La lista d'attesa è lunga, come spesso capita nella sanità italiana. Bisogna aspettare oltre un anno per cambiare sesso nel reparto più all'avanguardia nella metamorfosi di genere. Ospedale Cattinara, torre chirurgica, dodicesimo piano, clinica urologica. Dalle finestre in cima al colle si domina il golfo di Trieste e i rilievi della Slovenia, col cielo limpido si scorgono anche le montagne croate. Una terra di frontiera, l'angolo più meticcio del Paese, la città che ai primi del Novecento diffuse la psicanalisi in Italia e dove viveva lo scrittore Italo Svevo: La coscienza di Zeno fu il primo romanzo in cui era protagonista la scienza che studia l'inconscio.
Ed è un male oscuro quello che affronta l'équipe guidata dal professor Carlo Trombetta, primario di urologia: il disturbo psichiatrico di chi non si ritrova nel proprio corpo. Nel linguaggio scientifico è chiamata disforia dell'identità di genere. Disforia, il contrario dell'euforia, il non sentirsi contenti di sé.
IL DISAGIO ORIGINALE
«È il disturbo mentale che si origina in persone le quali vivono in un corpo che non è il loro, che non corrisponde alle proprie esigenze», chiarisce il dottor Stefano Bucci, responsabile della struttura semplice di disforia di genere al Cattinara.
Un male riconosciuto dalla psichiatria ufficiale, classificato nella Icd (International classification of diseases) dell'Organizzazione mondiale della Sanità e nel Dsm 5 (il Manuale diagnostico e statistico dei disordini mentali) dell'Associazione psichiatrica americana. Il transessuale ha un'identificazione di sé diversa da quella biologica; non un semplice disagio ma un malessere profondo, persistente, confermato da analisi cliniche, e tale da compromettere i rapporti familiari, sociali e lavorativi. Secondo i dati dell'Onig (Osservatorio nazionale dell'identità di genere), ne è colpito lo 0,005 per cento della popolazione: 5 persone su centomila, 3.000 in Italia, 350mila nel mondo.
Solo una parte di transessuali decide di affrontare questo disagio con lo psicoterapeuta. E ancora meno sono coloro che intraprendono il lungo e sofferto percorso che li porterà prima al trattamento ormonale - una terapia che una volta avviata deve proseguire per tutta la vita - e forse anche all'intervento chirurgico per adeguare la morfologia del corpo alla psiche, passando per le traversie giudiziarie di una sentenza del tribunale accompagnata da perizie medico-legali che autorizzi il cambio di sesso. Il disagio non dipende dal comportamento sessuale, dicono i medici triestini i quali camminano sul sottile crinale che divide la scienza dal pregiudizio; non è una rivendicazione di diritti e nemmeno un capriccio come rifarsi il naso o il seno. Spiega Bucci: «Qui arrivano persone di ogni ceto sociale, dal professionista affermato all'operaio, che non cercano i riflettori e si sottopongono a sofferenze sfibranti».
Il Cattinara è l'eccellenza italiana nella costruzione dei nuovi organi genitali. Vengono pazienti da ogni regione e anche dall'estero. Qui operano i pionieri della «riattribuzione chirurgica dei caratteri sessuali», così viene chiamata. La clinica ogni anno esegue il maggior numero degli interventi compiuti nel nostro Paese: dal 1995 ne sono stati realizzati circa 300, 260 da maschio a femmina e una quarantina da femmina a maschio, oltre a più di 50 operazioni per correggere interventi svolti altrove. Età media 33 anni. Il 12,3 per cento è risultato affetto dal virus Hiv dell'Aids, una percentuale maggiore rispetto all'intera popolazione ma inferiore ai dati internazionali: 27,7 negli Stati Uniti e 19,1 nel mondo.
UN TEAM DI SPECIALISTI
Che cos'ha di particolare l'ospedale di Trieste? Innanzitutto l'esperienza: è dal 1995, con l'arrivo da Sassari del professor Emanuele Belgrano, che opera un'équipe specializzata, il Cedig (Centro di diagnosi e cura della disforia di genere). E poi una tecnica all'avanguardia, un approccio multidisciplinare, un'assistenza scrupolosa codificata in un protocollo aziendale che disciplina il ricovero e il decorso post-operatorio. Perché i medici non vogliono lasciare sole queste persone nel secondo capitolo della loro esistenza, nel difficile mestiere di convivere con la nuova sessualità.
