Amanda Knox torna a far parlare di sé. Stavolta non c'entra né la vita privata - di recente ha annunciato su Instagram di aspettare un altro figlio dal marito Christopher Robinson - né l'omicidio di Meredith Kercher, da cui fu assolta in via definitiva dalla Cassazione in esplicazione del principio dell'oltre il ragionevole dubbio. Stando a quanto apprende l'Ansa, la trentaseinne di Seattle ha chiesto la revoca della sentenza con cui era stata condannata per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, accusato ingiustamente del delitto e poi prosciolto dopo 14 giorni di reclusione perché "completamente estraneo ai fatti". Potrà farlo appellandosi alla decisione a lei favorevole espressa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e a un nuovo articolo introdotto nel codice di procedura penale con la riforma Cartabia. In caso di esito positivo, potrebbe aprirsi la strada anche per un eventuale richiesta di risarcimento economico.
La richiesta della Knox
Impugnando la sentenza per calunnia nei confronti di Lumuba, Knox intende gettarsi definitamente alle spalle tutto quello che ha riguardato la sua vicenda processuale legata all'omicidio della giovane studentessa inglese uccisa a Perugia nella notte dell'1 novembre del 2007. La quinta sezione della Cassazione deciderà il 12 ottobre in camera di consiglio sul ricorso predisposto dagli avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati, legali della 36enne. Ricorso al quale si è opposto Patrick Lumumba tramite l'avvocato Carlo Pacelli. I giudici potranno decidere di confermare la condanna per calunnia, di revocare senza rinvio, cioè assolvere, o di annullare con rinvio. In quest'ultimo caso, ci sarebbe un nuovo processo da celebrare a Perugia, chiaramente solo per il reato di calunnia.
Le accuse nei confronti di Lumumba
A chiamare in causa Patrick Lumumba fu l'allora studentessa Knox, coinquilina di Meredith Kercher. Nel corso dell'interrogatorio del 5 novembre 2007, la giovane descrisse una presunta scena dell'omicidio che avrebbe coinvolto Lumumba. Le sue parole furono messe nere su bianco in un memorandum di 5 pagine. A instillare il dubbio negli inquirenti fu uno scambio di sms tra Lumumba, all'epoca titolare di un bar in centro a Perugia dove Knox lavorava come cameriera, e per l'appunto la giovane americana. Un messaggio nello specifico: "See you later", scritto da Amanda. Gli investigatori ritenerro che i due avessero concordato un appuntamento per la sera dell'omicidio traducendo il testo dell'sms alla lettera: "Ci vediamo più tardi". In realtà, la traduzione corretta sarebbe stata "Ci vediamo". Nei giorni successivi all'interrogatorio, Knox smentì il racconto iniziale parlando di "un sogno". Lumumba fu detenuto ingiustamente in carcere per 14 giorni salvo poi essere prosciolto dalle accuse in quanto tolmente estraneo alla vicenda.
L'articolo della riforma Cartabia
La 36enne ha sempre sostenuto di avere tirato in ballo Lumumba perché messa sotto pressione durante l'interrogatorio, negando dunque la calunnia. Ragioni poi rivendicate davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo che ha condannato l'Italia per violazione dei diritti nel procedimento per calunnia. In buona sostanza, i giudici europei contestavano il fatto che le dichiarazioni della giovane fossero rese in assenza di un difensore.
Nella impugnazione della sentenza, gli avvocati di Knox fanno appello anche al nuovo articolo 628-bis del codice di procedura penale, introdotto con la Riforma Cartabia, relativo alla "richiesta per l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli delle decisioni adottate in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo" e alla raccomandazione R (2000) 2, del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa che ha invitato gli Stati contraenti ad adottare una qualche forma di riapertura del procedimento nelle ipotesi in cui la Corte abbia accertato una violazione dei diritti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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