Il commento Il privato si muove La politica non perda il passo

di Carlo Maria Lomartire
Da una parte la settimana della moda che si rilancia e alla grande rilancia l’immagine della città; dall’altra l'Expo che da quasi tre anni è vergognosamente immobile minando il mito dell’efficienza meneghina: Milano a due velocità, schizofrenica, dalla doppia personalità? Mettiamola così: Milano come rappresentazione e paradigma del Paese, della sua capacità di gestire gli eventi, gli impegni, i cambiamenti. Milanesi sono gli amministratori che si occupano dell’Esposizione universale del 2015, milanesi gli organizzatori della «Milano Fashion Week»: e allora perché questi ultimi in pochi mesi sono riusciti a stravolgere e rivitalizzare un evento che sembrava destinato al deperimento mentre i primi in tre anni non sono stati in grado neppure di compiere il passo preliminare, l’acquisto dei terreni? La risposta è tanto semplice da rasentare l’ovvietà: perché Expo è gestita dalla mano pubblica mentre il gran circo della moda è tutto affidato ai privati anche se il Comune stimola, agevola, acconsente. Non è una questione politica, non dipende dal colore della giunta comunale o della presidenza della provincia e della Regione. L’intoppo dell’Expo dipende dall’intreccio infernale fra tre enti locali, la Fondazione Fieramilano, la Soge società di gestione dell’Expo, due o tre ministeri e i proprietari dei terreni; il tutto impastato da una melma micidiale di intralci burocratici, incombenze legali, vincoli giuridici, regolamenti e conflitti di competenze. Per la settimana della moda, invece, i protagonisti sono gli stilisti coordinati dalla Camera della Moda. Punto.
Certo i due eventi non sono assimilabili e neppure paragonabili, essendo diversissimi in tutto. Ma si possono confrontare le modalità di comportamento di chi se ne deve occupare. Modalità imposte non dalla qualità delle persone - arduo accusare di inefficienza gente come Roberto Formigoni e Letizia Moratti - ma dalla natura degli eventi: inevitabilmente pubblica quella dell’Expo - da qui i vincoli e le pastoie - e fortunatamente privata quella della settimana della moda. Se ne deve dedurre che, ad esempio, sarebbe stato meglio mettere l’Expo in mani private? Certo che no, sarebbe semplicemente impossibile. Expo per sua natura non può che essere gestito dalla mano pubblica. Al privato, ai privati mancherebbe la motivazione fondamentale: l'interesse, il ritorno economico. Essi devono semmai, partecipare e anche in larga misura alla realizzazione. La strada da percorrere, invece, è un’altra: dipanare l'intrico che sempre impaccia ciò che è pubblico, ridurre al minimo il numero delle voci dissonanti, dei poteri di veto, dei centri decisionali.

Ad esempio, nel caso dell’Expo, perché tre enti locali? Questo, però, è un discorso generale, che riguarda i modelli di sviluppo del Paese: meno burocrazia, meno dispersione delle capacità decisionali, meno poteri d’interdizione. Tentando, per quanto le è possibile a livello locale, questa piccola grande rivoluzione, ancora una volta Milano darebbe l’esempio.

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