È un Real Martedì. Ronaldo e Kakà scendono in campo, Portogallo e Brasile incominciano la loro avventura, contro ivoriani e coreani, roba piccola ma non troppo, meglio non fidarsi. Degli avversari? Non soltanto. A Madrid ancora piangono per la stagione del ciapanò, centocinquantanove milioni di euro, trecento miliardi di lire, che non hanno fruttato nada de nada in Spagna e in Europa. Sono figli di un dio maggiore, almeno per le qualità calcistiche e il conto corrente bancario. Tra qualche settimana dovranno fare i conti con uno che non concede sconti e agevolazioni e parla una sola lingua, vincere e basta. Dico di José Mourinho, che va ad aggiungersi alla comitiva degli special one in blanco di Madrid.
Strana vita quella di Ronaldo e di Kakà, angelo e demonio dello stesso club, speranza vera per due nazionali diverse, unite appena dalla lingua. Ronaldo di nome fa Cristiano, ma è tutto tranne un uomo di casa e chiesa. Frequenta discoteche e non sacrestie, ha una lista di attesa di femmine di ogni tipo, da Paris Hilton in giù, sfida il buco dell’ozono con un chilo di gel tra i capelli nerissimi, mostra la tartaruga dei pettorali dopo ogni gol galactico, ma così faceva anche a Manchester con lo United color rosso infernale, sembra un parente di Fabrizio Corona, anzi prevedo una comunanza di business. Kakà non è uno stinco di santo ma quasi.
È la facciata b del disco merengue, va in discoteca soltanto accompagnato dalla propria signora, quando è solo rientra a casa come Cenerentola, anzi, non sgarra come nella fiaba, va in chiesa una volta alla settimana e ringrazia il Signore che lo ha salvato dalla disgrazia, da quel giorno in cui, tuffandosi in piscina, Riccardino andò a sbattere la capa contro il muretto di fondo e passò dalla luce al buio per poi ritrovare, con la fede e la preghiera, il paradiso della vita. Posa per stilisti di moda, ma non è perverso nelle posture e nello sguardo come il Ronaldo di cui sopra, piace alle mamme e alle bambine, ha la faccia da bravo ragazzo ma quando mette il piede, dopo un pallone perso, meglio evitarlo, è arrivato vergine, dice lui, al matrimonio, mentre Cristiano al massimo poteva essere vergine di segno zodiacale (è dell’acquario).
L’atleta di Cristo contro che Cristo di atleta, nulla di blasfemo, ma il gioco di parole serve a individuare i due tipi che oggi si esibiscono in faccia al mondo. Con camisete differenti, con storie calcistiche lontane una dall’altra, il Brasile pentacampeon e il Portogallo alla ricerca di un podio vero, dopo premesse e promesse mille. Il calcio muscolare abbisogna di fenomeni, di artisti, della corsa bionica di CR9, del passo da beep beep di Riccardino. Per entrambi i tifosi di Manchester e di Milano si sono strappati i capelli, per entrambi hanno scritto lettere di protesta ai padroni del club, per entrambi Florentino Perez ha speso l’incredibile, pensando che con due orologi di platino l’ora del Real Madrid fosse più esatta di un comune swatch. Non è così, nel football. Oggi Ronaldo si mette sulle spalle, toste e forzute, tutto il Portogallo, penso che José Mourinho gli abbia dato qualche consiglio, meglio sarebbe un sortilegio per cancellare definitivamente la macumba dello stregone Pepe, quello pagato da un’ex fiamma, forse la stessa Paris Hilton, perché Cristiano si frantumasse le ossa, perché Ronaldo finisse la sua avventura calcistica.
Qualcosa accadde, caviglie, lesioni muscolari, varie ed eventuali, anche lo spillone sulla Champions e sulla Liga. Ma oggi no, è finita, il fado dice altro.
Così per Kakà, nel Brasile che si presenta come sempre favorito, nel Brasile che Dunga vuole duro e puro, senza Ronaldinho, che non era proprio un amico di Ricardino milanista. Centosessanta milioni di euro dalle quattro alle otto e mezzo, oggi quindici di giugno. Roba buona per questo Real Martedì.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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