Trasferimento all’estero? Ecco le prime mosse fondamentali

Trasferirsi all’estero comporta alcune incombenze di carattere burocratico e altre di tipo fiscale. Le prime sono uguali per tutti, i rapporti con il fisco cambiano di situazione in situazione. Ecco cosa fare e di cosa accertarsi prima di stabilire la propria residenza in un altro paese

Trasferimento all’estero? Ecco le prime mosse fondamentali

Per alcuni una scelta, per altri un obbligo. Trasferirsi all’estero comporta in ogni caso alcuni doveri che sono espressi dalle norme.

L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono avviare verifiche per limitare il fenomeno dei trasferimenti fittizi di residenza all’estero, situazioni nelle quali il soggetto non si trasferisce effettivamente ma agisce soltanto per sottrarsi al fisco.

Questo è un tema a cui fare attenzione perché, in assenza della dovuta documentazione di cui parleremo avanti, il cittadino che si trasferisce a tutti gli effetti all’estero può rimanere invischiato in situazioni non sempre facili da chiarire.

È opportuno seguire le regole nel modo corretto per non dovere rincorrere situazioni spiacevoli. Questa guida può tornare utile anche a chi si è già trasferito all’estero affinché ponga rimedio a eventuali mancanze.

Trasferirsi all’estero e residenza fiscale

Le logiche fiscali che si applicano a chi vive in Italia e lavora all’estero e a chi vive e lavora all’estero sono diverse. Nel primo caso i redditi prodotti all’estero vanno tassati in Italia mentre, chi è residente all’estero è tenuto a dichiarare in Italia solo gli eventuali redditi prodotti sul territorio italiano.

La discriminante principale è la residenza fiscale stessa la quale, secondo l’articolo 2 del Testo unico per le imposte sui redditi (Tuir), rimane in Italia se il contribuente trascorre la maggior parte del periodo di imposta (almeno 183 giorni su 365) sul territorio nazionale.

Quindi, per trasferirsi all’estero in modo regolare, occorre che il contribuente:

  • si iscriva all’Anagrafe italiani residenti all’estero (AIRE)
  • trovi effettivamente residenza in un comune estero, ottemperando quindi alle norme locali sulla residenza
  • risieda all’estero almeno 183 giorni su 365 durante ogni anno fiscale.

Prima di ogni altra considerazione, approfondiamo la questione dell’iscrizione all’Aire.

Iscrizione all’Anagrafe italiani residenti all’estero (Aire)

È la prima incombenza amministrativa da prendere in considerazione. Le persone fisiche che si trasferiscono all’estero devono iscriversi all’Aire. Condizione essenziale ma non sufficiente a garantire l’effettività della residenza estera e che coincide anche con l’esclusione del cittadino dal Sistema sanitario nazionale.

Come contropartita, oltre a non dovere dichiarare al fisco italiano i redditi prodotti all’estero, l’iscrizione all’Aire offre accesso ai servizi forniti dalle rappresentanze consolari, dà il diritto al voto per corrispondenza e apre all’assistenza sanitaria al di fuori dell’Italia.

Devono iscriversi all’Aire i cittadini che intendono trasferire la propria residenza all’estero almeno per 12 mesi e quelli che, pure non avendolo fatto, già risiedono all’estero. L’esempio tipico riguarda chi è nato all’estero e ha cittadinanza italiana.

Ci sono però dei casi in cui il cittadino non è tenuto a iscriversi all’Aire:

  • i militari italiano in servizio presso la Nato o una qualsiasi delle sue emanazioni
  • i dipendenti dello Stato in servizio all’estero
  • chi si reca all’estero per meno di 12 mesi

La registrazione all’Aire è un atto a cui potenzialmente segue un accertamento, è quindi soltanto l’inizio della trafila per trasferirsi all’estero.

Per iscriversi, il cittadino può:

  • recarsi presso il proprio comune italiano di residenza e comunicare la volontà di trasferirsi all’estero. L’ufficiale dell’anagrafe dovrà in seguito ricevere comunicazione da parte dell’ufficio consolare dello Stato estero nel quale il cittadino si trasferirà
  • in alternativa, giunto all’estero, il cittadino dovrà recarsi all’ufficio consolare locale e comunicare il proprio trasferimento. Sarà la rappresentanza consolare estera ad avvertire l’ufficio anagrafe dell’ultimo comune italiano di residenza del cittadino

Chi omette di iscriversi all’Aire rischia di trovarsi assoggettato alle imposte sul reddito in Italia e nel Paese estero in cui vive.

