Magic Mike: the last dance, il terzo film della saga iniziata undici anni fa, vede il ritorno dietro la macchina da presa di chi firmò il primo capitolo, Steven Soderbergh.
I fan di fisici scolpiti e atti a dimenarsi in coreografie provocatorie che mimino l’atto sessuale saranno soddisfatti anche stavolta. I numeri di lap-dance però, a questo giro, sono incorniciati da una narrazione che è quella tipica delle commedie romantiche statunitensi, il che amplia il target dell’odierno “Magic Mike”: dal fidelizzato pubblico femminile e omosessuale a quello generico di chi voglia distrarsi al cinema con due ore di spensieratezza.
Nell’incipit ritroviamo Mike (Channing Tatum), reduce da diversi sogni infranti, che sbarca il lunario come può. Il nuovo capitolo della sua vita si apre una sera in cui, lavorando come bartender ad un party sofisticato, viene notato dalla padrona di casa, una ricca socialite (Salma Hayek Pinault). La donna, informata del passato di Mike da una invitata, lo convoca chiedendogli un’ultima danza privata a pagamento. Entusiasta, il mattino dopo gli offre anche di seguirla a Londra: ha in mente di coinvolgerlo in un progetto rivoluzionario.
A questo scopo mette Mike a fare quel che sa fare meglio, ovvero scuotere la morale benpensante, in questo caso londinese. Non solo. Intende attraverso la creatività sessualmente allusiva del suo protetto, dare voce al desiderio femminile.
Armato di un nuovo costoso guardaroba, il nostro Mike diventa quindi un novello regista teatrale in un teatro storico nel West End. Il suo compito è mettere in scena l’allestimento di uno spettacolo che sia la rivisitazione moderna e femminista di una piece classica, "Isabel Ascending".
Si trova quindi a dirige una protagonista chiamata a scegliere se sposarsi per amore o per soldi, ma che scoprirà invece quanto "una donna può avere tutto ciò che vuole, quando vuole".
Meno fusti e più romanticismo rispetto al secondo capitolo, la ricetta aggiornata della saga prevede l’ingresso di una vulcanica Salma Hayek (notoriamente sposata bene come il personaggio che interpreta), e aggiunge alla perdita di Matthew McConaughey (presente solo nel primo film) anche quella di Joe Manganiello (si intravede solo in una videocall). L’accento nel terzo capitolo non è più su pettorali oliati ma sul talento nella danza di veri ballerini che si muovono a torso nudo e con movenze sensuali ma non sono stripper. L’ottimo lavoro coreografico stavolta concorre ad ampliare il significato del ballo che non è più soltanto strumento di espressione sessuale ma anche di trasporto emotivo e sentimentale.
La Hayek interpreta una donna che tenta di emanciparsi, oppressa da un matrimonio infelice da cui non si è ancora affrancata completamente. Alla convenienza sterile, che già conosce da troppo tempo, predilige ora la ricerca di una scossa interiore in grado di rendere libere anche altre donne.
Tra un flash-mob su un autobus a due piani e le
battute brillanti di un maggiordomo inglese, non c’è un attimo di noia. Per godere della leggerezza e della sensualità regalate da “Magic Mike, the last dance” non è necessario aver visto i primi due capitoli.
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