"Si è tirata indietro la porta con una valigia piena dei suoi effetti personali, lo mostrano le immagini delle telecamere di sorveglianza all’esterno della sua abitazione, in maniera inequivocabile". È il tardo pomeriggio del 14 luglio 2022: una giornata infernale a Milano, il termometro supera i 35 gradi. Alessia Pifferi esce da casa sua, in zona Ponte Lambro, vicino a Linate, consapevole che all’interno c’è sua figlia Diana, di soli 18 mesi. Con il suo minuscolo corpicino dorme in un lettino da campeggio, da cui non può uscire perché le sbarre sono alte. Lei è piccola, non potrebbe mai scavalcare. Sua madre lo sa. Prima di uscire chiude le serrande e le finestre: sa che l’ambiente si riscalderà oltre misura. Che la piccola non ha vicino a sé acqua, né cibo. Eppure si tira dietro la porta e raggiunge il compagno dell’epoca, che vive fuori Milano. Tornerà solo cinque giorni dopo: ritrovandosi davanti una realtà che aveva già previsto.
Diana era morta di stenti. "Era completamente disidratata", ha ribadito il pm. In poche frasi, volte a esprimere il parere sulla necessità di una perizia medico-psichichiatrica sulla donna, infine negato dalla corte d'Assise davanti alla quale si svolge il processo, la procura di Milano ripercorre i momenti più drammatici della vicenda al centro del processo. "Ad Alessia Pifferi - dice il pm Francesco De Tommasi, che coordina l'indagine insieme alla collega Rosaria Stagnaro - non viene contestato di avere fatto male alla figlia in un momento di poca lucidità. Il fatto si è espletato nell’arco di una settimana. Sono passati giorni prima che lei ritornasse a casa ritrovando la piccola senza vita, e in questo lasso di tempo è sempre stata consapevole, lucida. È anche tornata a Milano ma senza mai passare da casa a controllare. Quindi è avvenuto l’inevitabile. Questi fatti dicono di una persona sanissima. Ha scritto tante lettere in questi mesi: ai familiari, ai giornali con l’obiettivo di fare parlare della vicenda e anche di se stessa".
Alessia Pifferi è ancora una volta presente, al processo davanti alla corte d’Assise. Chignon, giacca nera e maglietta verde, rossetto rosso, è di fianco al suo legale, Alessia Pontenani, che ha chiesto la perizia psichiatrica per la sua assistita parlando di un “deficit cognitivo” comprovato, a suo dire, da alcune relazioni redatte in carcere dagli psicologi. La procura si è opposta fermamente e la corte d'Assise, con il presidente Ilio Mannucci Pacini, ha dato ragione a quest'ultima. "L'unico elemento che può giustificare una perizia psichiatrica sulla capacità di stare in giudizio dell'imputata - ha sottolineato il presidente -è un possibile deficit cognitivo, che però anche se fosse acclarato potrebbe costituire un elemento atto a escludere la capacità di stare al processo. L'assistita è lucida e perfettamente in grado di stare al processo". Al processo c'è anche la sorella, la zia della piccola Diana. "Credo sia stato giusto da parte dei giudici non concederle la perizia" per stabilire la capacità dell'imputata di stare nel processo, perché "ha lasciato la piccola una settimana da sola, non è un raptus di cinque minuti" sottolinea Viviana Pifferi, parte civile nel processo. "Mi sento dalla parte giusta - ha continuato la donna, assistita dall'avvocato Emanuele De Mitri, fuori dall'aula -perché quella morta è mia nipote e non è morta per cause accidentali. Mia sorella mi ha scritto delle lettere dal carcere, ma non le ho mai risposto almeno fino a quando non chiederà scusa”.
Sempre l'avvocato di Pifferi ha spiegato che riproporrà certamente la richiesta di perizia psichiatrica, questa volta per giudicare la capacità di intendere e di volere della 37enne al momento del fatto, al termine dell'istruttoria, ovvero poco prima delle conclusioni delle parti, ovvero pm, difese e parti civili. Il legale ha puntato il dito contro quanti, pur avendo intercettato i segnali di allarme nel rapporto madre-figlia, nei mesi precedenti all'omicidio, non hanno agito tempestivamente per evitare il peggio. "È una donna che ha avuto questa bambina e che è stata abbandonata da tutti, in primis dai servizi sociali che avrebbero dovuto intervenire perché erano stati allertati, cioè quelli di Bergamo dove è nata la piccola".
Sulle condizioni di Alessia Pifferi, l'avvocata ha spiegato che "sta malissimo, in carcere subisce aggressioni orali, c'è stato un episodio di violenza fisica a settembre, che risulta già dalle carte. Fra l'altro quel giorno hanno fatto male anche a una guardia penitenziaria.
Per fortuna oggi è in isolamento insieme ad altre due compagne di cella con cui si trova bene e con cui ha instaurato un rapporto amicale". E ancora: "Se è pentita? Certo che lo è. Voi la vedete così perché è sotto psicofarmaci, a differenza di ciò che dice il pm, è sempre sotto psicofarmaci".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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