Residenza, domicilio e prove documentali

L’iscrizione all’Aire, per quanto essenziale, non è determinante per stabilire che il cittadino abbia residenza fiscale all’estero. La discriminante principe è il domicilio, ossia la sede principale dei suoi interessi economici e delle sue relazioni personali.

In altre parole, non basta iscriversi all’Aire. Occorre anche, in caso di verifica, che il cittadino possa dimostrare che vive all’estero. Le prove che si possono produrre sono:

  • un certificato di residenza emesso dal comune estero
  • un certificato di residenza emesso dal comune estero e relativo al coniuge e ai figli del cittadino
  • l’iscrizione dei figli presso scuole o istituti nel Paese estero
  • un contrato di affitto che certifichi la dimora abituale
  • un contratto di lavoro di carattere continuativo stipulato nel Paese estero
  • le bollette di energia, telefonia, acqua, gas o altri canoni ricorrenti pagati nel Paese estero
  • l’esistenza di un conto corrente nel paese estero e la relativa movimentazione
  • qualsiasi atto che certifichi l’adesione del cittadino a istituti, associazioni oppure organizzazioni del Paese estero.

A queste si aggiunge qualsiasi altra prova documentale possa ragionevolmente stabilire la continuità del rapporto tra il cittadino espatriato e il paese in cui vive. I documenti che hanno valore probatorio sono quelli che escludono rapporti duraturi tra il cittadino e l’Italia in ambiti:

  • economici
  • familiari
  • culturali
  • politici

Prima di trasferirsi all’estero, il cittadino dovrebbe occuparsi anche della propria situazione fiscale.

La verifica della situazione fiscale

È opportuno che, prima di trasferirsi all’estero, il cittadino verifichi il proprio rapporto con il fisco italiano. È utile mettere l’accento sui:

  • debiti fiscali, quindi il mancato pagamento di imposte sui redditi
  • debiti previdenziali, tema a cui devono essere maggiormente attenti liberi professionisti e imprenditori

Nell’insieme della situazione, vanno affrontati anche i contenziosi con l’erario eventualmente ancora aperti, perché il fisco può inviare notifiche di accertamento e richieste di pagamento anche all’estero.

Il cittadino che verifica i propri rapporti con il fisco ha modo di attuare tutte le misure necessarie a sanare eventuali posizioni debitorie perché, laddove le autorità italiane preposte non riuscissero a notificare posizioni anomale ai cittadini residenti all’estero, queste non perderebbero efficacia e tornerebbero a gravare sulle spalle del cittadino una volta rientrato in Italia.

Va anche detto che oggi gli accertamenti fiscali diventano vieppiù efficaci anche grazie alla collaborazione che le autorità fiscali dei diversi paesi si offrono vicendevolmente.

I trattati contro le doppie imposizioni fiscali

Sono patti internazionali descritti all’articolo 75 del decreto del presidente della Repubblica 600/73 che possono intervenire a sanare eventuali conflitti fiscali tra Stati. Poiché sono norme internazionali, prevalgono sul diritto interno e richiamano la necessità di individuare in modo chiaro la residenza fiscale del cittadino che si trova in una condizione di doppia imposizione.

Anche questi trattati suggeriscono di procedere a spostare la residenza nel rispetto di tutte le norme perché, in caso di contenziosi che non possono essere sanati con le prove descritte sopra, i criteri per definire la residenza fiscale includono:

  • l’abitazione permanente del cittadino. Il nome può essere fuorviante, perché non si tratta soltanto di abitazioni di proprietà ma anche tutte quelle abitazioni che possono essere ricondotte alle disponibilità del cittadino, per esempio un immobile intestato al proprio coniuge. Secondo le norme, lo Stato in cui il cittadino dovesse avere un’abitazione permanente è considerato quello di residenza
  • il centro degli interessi vitali. Principio che subentra nel caso in cui il cittadino disponga di abitazioni permanenti in entrambi i Paesi e che ne stabilisce l’effettiva residenza laddove questo ha le relazioni personali ed economiche prevalenti. Per esempio, un cittadino che si fosse trasferito all’estero e avesse la famiglia in Italia, potrebbe essere ritenuto residente fiscale in Italia e quindi venire classificato come contribuente italiano
  • il luogo di soggiorno abituale. Se i primi due parametri non sono stati utili a redimere la questione, vale il principio della dimora abituale, certificata dalla durata e dalla regolarità dei soggiorni del cittadino nel Paese estero.

La situazione può quindi diventare caotica e ciò può essere evitato facendo le cose per bene fino dal principio.

Qui, invece, abbiamo parlato dell’iter opposto, ossia del rimpatrio di cittadini italiani residenti all’estero.

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