile ritrovare il diamante milionario. Ora starà al gip chiudere definitivamente il caso oppure, magari su opposizione dei legali di Caprotti, riaprire il giallo.
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