Ucciso in carcere dal compagno di cella dopo un litigio per motivi banali. È successo venerdì sera nel carcere di Opera. La vittima è Antonio Magrini, 68 anni compiuti da poco, pugliese di Bari che stava scontando una condanna per spaccio di droga. Ad ammazzarlo è stato Domenico «Mimmo» Massari, un 59enne anche lui di origini baresi e che sta scontando l'ergastolo. Dopo averlo colpito alla testa con il bastone di una scopa, Massari avrebbe strangolato Magrini utilizzando la cintura di un accappatoio.
In base a quanto ricostruito, l'aggressione sarebbe avvenuta intorno alle 22.30, circa due ore dopo la chiusura delle celle, al culmine della futile discussione tra i due detenuti che convivevano da quattro mesi; si sarebbe trattato di una lite riguardante la condivisione degli spazi detentivi nella sezione «stato di trattamento avanzato». In passato non c'erano mai stati vecchi interventi degli agenti né segnalazioni di incompatibilità da parte di uno dei due.
Massari era stato condannato all'ergastolo nel maggio del 2020 per l'omicidio della ex compagna Deborah Ballesio, la 40enne uccisa a luglio del 2019 con sei colpi di pistola mentre cantava ai bagni Aquario di Savona, in Liguria. Il killer - che nel suo raid aveva ferito anche una bimba - si era costituito dopo 24 ore di caccia all'uomo, presentandosi al carcere di Sanremo. A processo aveva poi spiegato di aver ammazzato la donna perché - a suo dire - gli aveva rubato dei soldi. Lui stesso anni prima aveva dato fuoco al night che aveva aperto proprio insieme alla ex.
«Ogni giorno la polizia penitenziaria deve confrontarsi con i gravi problemi che affliggono il sistema penitenziario italiano. Il sovraffollamento, unito alla carenza di agenti, personale medico, educatori e assistenti sociali, hanno determinato un ambiente estremamente difficile e pericoloso per tutte le persone detenute e per il personale che vi lavora. È urgente che l'amministrazione penitenziaria e il governo prendano seri provvedimenti per affrontare e risolvere queste criticità» l'appello di Calogero Lo Presto, coordinatore regionale di Fp Cgil polizia penitenziaria.
Contro la «carenza di personale» si scaglia anche Filippo Di Martino, sempre della Fp Cgil. «La situazione è così da quando la medicina carceraria è stata tolta dagli istituti.
Noi siamo quelli che con i detenuti ci convivono, ma il rapporto tra agenti, educatori, psichiatri e carcerati è troppo basso». Su circa 1.500 detenuti, infatti, nel penitenziario ci sono una ventina di educatori e troppi pochi agenti: e «così è impossibile controllarli».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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