Quel cinema che ci vuole sull'orlo del baratro

Anche il cinema si sforza di comprendere la realtà, ma il rischio è il politicamente corretto

Quel cinema che ci vuole sull'orlo del baratro
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Il cinema è davvero lo specchio della realtà. I film politici dimostrano, nel cercare di capire la nostra epoca, le stesse difficoltà manifestata da scrittori, storici e commentatori. In questi giorni, soprattutto, che vedono, in Germania, la vittoria elettorale di un partito, l'Afd, accusato di essere erede del nazismo. A proposito, ci sarebbe anche la parallela ascesa della sinistra più antiquata ma quella non interessa. E giù editoriali sull'avanzata della destra dai quali però non si capiscono alcuni «dettagli»: perché gli elettori hanno votato così, sono forse tutti quanti nostalgici della svastica o del fascio? Le risposte sono sempre uguali: la paura, la propaganda, l'egoismo, le fake news, il neoliberismo. Il cinema, almeno quello visto a Venezia, non fa eccezione. Ieri era molto atteso 2073 di Asif Kapadia, Oscar per il documentario Amy. C'è tutto il campionario che ti aspetti: la destra, l'ambientalista, l'odio, la xenofobia. Un minestrone con Berlusconi, Meloni, Trump, Putin, Modi, Orban e chi più ne ha, più ne metta (anche e soprattutto a caso). Il thriller The Order, a sfondo politico, inscena la supremazia ariana perché, spiega il regista, è attuale. Homegrown ce l'ha con l'America di Donald Trump. Apocalypse in the Tropics si sofferma sul fondamentalismo religioso. La serie «M» traccerà una linea che va da Mussolini al ritorno del fantasma di Mussolini nell'Italia di oggi. A parte la confusione di chi mette assieme neonazisti e conservatori, autoritarismi inesistenti e reali, frange criminali e semplici militanti, verrebbe voglia di veder almeno una volta un film differente. Questo: il vecchio capitalismo è tramontato a causa delle grandi concentrazioni. Nuove aziende (o sono Stati?) come Facebook o Amazon o Tesla o Google sono motori della globalizzazione, accelerando le comunicazioni e creando enormi banche dati per profilare i clienti. Le categorie sociali, borghesia e proletariato, sono al tramonto. Ci sono consumatori uno identico all'altro, distinti solo dalla capacità di spesa. La distribuzione ha bisogno di efficacia e rapidità. Quindi tutti devono essere uguali e desiderare le stesse cose. Il politicamente corretto si rivela l'ideologia morale del nuovo capitalismo. Ci vuole un essere umano androgino che vada oltre la divisione superata in maschi e femmine, bianchi e neri. Ci vuole un multiculturalismo che spazzi via le culture locali e nazionali. Ci vuole una sola lingua fondata sulla comunicazione e non sull'espressività. Non a tutti piace l'omologazione assoluta e un sistema passato dalle classi sociali a un sistema piramidale di caste fondate sul censo. Forse la nuova situazione spiega meglio i flussi elettorali. Forse si potrebbe farne un film. Più probabilmente non si farà. Gli intellettuali infatti sono il clero del politicamente corretto anche se credono di essere controcorrente. Si prodigano nel rimettere in circolo polemiche novecentesche.

È proprio quello che vuole il potere: tenerci impegnati nella simulazione di una vita sociale e politica sempre sull'orlo dell'apocalisse, evocata a parole da Pedro Almodóvar e da alcuni film, oltre che da 2073, ad esempio nel francese Plan B.

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