Roberto Scafuri
da Roma
Dalle unioni di fatto alla laicità dello Stato. Era inevitabile, forse, che la vicenda dei Pacs assumesse un rilievo superiore alla portata effettiva di un provvedimento per regolarizzare le libere convivenze tra cittadini. Le divisioni allinterno dellUnione hanno aperto la strada e oggi, dopo lintervento del cardinale Ruini, il Vaticano non esita a evocare un ricorso al referendum in caso di legge sui Pacs, mentre lArcigay minaccia la ritorsione di una consultazione popolare contro l«otto per mille». Il presidente della Repubblica ricorda la presa di Porta Pia e negli ambienti della sinistra si fa strada lidea di una grande manifestazione «contro Ruini», lanciata ieri in prima pagina dal quotidiano di Rifondazione, Liberazione, assieme allencomio di un De Gasperi «che seppe dire di no a papa Pacelli, quando propose lalleanza tra Dc e fascisti del Msi, appoggiata persino dal suo grande amico don Sturzo».
È in pericolo la laicità dello Stato? Il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, intervistato ieri sera dal Tg1, lo nega. Si dichiara preoccupato, piuttosto, dall«intolleranza contro le gerarchie ecclesiastiche». «Io vedo la laicità dello Stato - dice - come un comune denominatore di tutti gli italiani. Ma vorrei distinguere lo Stato laico, che rispetta lautonomia delle Istituzioni pubbliche e di quelle private, e lo Stato laicista. Nello Stato laicista non cè spazio né per Dio né per la religione, né per i crocefissi, né per il velo delle ragazze islamiche». A Casini, naturalmente, lo Stato laicista «non piace». Eppure lo scontro laici-cattolici viene rinfocolato ogni qual volta le gerarchie ecclesiastiche esprimono le proprie opinioni. Critiche che - racconta il dielle Castagnetti - Romano Prodi «non concepisce e per le quali non dorme la notte». Casini fa di più. Non vede «rischi» di ritorno a quella frattura profonda che segnò lUnità dItalia, ma piuttosto una «preoccupante intolleranza quando parlano le gerarchie ecclesiastiche». La nostra società laica, spiega ancora il presidente della Camera, «è fondata sul concetto di libertà per tutti di parlare, anche per gli uomini di Chiesa. Poi un uomo politico, nellautonomia delle sue scelte, farà quello che ritiene opportuno. Ma non vedo perché ci deve essere unindignazione. Si vuole che la Chiesa dia meno fastidio possibile e che, possibilmente, stia zitta». Libera la Chiesa di parlare, libero lo Stato di non eseguire. Considerando però anche la particolare posizione della Città del Vaticano nei confronti della storia italiana, qualcuno rimpiange il ruolo di «cerniera» svolto dalla Dc. Una nostalgia non condivisa: «Oggi non cè più la Dc - dice Casini -, ma forse questo è un elemento che consente anche alle gerarchie ecclesiastiche di parlare a tutto il Paese, senza distinzioni. E questa è una grande ricchezza per tutti». Dunque, il paradosso di una difesa laica della Cei, che non entra neppure largomento Pacs. Sul quale, rivela il ds Grillini, il presidente della Camera avrebbe espresso disponibilità «a parlarne» e persino un «accordo di fondo».
Resta intanto massima la confusione nel centrosinistra. Dopo la segreteria dei Ds svoltasi ieri mattina, la Quercia rivolge a Rutelli un invito a «tirar fuori altre proposte», mentre sulle «interferenze» del Vaticano cè ancora imbarazzo. Antonio Di Pietro attacca Ruini: «Prosegua nel guidare il suo gregge e non il Parlamento. La proposta di convocare un referendum (evocata dal segretario di Stato, Sodano, ndr)è fuori luogo», dice.
Secondo lex Pm la Chiesa «ha tutto il diritto di parlare, ma i sacerdoti e i monsignori non debbono entrare nelle decisioni della Res publica e pretendere di stare in Parlamento senza essere democraticamente eletti». I Pacs invece servono, eccome, per «riempire un vuoto giuridico sui diritti fondamentali», sostiene Di Pietro in sintonia con la maggioranza dellUnione. Lala più radicale, invece, comincia a mobilitarsi per un grande raduno, un «Pacs-pride» o un «San Valentino anticipato», come propone il quotidiano Liberazione. «Lidea non è originale, ma sembra proprio saggia», scrive lorgano ufficiale di Prc, che ha interpellato, tra gli altri, anche lo scrittore Antonio Trabucchi. «Che cosa direbbe il cardinal Ruini se le istituzioni italiane cominciassero a dissertare sul celibato ecclesiastico?», chiede provocatoriamente Trabucchi, tra i primi ad assicurare la propria partecipazione.
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