Probabilmente l'unico film possibile su Salvador Dalí è un film con cinque Salvador Dalí. E sicuramente il film più pazzo sul pittore più pazzo non poteva che essere firmato da uno degli autori più pazzi del globo terraqueo. Il regista in questione si chiama Quentin Dupieux, è di Parigi, classe 1974, e, oltre a girare film, quando fa il musicista e produttore discografico usa lo pseudonimo di Mr. Oizo. Negli ultimi anni ha premuto sull'acceleratore delle pellicole, e, dallo straordinario Mandibules del 2020, gira più di un film l'anno. Come nel 2022, con Incroyable mais vrai e Fumer fait tousser, idem quest'anno con Yannick e con questo Daaaaaali!, presentato fuori concorso alla 80a Mostra del Cinema e prossimamente in sala con Lucky Red.
Il soggetto, o pitch come lo chiamano gli addetti ai lavori quando cerchi un produttore, è tutto un programma: una giovane giornalista francese incontra ripetutamente Salvador Dalí per il progetto di un film documentario le cui riprese non hanno mai inizio... Come avrete già capito si tratta di un intelligente e sofisticato divertissement in cui la protagonista, interpretata da Anaïs Demoustie, cerca di intervistare per una rivista il grande artista spagnolo, che, o si nega perché lui concede interviste solo per la tv, o si nega anche se la giornalista trova una tv perché lui vuole la macchina da presa più grande del mondo oppure, ancora, non riesce a percorrere il corridoio di un hotel per arrivare alla stanza per l'intervista perché, ogni volta che l'immagine torna su di lui, ecco che lo vediamo di nuovo all'inizio del corridoio. «È proprio questo l'argomento del film: l'impossibilità di raccontare la storia di Dalí. Non lo dico in modo astratto o poetico. Sicuramente non è la vita di Dalí. Seguiamo questa giornalista che vuole intervistarlo e poi fare un film su di lui. È un loop infinito, un film che sembra una caccia al tesoro senza scopo che ti fa girare la testa. Dalí è ovunque e da nessuna parte», dice il regista che ha la capacità di essere sempre originale pur utilizzando dei riferimenti visivi che rimandano, per esempio, al cinema di Luis Buñuel che, non a caso, con Dalí firmò il capolavoro surrealista Un chien andalou, avanguardia pura anche a quasi cento anni di distanza.
Accompagnato dalla protagonista e da uno dei cinque attori, Édouard Baer, del suo film con sei «a» di Daaaaaali!, Dupieux cerca di spiegare la genesi di un film che, durando solo 79 minuti, diventa anche una boccata di ossigeno in queste giornate festivaliere dalle durate monstre: «Per scrivere e dirigere questo tributo, mi sono connesso con la coscienza cosmica di Salvador Dalí e mi sono lasciato guidare, a occhi chiusi. Per prima cosa, il Maestro mi ha ordinato di reclutare diversi attori brillanti a cui affidare il suo personaggio (troppo complesso per un solo uomo); poi insieme abbiamo fatto visita a Buñuel per carpire alcune immagini e idee».
Il film, che si apre con la riproduzione esatta, ma in movimento, del dipinto del 1933 di Dalí, Fontana necrofila che scorre da un pianoforte a coda, si concentra anche sull'egocentrismo di un artista che amava apparire: «La fonte d'ispirazione è stato il rapporto tra il personaggio e i mass media - continua il regista - negli anni '80 era l'epoca in cui compariva in televisione, noi l'abbiamo scoperto così da giovani. Nel film ci sono solo pochi riferimenti alla sua pittura. Mi sono concentrato maggiormente sul suo linguaggio, sul suo modo di parlare francese. Mi interessava più il personaggio che la sua opera».
E così eccoci ai cinque attori per un solo personaggio.
Il primo ad essere scelto è stato Édouard Baer che, in conferenza stampa, ha fatto un divertente show utilizzando lo spassoso accento di Dalí in francese come nel film, e che ha detto di aver lavorato come se avesse davanti «un personaggio di fiction, Dalí era come se salisse sempre in scena. Per assicurarsi questo ruolo, ci voleva coraggio, noi cinque siamo i sopravvissuti».
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