La più bella del reame woke è senza nani e olivastra

Nelle sale il remake del classico Disney del ’37: non più cartone ma film e politicamente corretto

La più bella del reame woke è senza nani e olivastra
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Non è stretta la foglia - pardon, la soglia visto che il celebre proverbio nasce da un errore di trascrizione - forse invece è larga la via. Sia come sia, diciamocelo senza troppi giri di parole. Ma chi l'ha detto che Biancaneve è solo una favola. O meglio, che Biancaneve è ancora una favola. Quello che arriva oggi al cinema è il remake in live action - cioè un film - del cartone animato del 1937 che fece la fortuna della Disney. Da allora però di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Tantissima. I nani se li è persi per strada e lei è una di noi.

In questo mondo che di fantastico ha poco e di buono ancor meno, per quanto il buonismo si venda al chilo sul banco del mercato degli sciocchi, la dolce Biancaneve appare calata alla perfezione nel villaggio globale dove, se non sei inclusivo, sei il solito razzista. Il primo dubbio sta nel nome che indica un colore e il suo emblema, non propriamente lo stesso di Rachel Zegler (la Maria di West side story di Steven Spielberg) statunitense di origini colombiane e con la pelle olivastra. Cambiarle il nome sembrava davvero un delitto di lesa maestà, così le si è costruito attorno un paese che non c'è ma dove sono rappresentate tutte le etnie - neri, bianchi, ambrati, meticci (in senso di latino americani), asiatici e via elencando - ben evidenziati nelle scene in cui la fanciulla si appresta ad affrontare la perfida regina e, alle sue spalle, si muove una moltitudine che ricorda in più di un'occasione Il quarto stato di Pellizza da Volpedo.

La pioniera del bene collettivo, insomma, fronteggia una sovrana cattiva e usurpatrice interpretata da Gal Gadot, israeliana doc, ex soldatessa dell'esercito di Tel Aviv, orgogliosissima del suo Paese e istruttrice di combattimento. Se questo è il male, contrapposto a una giovane sostenitrice dei diritti palestinesi, se ne converrà che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre. E se l'avvocato del diavolo potrebbe contestare che il film è stato girato nel 2022 e progettato ancora prima, quindi ogni scelta avveniva in tempi non sospetti, è pur vero che le riprese si sono protratte fino al 2024 e tra i co-sceneggiatori c'è quella Greta Gerwig che ha fatto di Barbie una femminista degli anni Venti del terzo millennio.

In buona sostanza, questa Biancaneve ci sta bene nei tempi che corrono. Al punto che non si è portata dietro nemmeno i nanetti, diventati creature computerizzate. D'altra parte le locandine delle diverse edizioni sono chiare. Se le precedenti erano titolate Biancaneve e i sette nani e la randagia fanciulla è rappresentata con il gruppo dei birbanti del bosco, il poster di questo remake è solo Biancaneve e raffigura il Bene e il Male. Ovvero la ragazza cacciata dal castello contro la perfida Grimilde che, prima di stalkerizzare il povero specchio delle sue brame, era tutt'altro che brutta. Perifrasi per non offendere né le meno avvenenti né le belle. In mezzo, l'orrida mela che ha sempre sconvolto i destini degli umani a partire dalla Genesi.

Continuiamo a calarci nella Biancaneve 3.0 per scoprire che neanche il principe è più quello di una volta. Ora è un popolano leale al vecchio sovrano che bacia distrattamente la ragazza attivando l'antidoto al maleficio. Nessun cavaliere su bianco destriero ma un poverocristo qualunque a salvare una ragazzina che - udite udite - lava i pavimenti del castello col mocio. Mancava la targhetta del noto marchio per compiacere quello che oggi si chiama product placement e una volta era denominato pubblicità indiretta. Certo è che il mocio conferma l'attualità come pure il ruolo di ex benefattori agli scherani della regina, pronti a dimettersi in un attimo da guardie cattive per sostenere la rivoluzione della nuova piccola dem che, grazie al cielo, non ha nulla di Elly Schlein forse perché al di là dell'oceano fortunatamente non la conoscono.

Al di là di tutto il film lo si guarda volentieri.

I più piccini si troveranno a loro agio in boschi e paesi simili al loro habitat attuale anche se mancano telefonini e TikTok. Ai «diversamente giovani» lascerà un pizzico di nostalgia. Perché Biancaneve non è più una favola.

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