La ciociara Campoli Appennino, dove la tavola profuma di tartufo

Il prezioso tubero, noto già nel Settecento, è l’elemento chiave della gastronomia locale

La ciociara Campoli Appennino,  dove la tavola  profuma di tartufo

Il paese si trova a poco più di cento chilometri da Roma e si raggiunge percorrendo l’A2 fino al casello di Ceprano verso sud, prendendo la direzione verso Sora. Sto indicando,come meta di viaggio,il comune ciociaro di Campoli Appennino che si situa nella parte più orientale della provincia di Frosinone, in cima alla Valle di Comino, al confine dell’Abruzzo ed è parte integrante dell’omonimo Parco nazionale.
Il centro medioevale si affaccia su una grandissima dolina che gli abitanti chiamano Tomolo o Fossa ed è, forse, quanto resta di un remotissimo cratere vulcanico. Che fa il paio con lo spettacolare orrido che ferisce in modo impressionante la zona del fosso Lacerno, un impetuoso corso d’acqua che sega il territorio in direzione di Sora. Da qui la rappresentazione topografica di terreni che si annunciano molto aspri ed accidentati e che mostrano ambienti naturali di difficile accesso, ma anche caverne ricche di affascinanti stalattiti. Non meno interessante è la storia del piccolo, ma arroccato paese. La sua fondazione, infatti, la si fa risalire alla presenza, in loco, di un agguerrito gruppo di longobardi che fortificarono il borgo con la costruzione di una robusta cinta di mura e con la elevazione di un’ampia e massiccia torre quadrata ancora esistente. Si tratta di opere che giustificano la fama guerresca dei campolesi.
Da vedere. Nelle aree più basse del territorio campolese, in località Carpello, sono stati rinvenuti reperti archeologici provenienti da una villa rustica romana. E anche i resti di un acquedotto, sempre d’epoca romana, realizzato per il rifornimento idrico del già importante «oppidum» di Sora. Si tratta, in fondo, di testimonianze che confermano una cospicua presenza di Roma in questa parte di territorio attraversato anche da un’antica strada che da Sora portava in Abruzzo. Tuttavia, oggi, dal punto di vista urbanistico, la parte più interessante del borgo è quella «recintata» ancora dalla cinta muraria, dominata dalla torre, alta 25 metri e con base tronco-conica, costruita dai longobardi. Di non minore interesse, anche paesaggistico, è la piazza principale del paese che si apre a balcone sulla dolina che offre, all’interno della profonda voragine, verdi balze, ricchissima e variegata vegetazione spontanea ed uno straordinario fondale prativo.
Da mangiare, da bere. Da queste parti le ottime tradizioni della più schietta cucina ciociara non si smentiscono mai. Anzi, spesso si arricchiscono dell’apporto dei sapori e gusti abruzzesi. E alcune specialità diventano quasi esclusive quali, per esempio: gli gnocchetti al trionfo di bosco con galletti, porcini, spinaci di montagna, olio, aglio, pomodori, penna di prezzemolo e basilico; zuppa di cannellini e salsicce con filetti di pomodoro, brodo di carne, sale e pepe; bucatini ai 4 formaggi (tocchetti misti), burro, noce moscata e pan grattato. Ma la gloria più autentica ed unica di Campoli è il tartufo che da secoli i campolesi raccolgono e commercializzano. Si tratta del tartufo nero, conosciuto dal Settecento.

Scovato dai cani il gustosissimo e prezioso tubero è l’elemento chiave della più florida economia locale. E si gusta meglio quando sposa i vini Pinot e Cabernet della vigna di Atina e il non meno pregiato Montepulciano d’Abruzzo.

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