Venezia80: “Bastarden”, l'epopea danese d’altri tempi che potrebbe spuntarla

Una storia epica e grandiosa, girata nel modo più classico e in ambientazioni dalla desolazione pittorica, che parla di come sogni e ambizioni, anche quando destinati a fallire, siano vitali

Venezia80: “Bastarden”, l'epopea danese d’altri tempi che potrebbe spuntarla
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Bastarden (The Promised Land)”, biopic storico di Nikolaj Arcel con Mads Mikkelsen in concorso oggi a Venezia 80 è tutto quanto possa venire in mente col termine popolare di “filmone”, di quelli che forse non si usano più. Tra un “Via col vento” e un “Balla coi lupi”, per ragionare in termini di macro categorie pescando da una sorta di immaginario cinematografico collettivo.

Questo dramma biografico/storico vede uno straordinario Mads Mikkelsen nei panni del taciturno capitano danese che fu tra i primi coltivatori della brughiera nella penisola dello Jutland. Il film, basato sul libro “The Captain and Ann Barbara” di Ida Jessen, racconta di come questo ex soldato sogna di costruire una colonia in nome del Re laddove sembra impossibile farlo, per poi ricevere in cambio dal sovrano un titolo nobiliare. Fin dall’inizio ha una dedizione assoluta al proprio scopo. Nei momenti di entusiasmo come in quelli luttuosi e disgraziati, resta saldo: ha dato la parola al re, a una donna amata, ma soprattutto a se stesso di farcela. Il problema però non è solo la terra a dir poco aspra e difficile da bonificare prima che da coltivare, bensì la presenza in loco di uno spietato signorotto, Frederik de Schinkel, tiranno con l’hobby di soprusi e torture nonché assolutamente risoluto che tutta la brughiera gli appartenga. Quando il malvagio scopre che Kahlen ha dato segretamente rifugio a due suoi servi fuggitivi, andando a formare una sorta di famiglia di emarginati intorno a sé, Frederik giura vendetta.

La durata, che è superiore alle due ore come ormai quella di quasi tutti i film di questi ultimi anni, in questo caso si sente tutta. “Bastarden” scorre lento, proprio come farebbe un fiume placido, il che però non ne inficia la bellezza.

“La vita è caos” continua a ripetere il villain del film, come a giustificare il suo insistere nel renderla dolorosa e sgradevole agli altri. L’altro invece, il buon Kahlen, calcola tutto, convinto che questo basti, assieme alla fatica e al sacrificio, a realizzare i propri piani. In realtà progetto, determinazione e volontà non sono sufficienti, perché il controllo che un uomo può avere sulle circostanze resta parziale.

Pur in contesto storico diverso, “Bastarden” è un’opera che occhieggia alle illusioni perdute raccontate da Balzac nell’omonimo romanzo (e qui passate al Lido due anni fa con la regia di Xavier Giannoli). Mette cioè in evidenza, attraverso una serie di accadimenti, come ambizioni e speranze restino il motore di tutto, la sola cosa che possediamo veramente, anche quando fortemente osteggiate dal destino o dall’individuo crudele di turno.

Sono passati 33 anni dall’ultima volta che un lungometraggio danese (anche se questo è

coprodotto con Germania e Svezia) è stato selezionato per la competizione principale del Festival di Venezia e “Bastarden”, film affascinante, valido e solido, potrebbe piazzarsi bene alla fine della gara.

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