Il team di specialisti comprende urologi, chirurghi plastici, chirurghi generali, anestesisti, endocrinologi, ginecologi, psichiatri, radiologi, psicologi, infettivologi e perfino otorinolaringoiatri, se qualcuno intende correggere anche la voce. Nella riconversione sessuale sono molte le competenze coinvolte. Le stanze per i transessuali sono separate e anche gli infermieri vengono addestrati in reparto a trattare con i familiari e con i pazienti ricoverati per altre patologie. Ogni anno la clinica diretta dal professor Trombetta organizza un master di quattro settimane in chirurgia andrologica e disforia di genere. «È una chirurgia demolitiva e ricostruttiva assieme, molto affascinante e in continuo rinnovamento», dice il dottor Bucci. Ma anche singolare perché interviene su organi funzionanti, non malati, e ne realizza di nuovi ma incompleti: non tutte le persone operate potranno avere rapporti sessuali, in ogni caso nessuno avrà figli. Una cyber-chirurgia che prende pezzi di corpo vivo e li manipola, li rende «altro». «Lo scopo è realizzare genitali esterni esteticamente buoni e funzionali dice Bucci -. La particolarità di Trieste è che cerchiamo di salvaguardare anche la sensibilità erogena. Senza la possibilità di provare piacere si tratterebbe di pura chirurgia plastica». I tessuti più sensibili del glande vengono trasformati nel nuovo clitoride mentre la pelle del pene e dello scroto serve a modellare la «neovagina». Per costruire il «neofallo», invece, una volta si impiegavano lembi dall'addome o da una coscia: ora invece al Cattinara prelevano un pezzo di avambraccio con la sua vascolarizzazione (arteria, vena, nervo) che viene conformato, dotato di una cannula interna per prolungare l'uretra, e trapiantato.
BISTURI E SENTENZE
Spiega il dottor Bucci che nella riassegnazione maschile poter urinare in piedi è quasi più importante che avere rapporti sessuali. «Possiamo anche impiantare una protesi che consente la penetrazione e, volendo, protesi estetiche per i testicoli, le stesse usate per esempio dopo l'asportazione per un tumore». Due équipe lavorano contemporaneamente: quella di chirurgia urologica e quella di chirurgia plastica, guidata dal dottor Vittorio Ramella, che in seguito potrebbe intervenire nuovamente per una mastoplastica: a seconda dei casi, togliere il seno o costruirlo con due protesi mammarie.
Gli interventi durano almeno cinque ore se non si verificano imprevisti. Un'intera giornata di sala operatoria più un'altra decina di giorni di degenza. In reparto, dove sono ricoverati anche quanti soffrono di altre malattie urologiche, qualcuno si lamenta perché ci sarebbero interventi più urgenti di queste metamorfosi. Anni fa qualcuno scherniva il Cattinara come «Casablanca d'Italia». «Ora è molto più facile parlare di queste cose ammette il dottor Bucci -. Ma noi facciamo il nostro dovere di medici, affrontando una patologia e rispondendo alla sentenza di un tribunale». «Dev'essere chiaro aggiunge Bucci -: non si entra in sala operatoria senza il pronunciamento di un giudice. Da studente, poi specializzando e ora da strutturato sono venuto a contatto con persone con sofferenze profonde per sé, i familiari e i conoscenti. Prima di essere operato, un transessuale è stato rivoltato dagli specialisti e dai consulenti del tribunale e sta sopportando pesanti terapie ormonali per limare le caratteristiche fenotipiche dell'organismo che dovranno continuare per tutta la vita. Dopo l'intervento per loro tutto cambia, la prospettiva del futuro come la vita quotidiana. È gente che tanto bene non sta. Ha diritto ad avere assistenza, diagnosi, cure».
Il trattamento è a carico del Servizio sanitario. Il costo stimato è di 15-20mila euro oltre a eventuali ritocchi. A carico degli operati restano spese come quelle per i dilatatori vaginali che in certi casi vanno portati tutta la vita per evitare stenosi, più naturalmente le altre visite, le terapie e i costi legali per la richiesta al tribunale della «rettificazione di attribuzione di sesso» prevista dalla legge del 1982. Le risorse della sanità pubblica sono limitate, i tagli incidono anche in un ente a statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia e la priorità va a ridurre altre liste d'attesa. Da qualche anno il Cedig riesce a ottenere finanziamenti supplementari dalla regione che attinge a risorse economiche «di criticità». Grazie a questi fondi il centro è riuscito a eseguire 10 interventi in più.
Anche in questo caso non sono mancate le polemiche perché c'è sempre qualcosa di più urgente che finanziare i cambi di sesso. Ma Bucci taglia corto: «La nostra Azienda sanitaria ci ha sempre sostenuto». Al dodicesimo piano del Cattinara la politica cercano di tenerla fuori.
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