Così gli agenti segreti di Winston Churchill sconfissero l'Asse nel cuore dell'Africa

"Il ministero della guerra sporca" di Damien Lewis diventa un film di Guy Ritchie. Ecco come andò l'operazione coperta "Postmaster" per neutralizzare i sottomarini dei nazisti

Così gli agenti segreti di Winston Churchill sconfissero l'Asse nel cuore dell'Africa

Non esistono guerre pulite, ma esistono guerre più sporche di altre. Guerre in cui per resistere bisogna usare genio e forza della disperazione. È esattamente quello che fece Winston Churchill creando il Soe, Special Operations Executive, un apparato, parallelo e segreto, che fosse in grado di portare avanti le necessità belliche della Gran Bretagna con «altri mezzi», cioè mezzi considerati inaccettabili dal diritto internazionale. Londra ne aveva disperato bisogno mentre finiva nella morsa degli U-boote e dell'aviazione del Reich. Hitler aveva ormai travolto la Francia, isolando l'Inghilterra.

Le azioni del Soe, che ebbe tra i suoi membri anche Ian Fleming (l'inventore di 007), è rimasta a lungo coperta dal segreto di Stato. Gli studiosi hanno avuto accesso a quel tipo di documentazione solo a partire dagli anni Novanta del Novecento. In ogni caso, i dettagli delle operazioni di guastatori e agenti «dalla mano d'acciaio» - la definizione è di Churchill - non sono ancora del tutto chiariti.

Alcune delle loro imprese però sono diventate la miscela esplosiva di uno dei film più visti del momento: Il ministero della guerra sporca sceneggiato e diretto da Guy Ritchie. Il film racconta l'attacco a un porto africano dove tedeschi e italiani agiscono per rifornire i sommergibili. La pellicola, nella sua successione di colpi di mano, esplosioni e messaggi segreti, ha dell'incredibile. Ci si potrebbe immaginare che Guy Ritchie abbia giocato molto di fantasia sebbene sia partito dalle operazioni raccontate dal giornalista britannico Damien Lewis nel saggio Il ministero della guerra sporca (ora pubblicato in Italia per i tipi di Neri Pozza).

Bene, se si va a guardare la vicenda, per come realmente andata, Richie non ha romanzato più di tanto, al massimo ha dato ai fatti una spolverata di politicamente corretto (sul ruolo dei nativi africani e sui ruoli al femminile) e compresso un po' di eventi per dilatarne altri, magari andando a pescare qualche bella scena a partire da altre operazioni del Soe.

Vediamo allora di raccontare l'operazione Postmaster ovvero il geniale colpo di mano che un piccolo commando inglese portò a termine sull'isola di Fernando Po, all'epoca colonia della Spagna di Franco nel golfo di Guinea.

Il Caudillo consentiva la permanenza i rada di tre navi. Erano le tedesche Likomba e Bibundi insieme alla nave italiana Duchessa D'Aosta, arrivata a Santa Isabel il 10 giugno 1940. Queste navi, presumevano i britannici, potevano essere impiegate per prestare aiuto ai sommergibili e inviare informazioni sui movimenti alleati nel golfo di Guinea. Non si conosceva in modo esaustivo il carico delle navi, ma si poteva supporre che la Duchessa D'Aosta, quella di maggior stazza, oltre a rame e scorte di lana, trasportasse anche armi. Infine queste unità potevano diventare dei violatori di blocco e portare rifornimenti militarmente sensibili e materie prime all'Asse.

Attaccare con mezzi regolari un porto neutrale avrebbe però portato a conseguenze devastanti, persino all'ingresso in guerra della Spagna al fianco dell'Asse. Per questo, venne messo in campo il Soe. Per prima cosa fu attrezzata una incredibile nave pirata. Si trattava del peschereccio Maid Honour da otto cuccette. Aveva un motore piuttosto scassato ma uno scafo robustissimo in grado di reggere l'oceano. Ed era una «Q» nave, proprio nel senso che avrebbe in un romanzo di James Bond. La timoneria in legno compensato era finta e al suo interno nascondeva un cannone Vickers Quik Firing da 40mm, in grado di lanciare 150 proiettili al minuto. Sempre dal ponte potevano essere azionati quattro mortai Blacker Bombard utilizzabili per attacchi a corto raggio contro sommergibili nemici. Senza contare le mitragliatrici Lewis nascoste negli ombrinali, i tubi di scarico. La componente più imprevedibile della missione era però l'equipaggio composto da elementi d'assalto. Sulla nave, travestiti da pescatore svedesi in gita c'erano: Gus March-Phillips al comando dell'operazione; Anders Lassen, alla sua prima missione ma con un futuro da killer (soprattutto col coltello) di prima classe; il tenente Geoffrey Appleyard, ornitologo dilettante ma anche reduce dai durissimi combattimenti di Dunkerque; il tenente Graham Hayes, da civile un intagliatore, da militare un incursore specializzato in sbarchi impossibili; il minorenne Frank Buzz Perkins, mozzo, in realtà abilissimo motorista.

