Il «comandante» o l’ «uomo nero». Ovvero Pierluigi Concutelli, l'assassino del giudice Vittorio Occorsio, il «cattivo maestro» per un’intera generazione di aspiranti soldati del terrore a destra. Dopo 32 anni passati nelle carceri di tutt’Italia, per lo più di massima sicurezza, ha ottenuto gli arresti domiciliari con modalità speciali per motivi di salute. Lo ha stabilito il tribunale di sorveglianza di Roma accogliendo la richiesta del suo avvocato.
Concutelli è sostanzialmente un uomo libero. Potrà godere di 4 ore al giorno di totale libertà per le sue esigenze personali. In più, tutte le volte che sarà necessario, potrà recarsi nelle strutture sanitarie per ricevere le cure che gli servono dopo che a dicembre è stato colpito da un ictus. Sulle spalle ha tre ergastoli. Capo militare del gruppo neofascista Ordine Nuovo sciolto con decreto ministeriale e decisione democristiana nel '73 per ricostituzione del partito fascista (la prima volta che venne applicata la legge Scelba). Candidato - con poco successo - alle comunali di Palermo nel '75 per il Movimento sociale da cui fu espulso poco dopo. Latitante in Spagna fece in tempo a tornare per imbracciare la mitraglietta e in una mattina torrida, il 10 luglio del '76, sulla via Nomentana a Roma massacrare il sostituto procuratore Vittorio Occorsio, perché indagava sui «neri». Aveva 47 anni, Occorsio, e una bella famiglia: il figlio, Eugenio, fa il giornalista a Repubblica.
Preso qualche mese dopo, il Comandante è diventato uno dei boia delle carceri. Il killer spietato dei «camerati» Ermanno Buzzi e Carmine Palladino, presunti traditori uccisi a mani nude e con un filo di nylon della rete di pallavolo. In tre decenni si è ammantato della fama di irriducibile. Non c’è uno degli (ex) ragazzini saliti alla fine degli anni '70 e all'inizio degli '80 sulla «nave dei folli» - altra definizione concutelliana - della lotta armata declinata a destra, da quelli dei Nuclei armati rivoluzionari e Terza posizione, che a domanda non abbia risposto: «Il nostro mito era Concutelli (oltre a Mario Tuti)».
Per qualche tempo ha goduto della semilibertà (di giorno fuori al lavoro, la notte in cella). Revocata lo scorso agosto quando gli trovarono in tasca marijuana. A 65 anni ha diversi problemi di salute. Il suo stato è incompatibile con il carcere, hanno ribadito i medici di Rebibbia.
pierangelo.maurizio@alice.it
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