"Sono anime nere". L'assurda accusa del padre di Saman a chi lo denunciò

La difesa del padre di Saman Abbas tenta il tutto per tutto cercando di ridimensionare le testimonianze e le ipotesi degli inquirenti

"Sono anime nere". L'assurda accusa del padre di Saman a chi lo denunciò
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Nuova udienza a Reggio Emilia nel processo per il sequestro, l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Saman Abbas. È la volta dell’arringa del legale del padre Shabbar Abbas, che gli inquirenti hanno sempre ritenuto la “mente” del piano omicidiario, con il movente presunto del delitto d’onore, poiché la figlia si era opposta al matrimonio forzato per frequentare e sposare nel prossimo futuro un coetaneo pakistano in Italia.

È proprio contro questo coetaneo, Saqib Ayub, parte civile al processo, che l’avvocato di Shabbar, Enrico Della Capanna, si è scagliato. Ma non è il solo oggetto di strali: il legale punta il dito anche contro il figlio di Shabbar, il neodiciottenne in carico ai servizi sociali italiani che, con Saqib rappresenta la principale testimonianza in aula per quanto riguarda le accuse ascritte a Shabbar e agli altri imputati: la moglie Nazia Shaheen, il fratello Danish Hasnain, i nipoti Ikram Ijaz e Nomanoulaq Nomanoulaq.

Il fratello di Saman e il fidanzato sono stati definiti come “le due anime nere di questo processo, si sono costituite parti civili e a loro l’accusa ha attribuito un credibilità e una dignità superiore a quella che dovrebbero avere”. Secondo Della Capanna l’eco mediatica ha avuto peso negativo nelle accuse al suo assistito: “Quello che mi ha colpito di Shabbar Abbas sono stati gli occhi. Io negli occhi non ho visto cattiveria, odio, risentimento, crudeltà. Ma rassegnazione, dolore. È un uomo che ha lasciato il proprio Paese per costruire per sé e la propria famiglia un futuro migliore, non è mai stato un uomo violento, cattivo, litigioso”.

La testimonianza in effetti importante ai fini del processo e in tal senso è arrivata proprio dal fratello di Saman, che ha descritto il padre come violento. “Qualcuno ha detto che sarebbe stato violento perché legato alle regole dell'Islam integralista - ha chiosato Della Capanna - Certo, era legato alle sue tradizioni e alla sua cultura, ma non era particolarmente legato alla religione. L'imam dice di non aver mai visto lui e la moglie alla moschea".

Non solo: l’avvocato mette in dubbio i sentimenti di Saqib per Saman. Risulterebbe, secondo il legale, una sproporzione nelle ricerche di contatto telefonico della giovane: “Saman era innamorata di Saqib, lo si legge nelle sue chat, gli scriveva 300 messaggi al giorno. Saqib invece era freddo con lei. Non gliene fregava niente. Non l'amava più”. Per provare questa teoria Della Capanna spiega che Saqib, dopo aver sentito l’ultima volta Saman poco dopo le 23 della notte della scomparsa, il 30 aprile 2021, l’avrebbe contattata solo il 4 maggio, e ora, pare, sarebbe sposato con un’altra donna.

Nell’arringa contro tutto e contro tutti dell’avvocato, Della Capanna solleva il dubbio che ci sia stato matrimonio forzato. “Shabbar mi ha detto: ‘Io non ho costretto mia figlia a sposarsi’. Mi ha spiegato quali sono le loro tradizioni: in Pakistan la famiglia è centrale, si sposano tra cugini, per tenere forte il legame familiare. Il fidanzamento non deve essere visto come imposizione, era un gesto di amore, non di costrizione o di cattiveria”.

A ulteriore supporto della sua tesi, Della Capanna ha mostrato in aula degli scatti che ritraggono Saman felice con i suoi genitori, oltre a delle immagini che ritraggono invece il fratello nell'atto di imbracciare delle armi.

Il difensore solleva perplessità anche sull’ultima notte di Saman, quella immortalata solo parzialmente dalle telecamere dell’azienda agricola di Novellara in cui gli Abbas vivevano e lavoravano. “Dove doveva andare quella sera la povera Saman? - ha chiesto l’avvocato - Saman non esce di casa costretta, crede e vuole andare da qualche parte. Non sappiamo dove e con chi volesse andare. È un vuoto che mi ha fatto riflettere molto. Forse quella sera è andata a casa di qualcuno, si è messa comoda, lo fa pensare il fatto che è stata trovata senza scarpe, e lì forse è successo qualcosa, un litigio o una discussione e poi qualcosa di imprevedibile: una mano al collo”.

Intorno alle 4 del mattino, ovvero poche ore dopo la presunta scomparsa di Saman, un’autovettura passa nei dintorni dell’azienda, inquadrata dalle telecamere: il legale si chiede se possa essere stata un’auto che trasportava il corpo: “Chi mai in un disegno

premeditato avrebbe pensato di seppellire la vittima a 700 metri da lì?”. Il corpo di Saman è stato infatti, su segnalazione di Danish, ritrovato a poche centinaia di metri da casa, sepolto in un casolare abbandonato.

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