Li separano poco più di cinquanta numeri e qualche centinaio di metri. Il campo dieci, quello dell'onore, quello dei morti della Repubblica sociale. E quello della gloria, il sessantaquattro, dedicato ai caduti partigiani. A vederli, sono praticamente identici: lapidi che squarciano l'erba e che portano volti, nomi e cognomi dei caduti. E le date in cui sono morti, tutte dal 1943 al 1945, il bienno dei fratelli contro.
Luciano Fagnani, faccia d'angelo, ucciso a soli sedici anni il 26 aprile del 1945. Lo stesso giorno in cui viene ammazzato Fulvio Ruvioli, che in foto guarda, malinconico, verso il basso. Oppure Ovaldo Carini, capelli portati indietro con la cera e sguardo hollywoodiano. E poi le partigiane: Carmela Di Lernia e Rosa Martignoni, uccise a guerra finita.
La stessa fine che hanno fatto le repubblichine Irene Alpi e Antonietta Millefiori, fatte fuori il 29 aprile, il giorno in cui il corpo di Benito Mussolini viene esposto a piazzale Loreto in quella che Ferruccio Parri, vice comandante del Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia, definì «macelleria messicana».
E gli ignoti, da una parte e dall'altra. Tanti, troppi. Corpi senza volto. Ossa senza nome. Travolte dalla guerra e spazzate via dalla memoria. E raccolte, infine, da qualche anima pietosa che ha voluto seppellirle nel campo di competenza. Quello nel quale hanno creduto e combattuto. E per il quale, alla fine, sono morti.
Al campo sessantaquattro una targa ricorda: «Milano onora il sacrificio dei suoi quattromila giovani concittadini, militari e partigiani, internati e deportati, caduti per ridare libertà, dignità e democrazia alla patria». Al campo dieci, invece, regna il silenzio totale. Solo andando sotto a una croce, la cui cima è bordata dal tricolore, si legge: «Ai caduti della Rsi. 1943-1945». E poi basta. Di quella sigla di tre lettere, l'ignaro visitatore non sa nulla. Nemmeno di quei ragazzi, i vinti della storia, spesso morti giovani e a guerra finita. Così vicini, nella tragica morte e nello spazio, agli altri. Ai vincitori. Eppure così lontani. Qualcuno ha affisso un nastrino verde-bianco-rosso con la scritta «Presente» sulle lapidi.
Dall'altra parte, al campo della gloria, sono state invece messe piante e fiori per ricordare la bandiera italiana per la quale quegli uomini e quelle donne si sono sacrificati.E ora riposano tutti qui, partigiani e repubblichini. Divisi nella vita ma uniti nella morte. E, si spera, non più nemici nell'aldilà.
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