Una cortina... di spie. La Guerra fredda è un tunnel dal quale non siamo mai usciti

Domenico Vecchiarino racconta mezzo secolo di avventurose battaglie di intelligence

Una cortina... di spie. La Guerra fredda è un tunnel dal quale non siamo mai usciti

Quella che si sta combattendo in Ucraina è indubbiamente una guerra calda. Il conflitto però ha innescato anche meccanismi che sembrano aver fatto rialzare una sorta di cortina di ferro (posizionata molto più a Est) tra la Russia, i Paesi della Nato e i loro alleati. Insomma, pian piano attorno alla guerra calda, anzi ancora prima che il fronte si incendiasse, si è innescata, silenziosa e strisciante, una nuova Guerra fredda.

Ecco che, allora, compulsare i vecchi archivi e i libri di storia per capire come si è svolta quella lunghissima lotta sotterranea di spie, che ha caratterizzato quasi un cinquantennio della nostra Storia, non è solo una curiosità culturale, quanto un viatico per capire il nuovo tunnel (come quelli che si scavavano sotto il muro di Berlino) in cui potremmo infilarci. Da questo punto di vista il volume pubblicato, per i tipi di Rubbettino, da Domenico Vecchiarino è un vademecum perfetto: Le spie della guerra fredda (pagg. 254, euro 18).

Vecchiarino, che è un ricercatore nel campo dell'intelligence e della geopolitica, ripercorre, con attenzione e gusto dei colpi clamorosi, uno scontro sotterraneo che ha caratterizzato il nostro recente passato e, in qualche modo, gettato le basi del nostro presente. La sciarada di spie, come ricorda Vecchiarino, iniziò in pratica a conflitto mondiale ancora in corso, con la caccia alle Wunderwaffen di Hitler. Le famose armi segrete, a partire dalla V2, non erano state in grado di cambiare il destino della Germania, principalmente per l'incapacità dell'apparato produttivo tedesco, ormai strangolato e demolito dai bombardamenti, di rifornirne le truppe in maniera massiva. Ma erano, dal punto di vista tecnologico, veramente oggetti d'avanguardia. Gli Usa iniziarono l'operazione «Overcast» per dragare tutti gli scienziati nazisti, e nella loro rete finì - per dazione spontanea - Wernher von Braun, l'uomo che ha portato la Nasa sulla luna. I russi risposero con la cosiddetta «Operazione Osoaviakhim»: nelle mani dei sovietici finì, tra gli altri, Fritz Karl Preikschat, lo stesso che nel 1980 brevettò l'auto ibrida con recupero di energia dall'impianto frenante. Giusto per dare l'idea di quanto fosse alta la posta tecnologica.

Ma fu soltanto l'inizio di questo nuovo e feroce big game. La Germania e l'Austria occupate, e soprattutto Vienna e Berlino (divisa in due dal Muro), divennero rapidamente il centro di una feroce attività di spionaggio e controspionaggio sotterraneo. E sotterraneo va inteso in senso letterale.

Si partì a colpi di tunnel scavati dagli occidentali per violare le linee telefoniche russe. Sul finire degli anni '40 i sovietici avevano iniziato, infatti, a utilizzare telefoni e telescriventi per evitare le intercettazioni radio. Gli inglesi ebbero l'intuizione di scavare un cunicolo, a Vienna, per collegarsi ai cavi che partivano dal vicino comando russo. Per coprire i lavori comprarono un negozio che vendeva abiti di tweed, e poi scavarono per venti metri. Un successo: il negozio realizzava enormi guadagni essendo amato dai viennesi e le intercettazioni di comunicazioni continuarono sino al 1955, quando l'Austria smise di essere occupata. A Berlino si trattò di fare uno scavo molto più lungo. Si dovettero spostare 3mila tonnellate di terreno senza che se ne accorgesse nessuno. Un lavoro gigantesco e un capolavoro di ingegneria che servì, per certi versi, a poco. I sovietici avevano svariate talpe all'interno dei servizi britannici e furono subito informati.

Non bloccarono gli statunitensi, né il Kgb diede il minimo sentore di essersi accorto della situazione. Nella paradossale situazione di un tunnel a Berlino e di una «talpa» a Londra era più importante mantenere la talpa a Londra. I «cinque ragni rossi» di Cambridge, gli agenti che Mosca aveva infiltrato ai vertici dei servizi britannici, lavorando all'infiltrazione sin dagli anni '30, valevano ben più di qualunque cosa gli americani intercettassero a Berlino. Le loro soffiate portarono all'eliminazione di decine di agenti occidentali. Fallì così, giusto per fare un esempio, l'«Operazione Valuable» che avrebbe dovuto portare al ribaltamento della dittatura di Enver Hoxha in Albania.

La falla di informazione venne chiusa definitivamente soltanto quando, nel 1963, fuggì a Mosca il famoso Kim Philby (1912-1988) che ha ispirato il romanzo di John Le Carré, intitolato proprio La Talpa.

Ma le pagine più interessanti sono quelle dedicate ad azioni meno note, come quando nel 1959 gli agenti della Cia riuscirono a mettere le mani per un'intera notte su una sonda sovietica che era stata portata in Messico, per mostrarla a scopo propagandistico, sotto strettissima sorveglianza. Gli americani sfruttarono un buco nei controlli sugli spostamenti in camion dei materiali per mettere le mani nella sonda... Il tutto mentre il camionista messicano veniva intrattenuto e corrotto con fiumi di dollari e avvenenti signorine. E nelle vicende narrate non manca nemmeno l'Italia con Maria Antonietta Valente, che venne definita la Mata Hari di Torino.

Nel libro si fa apprezzare anche l'appendice finale con la cronologia e il glossario che aiuta il lettore meno esperto di intelligence ad orientarsi. Quando si chiude il libro si ha l'idea chiara di quanto la lunga pace apparente tra i due blocchi si sia mossa su un equilibrio sottile, che nulla ha da invidiare ai film di James Bond.

Un rimpiattino che, in un certo senso, non è mai finito anche dopo la caduta del Muro e il dissolvimento dell'Urss. Ma che ora rischia di tornare all'intensità degli anni Cinquanta e per di più di essere una Guerra fredda non più bipolare ma multipolare.

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