Castro salta compleanno e festa della rivoluzione

Nessuna notizia del fratello Raul, 75 anni, alla guida temporanea del Paese. Forse già iniziata all’Avana la transizione del potere

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Fidel non si è visto, e non è stata veramente una sorpresa. Però non si è visto neppure Raul, e questo sì fa aggrottare le ciglia agli osservatori, da vicino e da lontano, del regime cubano entrato innegabilmente in una fase di trasformazione e crisi. I fratelli Castro continuano nominalmente ad essere i padroni dell’isola, l’uno come titolare, l’altro come supplente durante la malattia del primo. Di solito se uno dei due manca, è presente l’altro. Non è accaduto, stavolta, alla solenne cerimonia che ha dato inizio alle celebrazioni del 50° anniversario dell’inizio della rivoluzione castrista (2 dicembre) con cui sono stati fatti coincidere i festeggiamenti per l’80° compleanno del Líder Maximo, slittati per ragioni di salute dalla data in calendario per il 13 agosto.
Saranno cinque giorni di solennità, che si sono inaugurati martedì sera con un avvenimento culturale e mondano: il «Gran Gala» al teatro Karl Marx dell’Avana, organizzato dalla «Fundacion Guayasamín», una «associazione artistica» che prende il nome da Oswaldo Guayasamín, un pittore «rivoluzionario» ecuadoriano scomparso da pochi anni. I festeggiamenti comprendono concerti di «trovatori latinoamericani», una mostra che include quattro ritratti di Fidel e una «tavola rotonda» sulla «personalità del Líder de la Revolución, che la Fondazione Guayasamín definisce «un Gesù Cristo del XXI secolo, carico di tutte le ansie e di tutti i dolori dell’America Latina e del Terzo mondo».
Questi omaggi Castro ha potuto guardarseli soltanto alla televisione, così come i 1.600 invitati (tra cui Danielle Mitterrand, i due Premi Nobel per la Pace, la guatemalteca Rigoberta Menchú, e l’argentino Adolfo Perez Esquivel, e quello per la Letteratura, il colombiano Gabriel García Márquez) si sono dovuti accontentare di un suo messaggio, letto da un portavoce: «Nel rivolgermi a personalità prestigiose del mondo come voi, mi sono trovato di fronte a un dilemma. Non potevo riunirvi in un piccolo locale perché siete troppi, ma i medici mi hanno detto che non sono in condizione di partecipare a un raduno numeroso. Dunque, ho optato per parlarvi a tutti in questo modo».
Fidel non compare in pubblico dal 31 luglio, quando annunciò di avere delegato «provvisoriamente» i suoi poteri a Raul, rendendo noto di aver subito un intervento chirurgico. Ufficialmente si sa solo che si tratta di un’emorragia intestinale, ma non ci sono precisazioni né diagnosi, anche se i servizi segreti Usa ritengono di aver scoperto che Castro ha un cancro allo stato terminale, è inguaribile e probabilmente morirà entro il 2007. Da allora egli è comparso brevemente un paio di volte in televisione e in fotografia, come in occasione della visita in ospedale del presidente venezuelano Hugo Chavez. L’ultima volta lo si è visto alcuni giorni fa muovere qualche passo appoggiato a un bastone, emaciato e sofferente.
Il messaggio di Castro è stato sorprendentemente dedicato in gran parte a temi ecologici, sia pure in toni polemici nei riguardi delle nazioni industrializzate, e in particolare degli Stati Uniti, e si è concluso con la predizione che «gli americani probabilmente non consentiranno a George Bush di completare il suo mandato alla Casa Bianca».
Ma il vero interrogativo, come si è detto, è l’assenza di Raul Castro, che a sua volta non si fa vedere in pubblico dal 2 novembre. Neppure il «fratello minore» è molto giovane con i suoi 75 anni, e infatti aveva annunciato già nel momento di prendere le redini che intende essere in un certo senso un uomo di transizione perché «la leadership di Fidel è troppo grande per poter essere trasferita a un’unica persona. È in grado di farlo solo un’istituzione, e questa è il partito comunista, che rappresenta l’avanguardia rivoluzionaria».
La Cuba dell’immediato dopo-Castro sembra destinata, dunque, ad essere affidata a una Guida collettiva, come accadde in Unione Sovietica alla scomparsa di Stalin e prima che i gerarchi eredi cominciassero a eliminarsi fra loro. Per il momento il gruppo sembra concorde, anche se comprende alcuni sopravvissuti della guerriglia sulla Sierra assieme a Fidel e al Che Guevara (Carlos Lage, attualmente vicepresidente, José Ramon Machado, José Ramon Balaguer) e una consorteria di giovani, a quanto pare allevati da Raul, come Felipe Perez Roque, definiti «la giovane guardia» o «la tribù che addolcisce a Fidel l’autunno della sua vita». In realtà sembra trattarsi di un gruppo di funzionari di partito del genere che nell’Urss si chiamava Apparatchik.
I Figli della Rivoluzione (quelli, naturalmente, che la Rivoluzione non ha «divorato»), dunque, si apprestano a prendere il posto dei Padri. L’organigramma potrà presentarsi più chiaramente in pubblico nella cerimonia di chiusura del cinquantenario della presa del potere. Il «gran finale» è previsto per sabato 2 dicembre con una parata militare.

Il 2 dicembre 1956 Castro, con i suoi più diretti collaboratori, sbarcò sul suolo cubano dalla Granma, la nave che lo riportava dall’esilio messicano. Di lì cominciò la lunga marcia, conclusa nel 1959 con la conquista del potere. Fra i presenti, oltre agli invitati della serata culturale, c’è anche il presidente boliviano Evo Morales.

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