Gli etruschi, che dominavano questa invidiabile posizione strategica che si arroccava a ridosso dei monti Cimini come un naturale e formidabile avamposto, furono costretti ad abbandonarla per la ormai inarrestabile avanzata delle quadrate legioni romane. Siamo, allincirca, attorno al IV secolo a. C. e linvasione di Roma era decisa ad espandersi oltre i confini dellEtruria e, quindi, conquistare quel presidio, che era Carbognano e che mai avrebbe potuto rappresentare lultimo baluardo posto a presidio degli ultimi bagliori di una civiltà destinata, poco più tardi, a essere assorbita dalla incipiente avanzata delle truppe di Roma che, intanto, avevano già conquistato tutto il territorio circostante. Almeno quella parte che si stendeva oltre la Selva Cimina. Ma, questa piccola pagina di storia liviana poco vale a spiegare le origini di un toponimo che sono, ancora oggetto di diverse interpretazioni. Cè chi sostiene che, il toponimo, va assimilato dal termine Janus (Giano). Un termine, tra laltro, comune a molti altri paesi dei dintorni. Non pochi cronisti del luogo opinano, invece che il toponimo di Carbognano derivi dalle «carbonaie» che animavano la vita dei fitti boschi del circondario o, i più arditi, opinano che il nome del paese discenda dallesistenza, in loco, di una villa di proprietà di una famiglia romana: quella dei Carbones. Il paese entra ufficialmente nella storia quando appare, per la prima volta, nell817, nel Regesto farfense dove è menzionato un fundum Carbonianum di proprietà dellAbbazia di Farfa. Poi, la sua cronaca politica e civile, segue le sorti collegate al trono di San Pietro, del suo castello.
Da vedere. Il monumento più raccomandato è la Rocca di Carbognano, disegnata nel 1254 ma definitivamente sistemata da Giulia Farnese, sorella del pontefice Paolo III. Questa, amante di papa Alessandro VI, il Borgia, lebbe in dono e ne fece lalcova dei suoi amori clandestini che preferivano i rudi e robusti villici del luogo i quali, però, dopo una notte damore, pagavano lo spasso con la morte. Oggi, di questo boccaccesco nido damore, restano 4 stanze: quella dei «Cacciatori» e quella, appunto, della «Bella» Giulia Farnese. La quale, tuttavia, non mancò di intervenire sullassetto urbanistico del piccolo abitato: fece costruire la chiesa di Santa Maria. Successivamente il castello passò agli Orsini, ai della Rovere e ai Colonna. Restano a parte le tre spighe doro che appaiono nello stemma del comune e che ricordano un miracolo di SantEntizio, patrono del paese, che trasformò le aride zolle di un bifolco in un campo di grano «aggirando» lostinazione dei buoi che si rifiutavano di tirare laratro. Esiste, poi, la chiesa di San Filippo Neri, a ricordare il giorno in cui, questo straordinario prete di Roma apparve in sella a un cavallo bianco, con in mano una spada per salvare il paese dallassalto di soldataglie in cerca di saccheggi e bottini.
Da mangiare e da bere. La particolare conformazione del territorio comunale di Carbognano, caratterizzato da boschi di castagni e da verdi macchie di noccioli hanno dato allattività agricola della zona una impronta quasi esclusivamente semi-pastorale. Che è rimasta intatta, nonostante il forte richiamo operaio della vicina capitale. In pratica, nella cucina locale prevalgono vasellami e pignatte di coccio per le più varie combinazioni che vanno dalle squisite minestre asciutte alle lasagne pregne di sapori che sanno di sottobosco e sovrabosco.
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