La politica si accorge sempre troppo tardi, di quanto accade. Occupata com’è tutta dalle contingenze del potere, sia esso di sinistra o di destra, quasi mai ce la fa a pensare idee che durino più dei cinque minuti della lite in tv, o sui giornali. La qual cosa, si sia onesti, riguarda tutti, non solo il povero Prodi. È mancato infatti alla destra un ancorarsi a liberismi più coerenti come quelli di Hayek o al pensiero libertario e solidale. E troppo spesso è difettata la coerenza all’evolversi dei fatti. Un esempio? Il rapporto tra lavoratori dipendenti e indipendenti è cresciuto per due decenni. Evidenza almeno d’un evolvere che riavvicinava l’Italia alle proporzioni più elevate di Germania, Francia e la distaccava dal Mediterraneo. Eppure Forza Italia proprio al culmine di questo processo ha mitizzato la partita Iva. Altro esempio: le regioni erano esperimento che proprio tutti agli inizi degli anni Novanta giudicavano fallito. E che inventa la Lega? Dalla sana ipotesi di un’Italia confederata si converte al regionalismo. E permette al centro sinistra di resuscitare un cadavere amministrativo che tassa e confonde le competenze.
Ancora, mentre il nostro debito e la globalizzazione rendono impossibile che lo stato prosegua a spendere come prima, che ti fa Alleanza nazionale? Incarna il partito della spesa sociale. Niente di male; se il sociale, con un sussulto nostalgico, non venisse identificato dal partito di Fini con la redistribuzione statale. Inoltre ci si potrebbe chiedere perché si sia regalato un tema conservatore come l’ecologismo alle brame venali della sinistra. Sarebbe il caso di iniziare a parlarne negli anni dolenti, di governi prodiani e confindustriali, che ci attendono.
Per parte mia giudico vi sia stata da parte del centrodestra un difetto di radicalità e coerenza. Per esempio ci occorreva aumentare la produttività, non l’occupazione. Il che per logica richiedeva anche di limitare gli immigrati. Invece si è fatto l’opposto. Si è aumentata sì l’occupazione, ma senza crescita di produttività e senza ostacolare inoltre le pressioni al ribasso dei salari. La destra ha smarrito quello che doveva essere il suo compito principale: l’attenzione pratica al particolare, ai nessi solidali concreti, funzionali, non inquinati da ideologismi.
Altra riprova del cedimento alle convenzioni o comunque di timidezza: l’euro. Era evidente dal suo primo inizio che esso era moneta innaturale, retta da regole inventate da alcuni dottrinari. E non solo le regole di Maastricht, anche le gesta della Bce lo hanno confermato: con una politica espansiva si è assecondato anche in Europa un rincaro degli immobili e dei patrimoni. Tanto più dolente in quanto al contempo l’euro scoraggiava la crescita e quindi diminuiva il valore relativo dei redditi da lavoro. E intanto il carrozzone di Bruxelles sprecava le nostre tasse e inventava costituzioni finte. Ma come s’è potuto assecondarlo? Urge una Ue minimizzata, alla quale togliere soldi e poteri. Sempre più è stata pessima creatrice di burocrazie, sprechi e fughe in avanti dottrinarie.
Anche perché è il rifiuto di ogni costruttivismo ideologico che dovrebbe differenziare la destra dalla sinistra. La società non fa salti insegnava Von Hayek: ecco l’essenza del liberismo migliore. Esso non richiede di compiere società multiculturali o importare sempre più arabi e africani. Neppure prevedeva la moneta unica, anzi richiedeva più monete in concorrenza tra cui si potesse scegliere. Tanto meno ora poi prevederebbe uno stato unico in Europa, velleità di ideologi inadeguati all’altezze di giganti come Hayek o Carl Schmitt. Invece Miglio li aveva studiati. E perciò una destra seria, al Sud e al Nord dovrebbe ripensare alla sua idea di una Italia confederata. Altro che riscaldare quegli zombi resuscitati che sono le regioni. La riforma di Miglio temo sia il solo choc per far rinascere una struttura statale efficace in cui lo spirito della nazione possa rinnovarsi e sopravvivere ai terribili mutamenti in atto.
E inoltre come può una destra tollerare la perdita di senso e di funzione propria della cultura presente. Dc degenerati hanno lasciato che per vari lustri i comunisti rovinassero scuola ed università, le plasmassero alle urgenze occupazionali e ideali dei peggiori. Risultato: il collasso dell’università che non è un difetto di fondi, ma è riferibile alla leva pessima e sempre peggiore di insegnanti. Cinema, maestre elementari, teatri, musei, ovunque del resto si è corrotto il meglio dell’Italia, dato in pasto a clientele presuntuose. A esse bisogna togliere i soldi. Fondazioni, associazioni, unioni dovrebbero loro preoccuparsi di mantenere pubbliche, per i meritevoli, istruzione e cultura. Sottrarre la cultura ai condomini statali e alle varie menzogne ideologiche che coi soldi delle tasse vi si perpetuano: ecco quanto di meglio si sarebbe potuto fare e si dovrà fare.
Né meno importante sarebbe stato e dovrà essere in futuro, ribadire la differenza di funzioni tra stato ed economia. Che si badi, non implica il diritto del più ricco a prevaricare, ma anzi a rigore richiederebbe la costruzione di solidarietà coscienti e volute, come le reclamavano l’anarchico Malatesta o Adriano Olivetti. Si pensi solo all’Inps. Ma quanto è folle ed iniquo che non si smembri in tante mutue diverse? La solidarietà sarebbe affidata al loro libero articolarsi, che impedirebbe ad alcune categorie di prevaricare, lucrare anni di pensioni pagati di altri. Allora sì potrebbero soccorrersi gli umili veri, ma con un sistema finalmente autoregolato, senza stato.
Insomma una destra fedele ai propri moventi potrebbe tanto più spiazzare la sinistra sui temi che essa ritiene suoi esclusivi, ma tradisce. Mutualismo, solidarietà, sussidiarietà, comunità: e queste scelte sono la sola protezione dalla standardizzazione di tutto, che la sinistra invece cavalca. E si pensi a quanto le idee di Rudolf Steiner sulla distinzione tra economia, cultura e stato sarebbero utili a riguardo. Ma siamo arrivati alla fine: al Mito, sintesi subito afferrabile che una parte politica deve possedere. Certamente un governo di comunisti falliti e piccoli affari confindustriali aiuta l’opposizione, e Berlusconi vincerebbe, se cadesse a breve il governo. Ma può l’ascendente personale, la sua simpatia, surrogare il difetto di visione d’assieme di una coalizione? L’anticomunismo basta per rivincere le elezioni; per governare e rifare la nazione urge invece un apparato mitico, alla Sorel. Esso potrebbe centrarsi proprio sul nostro individualismo, sui municipi, e quell’agire italianissimo ch’è solidale solo nel particolare.
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