“Nessuno ti salverà”, un horror metafora dell’alienazione moderna

Su Disney Plus un film inedito che sa mescolare dramma, fantascienza e horror, ma anche citazionismo e audacia concettuale, in una storia che è metafora dell’alienazione moderna

“Nessuno ti salverà”, un horror metafora dell’alienazione moderna
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Nessuno ti salverà, l’horror sci-fi (tra fantascienza e paura) al debutto su Disney Plus, è quel che si dice una piccola rivelazione. Scritto e diretto da Brian Duffield, questo nuovo film spicca, in un panorama generalmente omogeneo come quello di questo genere di cinema, per essere sì citazionista ma anche in parte originale. Merito di una vena concettuale davvero straniante e del sapiente e a tratti fiabesco mix di dramma introspettivo, fantascienza e terrore.

Brynn Adams (Kaitlyn Dever) è una giovane che vive isolata in quella che sembra una grande casa di famiglia. Ci abita da sola, non c’è traccia di amici o familiari nel suo quotidiano. Trascorre le giornate creando vestiti e ballando vecchie canzoni, oppure scrivendo a una amica d’infanzia cui chiede perdono, ma non sappiamo per cosa. Quando si reca in paese per una commissione o per acquisti di beni di prima necessità, la ragazza è evitata da tutti. Il motivo dell’ostracismo nei suoi confronti è da ricercare in un’oscura e terribile vicenda del passato, da cui origina anche un divorante senso di colpa. Una notte Brynn viene svegliata da un rumore. Immagina che qualcuno si sia introdotto in casa; forse un animale o forse un uomo. La verità la lascerà senza fiato: si tratta di un alieno. Sarà solo il primo da cui si ritroverà attaccata. Tentando di sopravvivere, la ragazza scoprirà di dover fare i conti non solo con predatori fisici ma anche con dei sospesi interiori che da sempre la tormentano.

Il titolo, un po’ da b-movie, può avere più interpretazioni, così come poi il film. L’ambiguità è qui una cifra stilistica e se è vero che forse la frase “nessuno ti salverà” suona come una condanna inappellabile, può anche essere letta come un monito a fare affidamento solo su se stessi.

Il film inizia come qualsiasi altro appartenente al sottogenere thriller “home invasion”, per poi evolversi velocemente in fantascienza.

Gli alieni in questione sono esattamente quelli che il nostro cervello è abituato ad associare al termine, ossia i cosiddetti Grigi: corpo filiforme, enorme testa con grossi occhi neri e pelle appunto grigia. L’estetica degli antagonisti è solo la prima di un mare di citazioni cucite assieme a dare vita a qualcosa di originale: si sente l’eco dei più classici "Incontri ravvicinati del terzo tipo" e “Alien”, passando da “Signs” (per le atmosfere) e arrivando ai più recenti “It Follows” (per il sound design) e “A Quiet Place” (per l’assenza di parole).

La mancanza di dialoghi amplifica il fascino del film, costringendo la protagonista a un’interpretazione di grande potenza espressiva. Si sentono solo urla di terrore, grugniti di dolore, sospiri e gemiti. Oltre a una colonna sonora che diventa co-protagonista.

Gli alieni sono mostrati abbastanza presto, perché non è la loro forma a costituire il vero mistero del film, come avviene in molti altri titoli, bensì qualcosa di narrativamente stimolante: esiste una colpa nel passato della protagonista che viene rivelata col contagocce, attraverso diversi elementi, lungo quella che è molto più della fuga da una minaccia.

“Nessuno ti salverà” quindi assume ulteriori significati. L’invasione aliena è la metafora di un altro tipo di invasione, legata a fantasmi interiori; così come gli alieni si legano a doppio filo al concetto di alienazione, quella vissuta dalla ragazza. Come a dire che l’isolamento sociale diventa humus del proliferare di un dialogo interno minaccioso. Il disprezzo per se stessi è un parassita dalle radici profonde, difficili da estirpare.

Ciò detto, il film si può leggere in maniera più piatta, come il tentativo di sottrarsi ad alieni di diverse specie e alle nuvole oscure dietro cui si nasconde la loro base.

In questo modo però, non cogliendo cioè l’audacia intellettiva della trama, nonché il suo tessuto metaforico, “Nessuno ti salverà” diventa ridondante e appiattito su una semplicità che in realtà non gli appartiene. Il finale, sicuramente d’impatto, potrebbe alludere a come la sofferenza, quando la si porta alla luce e si viene a patti con lei, renda liberi anziché prigionieri di una finta felicità.

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