Marianna Bartoccelli
da Roma
Cè chi come Rosa Iervolino parla di «commovente difesa della Costituzione» e chi invece, come Piero Fassino, afferma con sicurezza: «Sono stati fermati quelli che volevano lo sfascio». Cè aria di festa allUnione per il risultato del referendum che stavolta, contrariamente alle politiche, è stato una vittoria netta sin dai primi conteggi. E per il segretario dei Ds è importante e significativa non solo la partecipazione al voto, ma soprattutto il no del Nord che «in una rappresentazione strumentale e infondata viene descritta come terra di egemonia del centrodestra». E se per il vice premier Massimo DAlema «adesso si chiude una lunga fase politica di conflitti e il voto contribuisce a rafforzare la stabilità», per laltro vicepremier Francesco Rutelli «la vittoria del no è una punizione per chi ha voluto fare le riforme a maggioranza». Mentre Franco Giordano, segretario del Prc, non rinuncia a pungere i suoi alleati sostenendo che «adesso bisogna trovare dei rimedi alla riforma del Titolo V varata due legislature fa dal centrosnistra con il parere contrario del Prc». I risultati del referendum sono per Oliviero Diliberto, segretario del Pdci «una grande vittoria contro il tentativo di stravolgere la Costituzione repubblicana», e attribuisce una netta sconfitta a Silvio Berlusconi mentre Romano Prodi ne esce rafforzato. La pensa allo stesso modo lex-capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, animatore dei comitati per il no, per il quale la vittoria sta a significare che «una maggioranza di popolo ha voluto difendere la carta del 48». In Sicilia, la festa per i sostenitori del no è doppia, visto che tutti davano per scontato un sì politico di adesione alla Cdl. «Una grande prova di maturità anche da parte dei cittadini meridionali», commenta il deputato dei Ds-Ulivo Giuseppe Lumia. E Leoluca Orlando, lex-sindaco di Palermo oggi deputato dellIdv, sottolinea che «vi è una notevole differenza nel risultato tra Nord e Sud, a riprova del fatto che la riforma fosse geograficamente sbilanciata».
Anche il Piemonte, con il suo 56,6%, ha dato ragione ai sostenitori del no. Per il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, «le ragioni del successo stanno nel fatto che la riforma proposta era confusa e minacciava di creare ulteriori pasticci». Altro torinese deputato Ds, Piero Marcenaro, individua nella vittoria del no nelle grandi città del Nord, «una sconfitta per lasse Bossi-Berlusconi». Analisi simile quella di Franco Monaco, deputato della Margherita: «Milano ha girato le spalle sia a Berlusconi che a Prodi».
Invita a non leggere questi risultati «con alterigia e voglia di sufficienza», Anna Finocchiaro. Per il capogruppo Ds al Senato rimangono sul tappeto comunque «il problema dell'adeguamento e della riforma della Costituzione, il tema della modifica di una legge elettorale sciagurata».
Anche per Antonio Polito, ex-direttore del Riformista e deputato della Margherita, «lesigenza di una riforma rimane in piedi» e la grande affluenza alle urne dimostrano come il referendum fosse diventato uno scontro politico: «La vittoria del no è forse il giudizio più pesante fino ad ora espresso dall'elettorato sui cinque anni del governo Berlusconi. An e Udc hanno ora ottime ragioni per riprendersi la loro libertà politica e partecipare a un confronto senza pregiudiziali di schieramento sulle riforme istituzionali condivise». E così la pensa anche il sindaco di Genova Giuseppe Pericu, per il quale «resta ineludibile una riforma della seconda parte della Costituzione: occorre una chiara presa di coscienza dell'esigenza di un rafforzamento dell'esecutivo e di un superamento del bicameralismo perfetto, in una logica che garantisca le autonomie locali e loro diverse articolazioni». Molto soddisfatto anche Antonio Bassolino, convinto che da oggi tante cose cambieranno: «Il Polo non sarà più lo stesso e inizia una svolta nella politica del Paese».
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