Crisi, G20 è già diviso L'Fmi: "Sono a rischio 30 milioni di posti"

Nel fine settimana i Grandi della Terra riuniti a Toronto, in Canada. Tutti d’accordo sulla necessità di una crescita "sostenibile" ma lontani sulle "ricette" per centrare l’obiettivo. E L'Fmi lancia l'allarme disoccupazione. La Merkel: "Risanare i conti"

Crisi, G20 è già diviso 
L'Fmi: "Sono a rischio 
30 milioni di posti"

Toronto - Tutti d’accordo sulla necessità di una crescita "sostenibile, robusta ed equilibrata". Ma lontani sulle "ricette" per centrare l’obiettivo. Il G20 di Toronto - e prima il G8 - che nel week end vede seduti intorno al tavolo i grandi della terra che rappresentano il 90% del pil mondiale, si apre con molti nodi da sciogliere. Ed il rischio che si concluda con un nulla di fatto. Nella città canadese i Grandi del Pianeta si presentano infatti con molte posizioni diverse. E altrettanto diverse esigenze.

L'allarme dell'Fmi Il Fondo monetario internazionale lancia l’allarme e avverte i leader del G20: senza un accordo in grado di produrre politiche anti-crisi coordinate, si rischiano di perdere 30 milioni di posti di lavoro e 4.000 miliardi di produzione industriale nei prossimi cinque anni. Il calcolo, secondo quanto riporta la stampa americana, è contenuto in un documento distribuito dall’organizzazione di Washington al leader del Gruppo che aprirà i suoi lavori domani pomeriggio a Toronto. I leader delle 20 maggiori economie al mondo si riuniscono per il G8 prima e il G20 poi proprio mentre il Fmi mette in guardia. "Questo è l’argomento più forte per trovare degli standard comuni" afferma il ministro delle finanze canadese Jim Flaherty. Partendo per Toronto, il presidente americano Barack Obama si è augurato di proseguire sulla strada dei progressi registrati nel corso dei due precedenti G20 "coordinando i nostri sforzi per promuovere la crescita economica, perseguire la riforma finanziaria e rafforzare l’economia globale. La crisi ha dimostrato, e gli eventi recenti lo confermano - ha aggiunto - che le nostre economie sono inestricabilmente legate".

La Merkel: "Risanare i conti" La Germania ribadisce la posizione europea sulla politica economica: "E' giunto il momento di ridurre i deficit di bilancio" ha affermato la cancelliera Angela Merkel, incontrando i giornalisti giungendo a Huntsville, in Canada. Dopo la crisi di bilancio in Grecia ormai i governi dell’Ue, e soprattutto dell’area euro sono tutti orientati verso manovre di risanamento dei conti pubblici. "L’Europa ha si è accorta di cosa significhi avere deficit troppo elevati" ha aggiunto la Merkel.

Interventi e misure contro la crisi A fronte di un quadro, quello dell’economia mondiale, che appare a "macchia di leopardo" con il fronte dei paesi emergenti che sta tirando la "ripresa" (con tassi di crescita che viaggiano sul 6-10 per cento) e con il blocco degli industrializzati che, invece, segna il passo con tassi di crescita più lenti e contenuti. E, quindi, con diverse esigenze di "interventi e misure". Ma non solo. Anche tra le economie mature le posizioni non sembrano affatto compatte. A cominciare da chi - è il caso dell’America di Obama - chiede più stimoli all’economia, anche in vista della riduzione del debito, e chi - come l’Europa e soprattutto la Germania della Merkel e la Francia di Sarkozy - punta più sul risanamento dei bilanci ed il consolidamento dei conti con in tasca politiche di austerity.

Un'azione coordinata L’agire con determinazione - in modo coordinato e collettivo - per una crescita resta il leit motive della riunione, ma le ’policy’ per assecondare la ripresa sembrano seguire strade diverse. E incontrare divergenze. Come nel caso della tassa sulle banche o le transazioni finanziarie. Necessarie, secondo molti, a spostare il peso della crisi anche sul settore finanziario, riequilibrando il debito pubblico con quello privato. Ma che vede però - al di là dei vari distinguo all’interno dell’Ue e da una parte all’altra dell’oceano tra vecchio continente e Usa - il fronte del "no" degli emergenti, Cina, Brasile in prima linea.

Gli sherpa già al lavoro Sul tema gli sherpa sono da settimane al lavoro ma tutto è ancora aperto ed è difficile - fanno notare osservatori vicini al dossier - "che passi". Sullo sfondo restano poi i temi "tradizionali" affrontati dagli ultimi quattro G20 - quelli focalizzati sulla crisi - come il nodo del rafforzamento del capitale delle banche e della liquidità per garantire il credito, la riforma dei mercati dei derivati. E, ancora, una riforma delle Ifi (le istituzioni finanziarie internazionali). A cominciare dall’Fmi per il quale, da tempo, è aperto il confronto per un rafforzamento, sia in termini di risorse sia di governance anche con l’ allargamento ai paesi emergenti. Passando poi al ruolo ed il collegamento con l’Fsb, il financial stability board guidato dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi. Fino ad arrivare alle regole di Basilea. Senza dimenticare anche il tema del protezionismo e quello della lotta ai paradisi fiscali per i quali si potrebbe tornare a sottolineare - nel corso del G20 - la necessità di un rafforzamento dei controlli e nuovi monitoraggi da parte dell’Ocse (tutti i paesi della vecchia grey list sono ormai fuori e c’è bisogno di un nuovo check della situazione).

Toronto rischia così di rompere il fronte della compattezza che aveva visto i Grandi a Londra tutti d’accordo contro i paradisi fiscali e l’aumento delle risorse all’Fmi. Ed a Pittsburg trovare un accordo sulle basi per tentare un’intesa contro le speculazioni.

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