Troppo facile, oggi, prendersela con Ciancimino junior. Ancor più facile buttarla sulla vulgata del «chi tocca i fili muore», nel senso dell’alta tensione che ha fulminato il figlio del sindaco mafioso di Palermo non appena ha osato nominare (l’innominabile 007) Gianni De Gennaro quale tramite del misterioso «signor Franco» nella trattativa Stato-Antistato. Facilissimo dargli addosso ora che dall’altare mediatico è sprofondato nella polvere della calunnia, reato per il quale solitamente si denuncia l’autore della maldicenza ma quasi mai lo si ammanetta.
Per chi, come noi del Giornale , da anni fa le pulci alle minchiate del supertestimone, il «fermo» ordinato dai pm che l’hanno difeso a oltranza anche fuori dalle aule dei tribunali (il pm Antonio Ingroia nel suo ultimo libro, il Labirinto degli dei , arriva a definirlo «un’icona dell’Antimafia ») sorprende per il ritardo. Stupisce la tempistica, in coincidenza con le voci di un epilogo clamoroso dell’inchiesta di Caltanissetta con riverberi negativi proprio sull’operato degli inquirenti palermitani che su Ciancimino hanno puntato tanto. Se non tutto, arrivando a scontrarsi con i colleghi nisseni che a un certo punto alla gola-profonda non hanno permesso più nulla, intercettandolo con magistrati e giornalisti famosi, indagandolo per le calunnie a De Gennaro, chiedendogli conto di cose che Massimino diceva e faceva a Palermo e non diceva o faceva a Caltanissetta.
Ecco perché gli son piombati in casa con un mandato di perquisione spiccato al termine di quell’anno e mezzo di sconvolgente «tira e molla» autorizzato dai pm di Palermo, con la consegna rateizzata di pezzi di papelli e stracci di pizzini pieni di falsità documentali come rivelato dal Giornale il 18 giugno 2010 con la controinchiesta del blogger Enrico Tagliaferro laddove si provavano tutte le calunnie copia&incolla su Berlusconi (chissà perché, quelle, non meritevoli d’arresto). La verità è che al terzogenito di don Vito è stato permesso tutto. In mesi e mesi di rivelazioni rivedute e corrette a verbale non s’è capito Ciancimino in quale veste parlasse. Dichiarante? Testimone? Indagato? Imputato per reato connesso? Concorrente nel reato altrui? A forza di spararle grosse, salendo e scendendo di livello ( s’è fermato al quarto con De Gennaro) alla fine s’è bruciato.
In un’intervista al Giornale , due anni fa, l’oracolo-pentito giurò che Berlusconi nulla c’entrava col padre e con la mafia. Poi, col tempo, tra libri, passerelle in tv e comparsate ai festival de l’Unità, l’ha tirato dentro sempre con maggiori dettagli affrancati da pezzi di carta ingialliti, da lui riletti e interpretati nel tentativo di incastrare oltre al premier anche il suo sodale Marcello Dell’Utri. Si vantava d’aver squarciato il muro dell’omertà sulla famigerata «trattativa » puntando tutto sui cattivi del Ros del generale Mori e sull’emergente Berlusconi ma alla roulette della storia, purtroppo per lui, sono uscite le segrete magagne degli esponenti del governo di centrosinistra del ’ 93 (da Scalfaro a Ciampi, da Conso a Mancino) che «trattava», lui sì, con Cosa nostra tanto da revocare il carcere duro a ben duecento boss. Smentito e sputtanato, il ragazzo. Doveva capirlo, Massimino, che si stava mettendo male. Prima i giudici del processo d’appello a Dell’Utri che decidono di non ascoltarlo perché «non attendibile». Poi le intercettazioni con un capo della ’ndrangheta nelle quali si vanta di essere ormai «un’icona dell’Antimafia » capace di avere «notizie su qualsiasi inchiesta» top secret, intercettazioni agli atti di un’inchiesta della Dda reggina retta dall’ex aggiunto di Palermo, Giuseppe Pignatone, che Ciancimino trascinò nel fango e fece indagare a Catania con altri pm (tutti archiviati).
Cieco ai «segnali», che un tuttologo di cose di Cosa nostra difficilmente non coglie, il Nostro anziché volare basso s’è ricordato, all’improvviso, dei soldi sporchi girati dagli amici di papà al neo ministro Saverio Romano. Riscontri? Zero. Basta la sua parola. Anzi, bastava. Ora non basterà più, nemmeno in tv.
Se l’hanno arrestato i magistrati «amici» forse ha capito che il gioco è davvero finito. Con Ciancimino fuori servizio, con De Gennaro e Mori «mascariati », siamo al regolamento di conti finale fra toghe. Aspettate e vedrete.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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