Elizabeth Taylor era tutto sommato una tranquilla padrona di casa e una brava madre di famiglia. Unacqua cheta, «La gentilezza in persona», un «Angel».
Laltra Liz, invece, lautrice appunto di The Soul of Kindness (1964) e di Angel (1957), fu una perfida soave, una regina nera. Dama di picche capricciosa e geniale, femmina elegante, maliziosa e micidiale come solo una vera signora, una perfetta british lady sa essere. E fu lady due volte dark: disposta a tramare nel buio, a tenersi nellombra delle mura domestiche, o della letteratura frivolo-romantica-sentimentale (quale era considerata ai tempi la scrittura femminile). Per colpire quando meno te lo aspetti con armi affilate e arti raffinate. Eventualmente tra i lampi della fama postuma. Fra i suoi colpi - di genio e di fulmine - messi a segno con maggior successo, luno centrò la romanziera Anne Tyler, che negli anni 80 elesse la nostra Taylor sua maestra e ne promosse la riscoperta in Gran Bretagna. Laltro si abbatté più di recente sul regista François Ozon, quellAngel da cui un anno fa trasse lirresistibile commedia con Romola Garai e Charlotte Rampling.
Non fu una mantide, va detto, la scrittrice maliarda omonima e neanche parente alla lontana dellattrice dagli occhi viola che sposò otto mariti e lasciò e riprese varie volte il più noto, Richard Burton, prima di seppellirlo. Monogama e fedele allufficiale dellAir Force che aveva sposato ventiquattrenne nel 1936 (la nostra stella era nata nel 1912, ventanni prima della star del cinema), cercò i suoi svaghi tra le carte quando il marito partì per il fronte. Impugnò in guerra, alletà di 32 anni, la penna con cui scrisse il suo primo romanzo. E da allora, dal 1944 degli esordi, ne firmò in tutto dodici, più una storia per ragazzi e due raccolte di racconti.
Lultimo romanzo, Blaming, uscì postumo nel 1976, un anno dopo la morte, e ora arriva in Italia con il titolo La colpa (Neri Pozza, pagg. 176, euro 15), tradotto con ritmo brioso dalla talentuosa Claudia Valeria Letizia. Racconta la storia di un felice amore coniugale e di uninsospettabile vedova nera. Di una crociera finita malissimo e del viaggio esotico in una Londra tutta da esplorare. Di una fedeltà da esibire, una colpa da espiare. Di un gratificante domestico ménage e delle ripicche, le stizze, i ricatti, i dispetti che corrono maligni e serpigni fra i parenti. Di unamabile suocera e unamorevole nuora. Di una nonna mal rassegnata a star da sola nella sua parte di letto. Delle nipoti e del maggiordomo: angeliche le prime, ma solo se addormentate, diabolico il secondo, ma solo se sorride, col ghigno da scheletro della sua nuovissima dentiera. Di un figlio devoto troppo spesso distratto da doverosa sollecitudine. Di un ospite ingrato accolto a malincuore per improcrastinabile gratitudine.
È unospite con lapostrofo, una donna, una femmina. Una scrittrice americana, non meglio identificata che col nome di Martha (il cognome Larkin, trascurato dai contemporanei, sarà dimenticato dai posteri) e chiamata dallautrice del romanzo a un duro scontro con la protagonista e primadonna.
È proprio Amy, la Grande Dame, la Old British Lady, leroina de La colpa, a riassumere in sé e a portare mirabilmente a maturazione i vizi e le virtù dei personaggi femminili della Taylor. Come la Flora di La gentilezza in persona (Giano, pagg. 280, euro 14, 2003): sposa bionda, moglie solare, divinità da salotto che mal cela egoismi e fatuità sotto la radiosa aureola che lavvolge. O come lAngelica Angel Deverell (ritrovata, nel film e nel romanzo edito da Neri Pozza - pagg.
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