di Aristofane, che di commedie se ne intende, diceva: «La patria è lì dove si prospera». Così sotto il cielo berlusconiano erano in tanti a sentire lItalia matrigna e a sognare nuove patrie in cui tornare a prosperare. Per questo ogni offesa doltralpe, ogni fiato velenoso della stampa estera, ogni alzata di sopracciglio dei leader europei contro lItalia erano accolti con sollievo e immediatamente ribaltati contro il Caimano. «Ecco, vedete? - dicevano in coro le opposizioni e la grande stampa, non siamo soli a dirlo: questo Paese fa ridere». Poco importava se limmagine dellItalia ne usciva irrimediabilmente sfigurata, se non cera più nessuno a difenderne verità e onore.
Persino Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, che al loro esordio, per la sinistra, erano gli spauracchi di unEuropa capitalista e anti-sociale, si sono trasformati in alleati preziosi nella guerra dodio contro Berlusconi e contro il Paese da lui governato. Le loro risatine in diretta si sono trasformate nellinno alla finis italie. I politici di opposizione invece di gridare alloltraggio sorridevano compiaciuti e invece di ribellarsi per laffronto fremevano dalla voglia di espiare, sottomettendosi a qualsiasi richiesta dellasse. Persino Gianfranco Fini, il quale dovrebbe avere i geni del patriottismo iscritti nel suo dna, dopo lexploit di Merkozy, gongolava in tivù: «Cè un direttorio franco-tedesco e noi ne siamo fuori perché la credibilità dellItalia è sottozero».
Altro che right or wrong its my country, come dicono in America, dove se le danno di santa ragione in patria, ma se dallestero qualcuno si azzarda a offendere la bandiera a stelle e strisce diventa un nemico per tutti. Gli ultimi due anni hanno dimostrato che in Italia era meglio vedere affondare la patria se con essa se ne andava giù anche Berlusconi e tutta la sua gente. «Giusto o sbagliato non è la mia patria» è stato il grido di guerra fino a ieri.
Poi tutto è cambiato. Non appena Silvio Berlusconi si è incamminato verso luscita di scena, si è capito che in Italia gli anti-berlusconiani di ogni risma e di ogni ora sarebbero presto tornati a «prosperare»: ed ecco lItalia tornare una patria che vale difendere. Ha aperto le danze patriottiche il Corriere della Sera prendendo di petto quello stesso Sarkozy che fino a pochi giorni fa veniva ascoltato come un oracolo. «Ma Sarkozy per favore resti a casa» titolava ieri il quotidiano di via Solferino. Una specie di Yankee go home in salsa francese, una virata addirittura eccessiva, per il solo fatto che linquilino dellEliseo aveva espresso il suo sostegno allinvestitura di Mario Monti.
Pier Ferdinando Casini che è un sensibilissimo rilevatore dellaria che tira, si è subito schierato in modo un po rodomontesco sul nuovo fronte patriottico: «Leggo che Sarkozy sarebbe disponibile a venire in Italia, ma non abbiamo bisogno di lui. Non siamo a sovranità limitata. La Francia ha tanti problemi, si occupi di quelli».
Eppure, appena qualche giorno fa, il presidente francese aveva fatto questa candida osservazione: «Madame Merkel è responsabile della Germania ed io della Francia, ma ci troviamo a dover prendere decisioni in favore di paesi per i quali non siamo stati eletti». La sovranità era già limitata, ma per Sarkozy era ancora tempo di applausi. Ora che Berlusconi è stato bruscamente proiettato fuori scena - anche con accenti e comportamenti obiettivamente maramaldeschi - si può tornare a onorare e amare la patria.
A Napolitano sarà chiesto di non intrattenersi più troppo a lungo al telefono con Obama o con la Merkel, alla stampa straniera verrà fatto un corso di buone maniere e ogni volta che i professor Monti attraverserà la città ai cittadini verranno distribuite bandierine tricolori da sventolare. Viva lItalia!
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