Questo gruppo ristretto navigò per miglia e miglia (già questa fu un'impresa eccezionale) e raggiunse Lagos in Nigeria. Lì i commando prepararono l'incursione coordinandosi con le forze inglesi presenti in loco e reclutando dei volontari: trentadue uomini in tutto per attaccare tre navi e il loro equipaggio in un porto pieno di cannoni. Oltre a qualche centinaio di soldati territoriali spagnoli. Le navi, per di più, non andavano affondate ma rubate per poi simulare la fuga e la diserzione degli equipaggi. Non si potevano lasciare tracce. Le navi della Royal Navy sarebbero intervenute solo in mare aperto, per trainare il convoglio rubato. Una follia?

Sì ma calcolata perché gli agenti avevano un cavallo di Troia, un agente del Soe a Fernando Po: Richard Lippett. Gli era stato assegnato un impiego di copertura presso la compagnia di navigazione John Holt & Co. di Liverpool che possedeva un ufficio commerciale sull'isola. Fu Lippett a pianificare i dettagli del raid. Ma soprattutto a organizzare una gigantesca festa al ristorante. Furono invitati tutti gli ufficiali tedeschi ed italiani. Ovviamente proprio in coincidenza dell'attacco. Nonostante un banale errore di fuso orario avesse seriamente rischiato di rovinare tutto, gli incursori britannici piombarono sulle navi dell'Asse alle 23 e 15 del 14 gennaio 1942. Fecero saltare le catene d'ancoraggio con l'esplosivo, stordirono gli equipaggi con le mazze e senza causare nemmeno un morto trascinarono fuori dal porto i tre navigli. La maggiore resistenza agli incursori fu posta da alcuni maiali che si trovavano liberi (in attesa di macellazione) sul ponte della Duchessa D'Aosta.

Nel frattempo, la guarnigione spagnola, scambiando le esplosioni per un bombardamento aereo, iniziava a sparare verso il cielo e non verso il porto aumentando enormemente la confusione e consentendo ai rimorchiatori - che gli inglesi avevano aggregato al peschereccio armato - di portare al largo la propria preda bellica.

Fu un successo enorme che confermò, contro ogni dubbio, quanto la strategia di guerra non convenzionale voluta da Churchill fosse efficace. A quel punto si trattò di gestire il post operazione. Iniziava la guerra di carta. La Germania, l'Italia e Spagna scatenarono ambasciatori e giornali parlando apertamente di un «atto di pirateria». Ma senza avere nessuna pistola fumante da attribuire ai britannici. Persino Richard Lippett, l'agente residente, era riuscito a fuggire seppur a prezzo di enormi sofferenze. Mise fuori combattimento due agenti spagnoli a pugni, rubò una canoa e poi remò per 15 ore per raggiungere la Nigeria. Gli spagnoli, brancolando nel buio, arrivarono ad accusare addirittura un tedesco, il medico residente sull'isola Heinrich Lühr, all'oscuro di tutto ma manovrato da Lippett. Le speculazioni erano strampalatissime, di volta in volta rivolte: verso inglesi, americani, sovversivi spagnoli anti-franchisti, persino francesi contrari al governo collaborazionista di Vichy.

Il tentativo di sollevare il caso da parte della stampa tedesca fu neutralizzato da quella britannica ben diretta da un ufficiale del servizio informazioni della Marina... Sì, avete indovinato: Ian Fleming, l'autore che inventerà James Bond. A questo punto, non stupisce che poi abbia scritto di 007. Gli agenti del Soe addestrati ad uccidere avevano davvero il numero di matricola che iniziava con lo zero. Ed erano decisamente pericolosi.

Per l'addestramento, si erano rivolti a William Fairbain ed Eric Sykes due agenti della polizia municipale di Shanghai. Insegnarono ai commando come si faceva ad uccidere silenziosamente ed impietosamente nel porto cinese. Le tecniche andavano dalla pugnalata nell'incavo della scapola al tiro ravvicinato di pistola: due colpi al petto e uno alla testa sparati con l'arma contro l'anca.

Questo metodo Shanghai anche noto come scuola del caos sanguinario e dell'assassinio era orribile. Ma vincente, come ogni guerra sporca che si rispetti. Tutto sommato, Guy Ritchie poteva solo edulcorarlo per portarlo sullo schermo.

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