Critiche a Biancaneve nera. Se il woke non va più di moda

Il trailer di Biancaneve, che uscirà a marzo 2025, ha ricevuto quasi solo pollicioni all'ingiù

Critiche a Biancaneve nera. Se il woke non va più di moda
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E la regina pensò: «Come mi piacerebbe avere una bimba dai capelli neri come l'ebano, le labbra rosse come il sangue e la pelle bianca come la neve!». Quando poi diede alla luce la piccola, la chiamò appunto Biancaneve. Un nome dolce che ha a lungo accompagnato la buonanotte di molti piccini. Un nome che oggi, però, nessuno scrittore si azzarderebbe a dare alla protagonista di una fiaba. Tant'è che, se solo i fratelli Grimm fossero nati un secolo e mezzo più tardi, forse avrebbero optato per qualcosa di più inclusivo, sicuramente più rispettoso delle etnie sotto rappresentate nel mondo dello spettacolo, probabilmente anche più attento a non offendere la diversità di genere. Sarebbero stati, insomma, molto più prudenti per non finire processati dinnanzi al sinedrio dei sacerdoti della religione woke.

Alla «stortura» di una pelle troppo bianca, che rimanda al passato colonialista di un'industria del cinema intrisa di razzismo, ha pensato «bene» di rimediare la Disney. Che, dopo aver appiccicato assurdi disclaimer su cartoni del passato, come Dumbo, Peter Pan e Aristogatti, oggi considerati vergognosamente offensivi, ha affidato il ruolo di Biancaneve a Rachel Zegler, statunitense di origini colombiane. Una attrice che (e speriamo che scrivendolo non finiremo accusati di xenofobia) non ha propriamente i tratti pensati dai fratelli Grimm né il colore della pelle che dà il nome alla fiaba.

La Disney non è nuova a certe scelte. Nel 2023, nel remake della Sirenetta, aveva affidato il ruolo di Ariel all'attrice afroamericana Halle Bailey. La scelta, al tempo, era stata salutata con toni trionfalistici. Oggi, a distanza di appena un anno, il clima è cambiato. E il trailer di Biancaneve, che uscirà a marzo 2025, ha ricevuto quasi solo pollicioni all'ingiù: 1,5 milioni al video postato quattro mesi fa, 800mila a quello condiviso il 3 dicembre. Uno sfacelo. Ma anche un'ottima notizia. Certo, non per la Disney. Ma per chi ne ha le tasche piene del politicamente corretto sicuramente sì.

Ovviamente è troppo presto per cantar vittoria.

In questi giorni, per esempio, un trans è stato eletto modella dell'anno, Google ha affidato uno spot natalizio a un influencer non binario e un rigurgito del #metoo ha annullato la proiezione di Ultimo tango alla Cinémathèque di Parigi. Attendiamo anche loro al varco. Prima o poi capiranno, come hanno già fatto altri marchi, che il woke non è un buon affare ma un'ideologia autolesionistica.

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