Roma - I reality show? Sono pensati per
"scatenare la rissa verbale"pertanto essere apostrofati con una
offesa in quel contesto non è reato. Nemmeno se l’epiteto offensivo
viene replicato fuori dal programma data la "naturale tendenza del
pubblico all’imitazione di quanto apparso in televisione". Parola di
Cassazione che, pur non rinunciando a ritenere che in questo format
televisivo il "contrasto verbale" sia diventato "uno schema oggi
abusato", ha assolto dal reato di diffamazione un naufrago che
partecipò al primo reality show trasmesso nel nostro paese da Italia
1, "Survivor", e che apostrofò con l’epiteto "pedofilo" un altro
concorrente perchè copriva di attenzione una naufraga "molto più
giovane di lui".
"Uso scherzoso della parola pedofilo" In proposito la Suprema Corte (V sezione penale, sentenza
37105), si è allineata al giudizio della Corte d’Appello della
Capitale che aveva osservato che "l’uso della parola "pedofilo" era
stato scherzoso, come evidenziato anche dal fatto che" il naufrago non
famoso Samuele S. "aveva inteso riferirsi alle attenzioni rivolte da
Franco M. ad una donna molto più giovane di lui, ma pur sempre
adulta". Il fatto è che quando il reality è finito il naufrago
continuava ad essere sfottuto con quell’epiteto anche a casa, dagli
amici. Per questo si era sentito diffamato.
Per Piazza Cavour anche i "pesanti sfottò subiti" sono
conseguenza "della notorietà volontariamente acquisita dal naufrago
con la partecipazione a quella trasmissione televisiva" che porta una "naturale tendenza del pubblico all’imitazione di quanto apparso in
televisione".
Una lunga querelle Contro l’assoluzione accordata a Samuele S. sia
dal Tribunale di Rieti che dalla Corte d’Appello della Capitale (23
giugno 2008), Franco M. si è difeso in Cassazione sostenendo di
essersi sentito diffamato e ridicolizzato anche dopo l’episodio
teletrasmesso. Piazza Cavour ha respinto il suo ricorso e allineandosi
al giudizio della corte di merito, ha fatto proprie le motivazioni dei
giudici del precedente grado che hanno evidenziato come la
caratteristica del reality show sia "quella di sollecitare il
contrasto verbale tra i partecipanti, secondo uno schema oggi abusato,
ma che anche a quell’epoca non poteva sfuggire ai soggetti
direttamente coinvolti".
Programma registrato Giusta, dunque, la conclusione della corte di merito secondo la
quale "l’uso della parola pedofilo era stato scherzoso come
evidenziato anche dal fatto che Samuele S. aveva inteso riferirsi alle
attenzioni rivolte da Franco M. ad una donna molto più giovane di
lui".
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