Stefania Craxi*
Con una intervista di due ore a Matrix, incalzato dalle domande di Enrico Mentana, lex presidente di Unipol Consorte si è riaffacciato al mondo della politica e degli affari. Noi lo pensavamo tuttora alle prese con una giustizia benevola, che lesinava i capi di imputazione, negava arresti, rinviava alle calende greche gli interrogatori, proclive a bersi, la favola dei 50 milioni di euro (25 a lui, gli altri 25 al suo vice Ivano Sacchetti) che sarebbero il compenso per i servizi professionali resi nella vendita di Telecom. (Ma che centra allora Sacchetti?)
Niente di tutto questo. Per Consorte lindagine a suo carico non esiste e se esiste non conta nulla. Consorte è una vittima e un accusatore. Sebbene fosse pappa e ciccia con il raider Gnutti e i furbetti del quartierino fin dai tempi della scalata alla Popolare di Mantova lui con lAntonveneta non centra nulla. Fazio lo ha visto tre volte in vita sua per sentirsi dire che lo avrebbe fatto passare sotto le forche caudine. LOpa sulla Banca nazionale del lavoro è stata fatta fallire da un complotto fra politici, giornalisti e ambienti finanziari. Consorte non ha fatto nomi ma ha ricordato gli attacchi di Rutelli e Parisi e lambiguità di Caltagirone, prima della sua parte, poi dall'altra.
E accusa: denuncerò 14/15 persone; porterò i documenti, i magistrati devono indagare. Non più su di lui ma sugli altri. Ma non è questo ennesimo strascico giudiziario a preoccupare. Il vero allarme sta nellannuncio di Consorte che egli rientrerà alla grande negli affari e in politica. Dove? A sinistra, dove milita da quarantanni con la benedizione di tutti i segretari comunisti e post-comunisti, ultimi Fassino e DAlema; nel mondo delle cooperative per le quali ha progetti grandiosi.
Non mancava che Consorte e i suoi annunci di prossime imprese per rendere di stringente attualità la proposta di legge per una Commissione dinchiesta sui rapporti fra cooperative, partiti politici e amministrazioni locali da me presentata con altri colleghi di Forza Italia. Non credo proprio che il mondo delle cooperative abbia bisogno della disinvoltura di Consorte per prosperare nei suoi affari. I privilegi di legge, la benevolenza dei controlli, la protezione politica sono già più che sufficienti alla bisogna.
In un eccesso di protagonismo, conosciuta la mia proposta, il presidente della Unicoop di Firenze mi ha sfidato a cominciare da lui lindagine. Spero che la mia proposta sia approvata e che posso accontentare il solerte presidente dellUnicoop fiorentina. La quale, nel 2003, è riuscita ad azzerare completamente gli utili di bilancio con una serie di artifici più prossimi alla fantasia che alla legalità e nel bilancio 2005 non potendo nascondere 94 milioni di euro, accampando agevolazioni di ogni genere è riuscita a pagare al fisco solo 3 milioni di euro, cioè unaliquota del 3,25!
Ma questa è materia che dovrebbe interessare solo il viceministro Visco. I guasti che le cooperative «rosse» in accordo con le amministrazioni locali di uguale colore, arrecano al mercato e alla democrazia politica sono di ben altra gravità. Losmosi tra dirigenti di partito e dirigenti delle cooperative è da decenni una pratica comune. Nei comuni amministrati dalla sinistra le cooperative vincono fra il 20 e il 30 per cento di tutti gli appalti pubblici; dominano il mercato della distribuzione (in Emilia il 67 per cento), tradiscono, senza che nessuno intervenga, la ragione stessa della loro esistenza, cioè il vantaggio del lavoratore o del consumatore per lassenza dellintermediazione. Fanno utili, spesso faraonici, pagano ai propri dirigenti emolumenti grandiosi e sostengono la barca comunista. Non è un caso che le uniche regioni dove i Ds mantengono posizioni egemoni sono le tre regioni rosse. Fuori della Toscana, Emilia e Umbria cioè fuori dellarea della cooperazione, i Ds sono quasi sempre un partito residuale che spesso non arriva al 10 per cento.
Come scritto nella relazione che accompagna la proposta di indagine nessuno dei proponenti cerca scandali.
*Parlamentare di Forza Italia
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