Così Diana Wynne Jones ha rivoluzionato il Fantasy

Pubblichiamo in questa pagina, per gentile concessione dell'editore Rizzoli, uno stralcio inedito in Italia di Perché dovresti leggere libri per ragazzi di Katherine Rundell, volume ripubblicato in edizione speciale per celebrare il centesimo libro della collana BUR Ragazzi

Così Diana Wynne Jones ha rivoluzionato il Fantasy

Nel 1977 la scrittrice Diana Wynne Jones terminò un romanzo fantasy per ragazzi e spedì il manoscritto finale al suo editore. Lì un editor le chiese qualche cambiamento, che lei non aveva alcuna intenzione di fare. Invece di dirglielo, però, Wynne Jones prese la copia carbone delle bozze, tagliò in sezioni alcune pagine e le riattaccò (le stesse parole, nello stesso ordine) per dare l'impressione che il libro fosse stato pesantemente rivisto. Lo rimandò al suo editore: il libro ora era perfetto, le dissero. Certo che lo era, lo era sempre stato. Il libro in questione era Vita stregata, uno dei più arguti e intelligenti fantasy per ragazzi di sempre.

Ci sono scrittori la cui voce è così vivida e così peculiare che quando trilla la si può riconoscere anche a dieci miglia di distanza e con il vento contrario: Diana Wynne Jones è tra questi. Jones, che morì nel 2011, aveva qualcosa in comune con John Donne, con El Greco e con Miles Davis: era un'originale. Abbiamo bisogno di gente così, di originali: ci mostrano che cosa possiamo fare.

Si può cominciare a leggere Wynne Jones già a sei sette anni, con Wild Robert, la storia di un fantasma gentile che per metà (la metà materna) è un mago. Poi, crescendo, si può passare al Castello errante di Howl, che è stato adattato in film dallo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki; conosco molte donne che considerano il mago Howl il loro primo amore. I lettori più raffinati tendono ad appassionarsi ad Archer's Goon, con i suoi sette fratelli maghi e un viaggio nel tempo. Per gli adolescenti c'è Fuoco e cicuta, ispirato alla ballata di Tam Lin e la cui struttura ricorda i Quattro quartetti di T. S. Eliot. Ma il gioiello per me sono le Cronache di Chrestomanci, sei romanzi su un incantatore dalle nove vite che controlla la magia dei mondi conosciuti. Sono perlopiù ambientati in un castello magico dove i bambini imparano a usare i loro poteri: Harry Potter deve molto a questa serie.

Quello che mi piaceva di più, da bambina, era il riguardo che questi libri dimostravano nei confronti dell'intelligenza del lettore. L'opera di Diana Wynne Jones è tutta illuminata dal rispetto per i suoi lettori bambini. È calda, sardonica, e in certi punti inaspettatamente ellittica. Jones si rifiuta di spiegare tutto: i libri sembrano dire: «Lasciali inventare, lascia fare a loro». Non è chiaro, per esempio, il modo in cui Howl riesce a trasformare un poema di John Donne in un incantesimo; e proprio lasciando questo spazio da riempire, i libri invitano il lettore a collaborare. Un romanzo di Diana Wynne Jones diventa tuo perché tu partecipi alla sua creazione. E tanto quanto sono generosi con i bambini, i suoi romanzi rifiutano l'idea che gli adulti siano perfetti.

Nel mondo di Jones, gli adulti possono essere meravigliosamente gentili, ma non sono mai infallibili. Quando la guerra scoppiò, Jones aveva cinque anni. Racconta che sua madre le disse che era una bambina «brutta, una mezza teppista ma brillante». All'età di otto anni capì di colpo che cosa avrebbe fatto della sua vita. «Un pomeriggio, mentre stavo leggendo, mi alzai in piedi e decisi che un giorno sarei diventata una scrittrice. Calma e convinta, andai a dirlo a miei genitori. Non fa per te disse mia madre. Mio padre esplose in una risata. Aveva un'idea patriarcale delle ragazze: non c'era nulla per cui fossero portate, secondo lui».

Non è un caso che i libri di Jones siano punteggiati di adulti tirannici, vanesi e capricciosi, o semplicemente di adulti che si sbagliano. Per l'epoca era una decisione audace. Nel 1996 scrisse alla studiosa Deborah Kaplan: «Quando ho iniziato a scrivere, c'era nei libri per ragazzi la regola ferrea che gli adulti buoni non dovessero mai essere messi in discussione o criticati. Io ero determinata ad abolirla». La strada che la portò a pubblicare i suoi libri non fu affatto lineare. Quello che scriveva era strano, e nuovo. Nei suoi appunti autobiografici racconta: «Mi fu chiaro che avrei scritto libri fantastici... perché non riuscivo a credere a quello che la maggior parte delle persone considera la vita nomale... I miei scritti furono rifiutati da editori e agenti con sconcerto e incredulità». Quando però fu pubblicata, i libri arrivarono uno dopo l'altro: ne scrisse otto tra il 1972 e il 1975. «Ci ho messo otto anni per scrivere un romanzo e tredici giorni per scriverne un altro».

A ventun anni ho vinto un assegno di ricerca all'All Souls College di Oxford. Avrei lavorato a una tesi di dottorato su John Donne per la quale mi fu assegnato come mentore il prestigioso studioso di Rinascimento Colin Burrow. Mi chiese quali fossero i miei progetti per quegli anni di università. Io gli risposi che volevo scrivere per ragazzi nei miei sogni volevo scrivere libri in cui i ragazzi avrebbero trovato parole vivide, grandi idee e battute sorprendenti , alla maniera di Philip Pullman e Diana Wynne Jones. Lui allora mi disse: «Diana Wynne Jones è mia madre».

Non sono mai stata più felice di essere colta di sorpresa. In questo momento sto scrivendo una serie fantasy, si intitola Creature impossibili. I libri sono ambientanti in un arcipelago incantato, nascosto nell'Oceano Atlantico settentrionale, dove tutte le creature del mito vivono ancora. Lavorarci mi ha suscitato grande rispetto e ammirazione per Diana Wynne Jones e per il lavoro scrupolosissimo che serve a un fantasy perché funzioni. (...)

Il fantasy non è facile, ma non ho mai dubitato che valesse la pena

provarci. Perché quando funziona offre al lettore un piacere unico, che è proprio solo del fantasy e che ha a che fare con la sua limpidezza metaforica. Diana Wynne Jones e la magia che è riuscita a evocare ne sono la prova.

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