Scatta l'allarme sul vino: perché è a rischio il Made in Italy

A Casa Coldiretti confronto tra le principali cantine italiane su dazi Usa, vino dealcolato e consumo responsabile. Il settore chiede un intervento urgente alle istituzioni: “L’export verso gli Stati Uniti vale 2 miliardi, non possiamo permetterci di perderlo”

Scatta l'allarme sul vino: perché è a rischio il Made in Italy
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Un fronte compatto per difendere il vino italiano. A Casa Coldiretti, nella giornata inaugurale di Vinitaly, otto tra le più importanti cantine del Paese si sono confrontate con i vertici dell’organizzazione agricola sui grandi temi che oggi preoccupano il comparto: dai dazi Usa all’etichettatura allarmistica, fino alla percezione del consumo tra i giovani. Presenti Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, Francesco Ferreri, presidente della Consulta vino, e Riccardo Cotarella, coordinatore. I dazi statunitensi sono la minaccia più urgente. Alessia Antinori (Cantina Antinori) ha lanciato l’allarme: “Una bottiglia da 10-15 dollari potrebbe arrivare a costare tra i 15 e i 20 dollari al consumo. L’impatto sarà forte, specie per chi lavora su quei volumi. Possiamo solo collaborare con i distributori per attenuare l’aumento e non trasferirlo interamente al cliente finale”.

Le preoccupazioni sono condivise da tutta la filiera vitivinicola, che in una nota unitaria – firmata da Alleanza Cooperative Agroalimentari, Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini – ha chiesto un intervento immediato delle istituzioni: “Serve un’azione diplomatica forte per sospendere i dazi. L’export verso gli Stati Uniti vale 2 miliardi di euro. Il rischio è perdere quote di mercato e vedere sparire molti dei nostri vini di eccellenza dalle tavole americane”. Preoccupazione anche per il tema delle etichette allarmistiche e la crescente stigmatizzazione del vino. Josè Rallo (Donnafugata) ha sottolineato: “C’è il pericolo che il vino non venga più visto come parte di una tradizione millenaria fatta di equilibrio e cultura, ma come un vizio da censurare”.

Dello stesso avviso Enrico Coser (Ronco dei Tassi): “Serve una netta distinzione tra abuso e consumo consapevole”. Marta Cotarella (Famiglia Cotarella) ha ribadito l’importanza del valore sociale del vino: “Per i giovani italiani il vino è sinonimo di ‘insieme’. Diversamente da altri alcolici, spesso più economici, il vino racconta un’esperienza, una cultura”. Aldo Vajra ha invitato all’ottimismo: “C’è un passaggio generazionale in atto, dobbiamo avere fiducia e raccontare ai nostri figli la bellezza del nostro lavoro”.

Sulla questione del vino dealcolato, Giancarlo Tommasi ha aperto alla diversificazione: “Se c’è chi si sente di produrre un vino a basso o nullo contenuto alcolico, è giusto che possa farlo”. Infine, uno sguardo ai successi.

Vittorio Moretti (Bellavista) ha ricordato i risultati ottenuti: “Siamo riusciti a costruire un’offerta che unisce quantità, qualità e soddisfazione economica”. Il settore insomma resta in trincea, ma non rinuncia alla fiducia. Come ha concluso Giacomo Neri (Casanova di Neri): “Tutti sono ottimi capitani con il mare calmo. Ora servono nervi saldi”.

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